La versione di Renzi sull’elezione di Sergio Mattarella

Dice che D'Alema si era accordato con Berlusconi su un nome, che lui però rifiutò

Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi nel 1997. (ANSA)
Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi nel 1997. (ANSA)

Sull’edizione di oggi di Democratica, il quotidiano del Partito Democratico che ha preso il posto dell’Unità (e che esce solo in PDF), c’è un nuovo estratto dell’ultimo libro del segretario del PD Matteo Renzi. È il racconto – dal punto di vista di Renzi – di come andarono i giorni dell’elezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e in particolare della rottura del cosiddetto “patto del Nazareno”, cioè l’accordo politico tra Renzi e Silvio Berlusconi sulle riforme costituzionali. Renzi dice che l’accordo non prevedeva anche l’elezione di un presidente della Repubblica gradito a Berlusconi, e per questo si ruppe quando il PD decise di eleggere Mattarella senza i voti di Forza Italia.

Renzi racconta che quando incontrò Berlusconi a Palazzo Chigi per parlare dei candidati, alla fine del gennaio del 2015, si sentì dire che la minoranza del partito aveva trovato un accordo con Berlusconi, attraverso Massimo D’Alema:

Quando, a fine gennaio del 2015, si tratta di votare per il Quirinale, Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà, ma io non posso ancora immaginarlo, l’ultimo per anni. Perché quando si siede – accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini – mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd. Mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da Massimo D’Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non devo preoccuparmi di niente, perché “la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco”. Te lo garantisco? Lo stupore colora – o meglio sbianca – il volto di tutti i presenti. Berlusconi ha sempre un modo simpatico di raccontare la realtà. La sua ricostruzione della telefonata con D’Alema è divertente, ma lascia tutti i partecipanti al tavolo senza parole. Non solo non avevamo mai inserito l’elezione del capo dello stato nel Patto del Nazareno, ma l’idea che Berlusconi abbia già fatto una trattativa parallela con la minoranza del mio partito sorprende anche i suoi.

Renzi non fa il nome del candidato sul quale secondo la sua versione si accordarono D’Alema e Renzi, ma secondo i retroscena che uscirono in quei giorni era l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato: Renzi ne parla comunque come di una personalità «di indubbio valore e qualità», la cui candidatura però sarebbe stata difficile da far digerire ai parlamentari e al paese. Renzi spiega che rimase sorpreso perché «in una sala ovattata al terzo piano di Palazzo Chigi devo scoprire che si è già chiuso un accordo tra Berlusconi e D’Alema, prendere o lasciare». Dice che comunque capì in quel momento che il patto del Nazareno si era rotto. Anche se stando a quanto dice Renzi l’accordo con Berlusconi fu fatto da D’Alema per conto della minoranza del PD, Mattarella fu votato dalla minoranza del PD, e fu una delle poche cose importanti su cui si sia mai trovata d’accordo con Renzi.

Renzi continua raccontando il suo rapporto personale con Berlusconi:

Quando però, nel giugno del 2016, Berlusconi si sente male e viene ricoverato, lo chiamo per sincerarmi delle sue condizioni di salute. E, come sempre, il Cavaliere è simpatico e gentilissimo: “Caro Matteo, grazie per avermi chiamato, non dovevi disturbarti, sto bene”. Sono i giorni successivi al primo turno delle amministrative di Roma. Intervenendo a Ostia alla chiusura della campagna elettorale per Marchini, sfidante di Virginia Raggi e Roberto Giachetti, Berlusconi non aveva esitato a chiedere un voto per evitare di sfociare nella pericolosa “dittatura” del sottoscritto, parlando di “regime”, di “democrazia sospesa”, del “signor Renzi che occupa militarmente ovunque qualsiasi cosa”, di “bulimia smisurata di potere”. Un intervento pacato e sobrio, insomma. Durante la telefonata io ovviamente evito di parlare della mia “deriva autoritaria” e rimango sul piano strettamente personale, augurandogli pronta guarigione. Il finale di Berlusconi è un vero colpo da maestro, Ko tecnico alla prima ripresa: “E poi, caro Matteo, sappi che mi dispiace molto per quanto ti stanno attaccando, ce l’hanno tutti con te”. Ma come? Lo stesso che pubblicamente mi dà dell’aspirante dittatore a distanza di due giorni mi porta la sua solidarietà per gli attacchi? Mentre pigio il tasto rosso che mette fine alla telefonata, scoppio in una risata: è inutile, anche se mi sforzassi, Berlusconi non mi starà mai antipatico.