Cosa vuol dire “troglodita”

Il significato della parola di cui sui giornali si parla da tre giorni

di Massimo Arcangeli

(ERIC FEFERBERG/AFP/Getty Images)
(ERIC FEFERBERG/AFP/Getty Images)

Lui si chiama Filippo Mondella, 44 anni, ed è risultato coinvolto in un procedimento penale avviato in seguito a un’inchiesta di ‘ndrangheta (“Black money”) partita nel marzo del 2013; accusato di intestazione fittizia di beni, in concorso con altri due imputati, il 17 febbraio di quest’anno è stato prosciolto perché il reato è andato in prescrizione. L’uomo gestisce insieme alla moglie, Francesca Mercatante, la Casa Vacanze Ciufo, la guest house di Santa Maria di Ricadi in cui sono sfortunatamente incappati i due giovani omosessuali discriminati, uno dei quali ha nome Gennaro, di cui si parla da tre giorni.

Riassumiamo in breve i fatti. I due giovani prenotano on line un appartamento presso la casa vacanze calabrese. Filippo Mondella, dopo una serie di scambi con lui su WhatsApp, invia al compagno di Gennaro un messaggio in cui, pur usando toni garbati, dichiara di non essere disposto ad accettare né animali né gay; ecco il testo del messaggio:

Grazie a lei per aver prenotato. (È il primo anno che fittiamo) e la depandanza è nuova nuova… finita a maggio. Importante e mi scuso se posso sembrare troglodita. Non accettiamo gay e animali. Mi perdoni ancora.

Ora, su quel troglodita, si sono accesi i riflettori. Vale perciò la pena di spiegarne per bene il significato e di aggiungervi qualcos’altro. Un troglodita è innanzitutto sinonimo di cavernicolo, e cioè di uomo (o abitante, o abitatore) delle caverne, soprattutto se pensiamo a popoli preistorici o antichissimi. Come i Trogloditi (Τρωγλοδύται o Τρωγοδύται; lat. Troglodytae), che un tempo abitavano le caverne sulle rive del Mar Rosso, dell’India e altrove, menzionati da diversi scrittori greci e latini: da Erodoto (IV, 183) a Plinio il Vecchio (Naturalis historia, V, 45), da Diodoro Siculo (III, 32-33) a Pomponio Mela (I, 4, 23; I, 8, 42-44) e infine a Strabone (XVI, 4, 4-17, ecc.), che riferisce di «popoli Trogloditi […] i quali legavano il capo unito co’ piedi a’ loro morti con certe verghe spinose, e ridevano e facevano allegrezza nel seppellirli» (Storia di varj costumi sacri e profani dagli Antichi fino a noi pervenuti divisa in due tomi del padre Carmeli […], tomo primo, Padova, appresso Giovanni Manfrè, 1750, p. 232). Molti secoli dopo Montesquieu, nelle Lettere persiane, avrebbe raccontato la favola dei Trogloditi, sviluppata in quattro epistole (XI-XIV). La prima parte narra la storia dei Trogloditi malvagi ed egoisti, più simili ad animali che a uomini, che uccidono il re straniero che li governa con mano ferma (e, con lui, tutta la sua famiglia) e poi i magistrati eletti al suo posto, finendo per distruggere se stessi e la loro nazione. La seconda parte inizia dalle due sole famiglie virtuose rimaste, fra tutti gli scampati a quell’autodistruzione, e dai loro due padri di famiglia, difensori del bene comune, e ancora dai loro figli, e dai figli dei loro figli. Tutti seguono l’esempio di quei primi genitori, generando un nuovo popolo di Trogloditi, liberi, onesti e generosi, ma la loro felicità e la loro prosperità suscitano l’invidia delle genti vicine, che prima rubano le loro greggi e poi li attaccano; i Trogloditi si difendono strenuamente, riuscendo a respingerli, ma poi, crescendo la loro popolazione di numero, per non rimanere vittime della stessa ferocia dei loro antenati, decidono di rinunciare alla loro libertà e chiedono all’uomo più giusto, un vecchio venerabile “per età e antica virtù”, che si dispera della scelta del suo popolo di sottomettersi, di diventare il loro re.

Se un troglodita, la cui origine è il greco τρωγλοδύτης, composto di τρώγλη (“caverna”) e del tema di δύω (“discendere, penetrare”), è chi abita il fondo di una caverna, per estensione di questo significato si usa oggi troglodita anche per indicare chi vive in un ambiente oscuro e sotterraneo simile a un antro o a una spelonca, come fosse un primitivo, o per dire di qualcuno che è rozzo, ignorante, incivile, culturalmente arretrato (con altro termine: un bifolco); scherzosamente il termine si può riferire infine a chi è totalmente digiuno di tecnica o tecnologia.

Sembra che Filippo Mondella, in effetti, i tratti del troglodita li presenti un po’ tutti, anche se mostra di sapersela cavare coi nuovi mezzi di comunicazione: ha la sua bella pagina Facebook, e in un post del 13 giugno scorso s’introduce da sé. Nel cappello a un articolo di “Repubblica” sul riconoscimento, in Colombia, della prima famiglia poliamorosa (è composta da tre uomini), scrive:

Bene ! Adesso ditemi che sono “omofobo”, ma a breve non ci sarà piu la famiglia …. ci sarà “ l’ammucchiata ”.
Fucilazione subito !!!

Qualcuno prova a farlo ragionare, come Marinella:

Beh, certo. Meglio lasciare in affido bambini a genitori tossici o violenti piuttosto che inserirli in nuclei dove i genitori adottivi hanno lo stesso sesso. O meglio che restino negli orfanotrofi, lontani dal mondo piuttosto che in una famiglia per voi non normale dove potrebbero crescere comunque con l’amore che meritano. Filippo, il discorso è lungo e ampio, e per me vale sempre lo stesso detto: non vi fati gabbu.

Ecco la sua risposta:

F U C I L A Z I O N E SUBITO

In un altro post il Mondella si limita a introdurre con un secco “Riflettete!” un’altra notizia, quella sull’imprenditore di Latina che il 25 giugno scorso, durante lo svolgimento del Gay Pride, ha esposto sotto la finestra della sua abitazione il cartello “W LA FICA”. Commenta qui un amico del Mondella:

Se sono di più loro gl’invertiti saremmo noi! Non puoi più a mandare a fan…. a qualcuno perché la reazione sarà di gratitudine.

Benvenuti a Neanderthal Land.

Alla vigilia del Festival “Parole in cammino” che si è tenuto ad aprile a Siena, il suo direttore Massimo Arcangeli – linguista e critico letterario – ha raccontato pubblicamente le difficoltà che hanno i suoi studenti dell’università di Cagliari con molte parole della lingua italiana appena un po’ più rare ed elaborate, riflettendo su come queste difficoltà si estendano oggi a molti, in un impoverimento generale della capacità di uso della lingua. Il Post ha quindi proposto ad Arcangeli di prendere quella lista di parole usata nei suoi corsi, e spiegarne in breve il significato e più estesamente la storia e le implicazioni.
Il nuovo libro di Massimo Arcangeli, “La solitudine del punto esclamativo“, è uscito il primo giugno per il Saggiatore.