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  • Venerdì 25 agosto 2017

Cosa sta cercando di fare John Kelly per tenere a bada Trump

Il nuovo capo di gabinetto della Casa Bianca vuole controllare tutte le informazioni che arrivano al presidente, per evitare che guardi solo Twitter e Fox News

(Alex Wong/Getty Images)
(Alex Wong/Getty Images)

Il comportamento tenuto da Donald Trump nei suoi primi mesi da presidente americano è stato spesso definito impulsivo e manipolabile. La cosa ha conseguenze importanti sul piano pratico – Trump è noto per seguire spesso il consiglio dell’ultima persona con cui ha parlato – sia a livello di immagine: i pasticci più gravi da quando è presidente sono avvenuti quando ha risposto su Twitter ad alcune cose che aveva visto in televisione oppure quando ha diffuso notizie false che gli sono passate davanti. Per queste ragioni, il nuovo capo di gabinetto ed ex generale del corpo dei Marines John Kelly – nominato in modo sorprendente poche settimane fa – sta cercando di controllare il flusso di persone o informazioni in direzione di Trump, per assicurarsi che riceva meno consigli sballati e notizie false rispetto ai primi mesi di presidenza. In sintesi, come scrive Politico, Kelly sta cercando di «avere l’ultima parola su tutto il materiale che arriva fino alla scrivania del presidente».

La timeline di Twitter di Donald Trump è fatta così

Kelly e un altro funzionario della Casa Bianca, il coordinatore dello staff Robert Porter, hanno comunicato in che modo intendono restringere l’accesso a Trump in due documenti diffusi lunedì allo staff interno e ai membri del governo e ottenuti da Politico. Il nuovo sistema prevede in sostanza che «il presidente non vedrà nessuna proposta esterna di policy, documento interno, lancio di agenzia o articolo di news che non sia stato approvato», o da Porter o da Kelly. Anche Reince Priebus, il precedente capo di gabinetto alla Casa Bianca, aveva provato ad avviare un meccanismo del genere, ma secondo due fonti del New York Times «non venne mai preso sul serio»: contraddire un ex marine, invece, è molto meno facile.

Una prima conseguenza politica è che il processo legislativo dovrebbe diventare più lento e riflessivo. All’inizio della presidenza Trump emanò diversi ordini esecutivi che sembravano essere stati scritti in fretta e senza tener conto di alcuni pareri contrari all’interno della stessa Casa Bianca, come nel caso del “muslim ban”. D’ora in poi invece misure di questo tipo «circoleranno e saranno riviste per settimane fra consiglieri, avvocati e il team legale della presidenza», scrive sempre Politico.

Un’altra conseguenza importante, sottolineata dal New York Times, è che a Trump saranno probabilmente presentati degli articoli di giornale più solidi rispetto a quelli a cui è abituato, e che foraggiano la sua propensione a credere e a diffondere notizie false. «Alcuni membri dello staff di Trump erano soliti fargli avere articoli da fonti poco credibili che hanno formato il suo pensiero o che gli hanno fatto citare dati poco affidabili o accurati», ha scritto Maggie Haberman, che ha fonti molto affidabili all’interno della Casa Bianca. Anche questa abitudine potrebbe essere interrotta.

Non è chiaro però fino a che punto Trump possa essere “gestito” in questo modo: alcuni dei suoi tweet più polemici o imbarazzanti per l’amministrazione li ha scritti la mattina presto o la sera tardi davanti alla tv, senza che alcuno dei suoi consiglieri potesse fermarlo. Trump inoltre ha già dimostrato di sopportare poco la presenza alla Casa Bianca di personaggi ingombranti o che lo facciano apparire manipolabile: secondo diverse fonti, uno dei motivi per cui l’ex stratega Stephen Bannon ha lasciato il suo incarico è che Trump era diventato insofferente nei confronti della sua fama da “vero” presidente, come lasciava intendere la copertina che gli dedicò TIME.