Netflix fa troppe serie?

Ne fa tante, per soddisfare tutti e avere sempre qualcosa di nuovo; per qualcuno però la quantità sta penalizzando la qualità

House of Cards, Flaked, Orange is the New Black, You Me Her, El Chapo, Glow e Gypsy: sono alcune delle nuove serie tv, o delle nuove stagioni di vecchie serie tv, prodotte da Netflix – e quindi note come “Originali Netflix” – e messe online nell’ultimo mese. Sono tante, e tante altre sono uscite nei mesi precedenti: Tredici, Dear White People, Iron Fist, Santa Clarita Diet e Una serie di sfortunati eventi: tutte nuove, tutte Originali Netflix e tutte uscite nel 2017. Netflix le ha prodotte e messe a disposizione (con qualche eccezione, dovuta a precedenti accordi) degli oltre 100 milioni di abbonati che da 190 paesi guardano più di 125 milioni di ore di suoi contenuti al giorno.

Secondo qualcuno, queste serie non sono solo tante: sono troppe. Troppe perché si possa tenere il passo di tutte, troppe perché le migliori di queste serie riescano a far parlare di sé (anche perché sono messe online tutte in una volta, e viste da qualcuno in un pomeriggio, senza che se ne possa parlare con chi è rimasto indietro), troppe perché tutte siano belle e troppe perché le più belle possano essere davvero belle, almeno quanto lo erano all’inizio. Ben Travers ha scritto su IndieWire: «Quando Netflix iniziò a entrare davvero nel gioco – cioè quando iniziò a produrre contenuti suoi – la cosa fu molto apprezzata. Sulle spalle di nuove serie come House of Cards e Orange is the New Black [ora entrambe alla quinta stagione], il servizio di streaming riuscì a eccellere e le sue serie ottennero premi e ammirazione del pubblico». Ora, ha scritto Travers, le nuove stagioni delle serie sono uscite e passate senza che ci facessimo così tanto caso.

Già nel 2015 – quando Netflix produceva molte meno serie di ora – Eric Thrum scrisse su Wired che, grazie ai molti dati che riusciva a raccogliere, Netflix «sembrava in grado di capire cosa volevano i suoi utenti prima ancora che fossero loro stessi a capirlo» ma che – già allora, due anni fa – «il processo di ideazione dei contenuti di Netflix sta diventando basato su un bombardamento a tappeto, più che su colpi mirati». All’aumentare degli utenti, aumentano le differenze tra loro e ci sono quindi più differenze di gusti, più nicchie, più o meno grandi, da soddisfare. È il motivo principale per cui Netflix produce tante serie, e così diverse fra loro: ha molti più utenti rispetto al passato, quindi più soldi, che usa per produrre più Originali Netflix per soddisfarli tutti, e convincere altri ad iscriversi.

Netflix non sembra vivere questa condizione come un problema. Parlando dei buoni dati sul primo trimestre del 2017, il CEO Reed Hastings ha detto: «Noi siamo in competizione con il sonno». Tradotto: la nostra offerta è talmente superiore a quella di altri canali o servizi di streaming che la scelta principale degli utenti non è fra guardare noi o un nostro concorrente, ma fra noi e dormire qualche ora in più.

Allo stesso tempo però Netflix ha anche iniziato a cancellare alcune delle sue serie perché, sempre secondo i dati che ha e che non condivide pubblicamente, probabilmente il rapporto costi/benefici non è stato soddisfacente. Negli ultimi mesi ha cancellato Marco Polo, The Get Out, Girlboss e Sense8 (che però si concluderà con un episodio di due ore). È normale che Netflix scelga di portare avanti solo quelle che funzionano meglio, e un aumento delle cancellazioni è speculare a quello degli investimenti: più serie ci sono, più ne verranno fisiologicamente cancellate. A fine maggio Hastings ha detto volerne cancellarne ancora di più perché è una naturale conseguenza del fatto che ci si prenda dei rischi nel produrre cose particolari o, per usare la sua stessa parola, “folli”. Hastings ha anche detto: «Così facendo escono dei vincitori innegabili, come per esempio Tredici. Ci ha sorpresi. È una grande serie, ma non ci aspettavamo che avrebbe avuto presa su così tante persone».

Tra quelli che hanno criticato la strategia di crescita di Netflix c’è Sean Hutchinson, che circa un anno fa scrisse su Inverse: «Le perle quasi si perdono in mezzo a tutto il resto. Non si può incolpare una società che produce contenuti di volerne fare che piacciano a tutti, ma il grande numero di Originali Netflix impedisce che i fan si confrontino su un’unica serie». Secondo Hutchinson, «le nuove serie di Netflix erano un evento, ora sono solo un prodotto della sovra-saturazione della piattaforma». Travers, che nel suo articolo ha parlato soprattutto di serie drammatiche, ha anche scritto che secondo lui – e secondo certi siti che raccolgono le opinioni dei critici professionisti – è anche successo che l’impegno su più fronti abbia peggiorato la qualità dei prodotti un tempo d’eccellenza, come House of Cards o Orange is the New Black (che ormai vengono seguite e commentate da sempre meno persone).

Come ha fatto notare Travers, qualche anno fa si considerava House of Cards un prodotto al pari delle migliori serie in tv in quel momento, magari sul canale HBO, che negli Stati Uniti è considerato il migliore dal punto di vista della qualità. Ora invece non c’è una serie Netflix che riesca a occupare lo spazio mediatico delle migliori di HBO, che sceglie di concentrarsi su poche cose mirate, come Westworld o Game of Thrones: cioè serie che, anche perché non escono tutte in una volta, riescono a far parlare di sé a lungo, a creare un pubblico affezionato che passa mesi a confrontarsi, e in definitiva a lasciare un segno più evidente e duraturo su internet e nella cultura popolare.

Netflix è però un servizio diverso da HBO. Esiste perché ogni mese qualcuno decide di pagare un abbonamento e deve, di conseguenza, offrire qualcosa di nuovo ogni mese. Non è come HBO – o Sky Atlantic in Italia – un servizio che fa parte di un pacchetto. In più, ora che punta a competere con il sonno e ha cambiato le regole del gioco mettendosi a competere con il cinema e la tv, Netflix fa, e potrebbe fare sempre più fatica a ottenere i permessi per mostrare serie o film prodotti da altri. e potrebbe essere obbligata a “produrre in casa” sempre più cose. Per ora le cose stanno girando bene. Netflix dovrà però mettersi a fare qualcosa di simile a quello che fanno le grandi case di produzione cinematografica o i grandi network televisivi, con i conseguenti rischi. Investire tanti soldi in tante serie (e film) sapendo che solo alcune piaceranno a tutti, e sperando che piacciano abbastanza da convincere le persone a fare o rinnovare un numero di abbonamenti tale da reggere i costi.