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  • Domenica 18 giugno 2017

L’omosessualità non sarà più una notizia quando l’omosessualità non sarà più una notizia

Come mai il fatto che la nuova prima ministra serba sia lesbica è una notizia che vale un titolo, spiegato bene

Ana Brnabic in una foto del 16 giugno 2017 (AP Photo/Darko Vojinovic)
Ana Brnabic in una foto del 16 giugno 2017 (AP Photo/Darko Vojinovic)

Alcuni dei follower del Post su Twitter hanno chiesto ragione nei giorni scorsi – con modi garbati e curiosi oppure polemici e litigiosi – del titolo di un articolo sulla nuova prima ministra serba, titolo che era “Una donna lesbica è la nuova prima ministra della Serbia”. Secondo quei lettori, pochi ma meritevoli di una risposta, il fatto che Ana Brnabić sia omosessuale non doveva comparire nel titolo, e forse nemmeno nell’articolo (alcuni in effetti si erano limitati a leggere il tweet).

La ragione per cui questo è invece un elemento rilevante della notizia erano già anticipate dal sommario dell’articolo – “Sono entrambe due novità, per un paese profondamente conservatore” – e lo si può capire ancora meglio con alcuni esempi, di titoli reali (ne linkiamo solo una fonte tra le più autorevoli) o auspicabili in futuro:

Gli Stati Uniti hanno eletto il primo presidente nero (Guardian, 2008)

Londra ha il suo primo sindaco musulmano (CNN, 2016)

A Berlino sarà eletto un sindaco gay (New York Times, 2001)

Il nuovo presidente degli Stati Uniti è una donna

Il nuovo presidente iraniano è una donna

Un gay è diventato re dell’Arabia Saudita

Come si capisce, ci sono tratti delle persone che raggiungono ruoli importanti che sono una parte rilevante dell’informazione e della comprensione del cambiamento: che gli Stati Uniti abbiano eletto un presidente nero è una notizia che rivela un grossissimo e indiscutibile cambiamento, e così vale per gli altri esempi, fino a quello di un paese conservatore come la Serbia – in cui sono forti i movimenti nazionalisti e omofobi – che ha per la prima volta un primo ministro donna, e un primo ministro dichiaratamente omosessuale (non escludiamo che sul fastidio di alcuni lettori possa avere pesato un’anacronistica insofferenza per il termine “lesbica”, e che “omosessuale” sarebbe stato accettato con maggiore serenità: ma in casi come questo sono sinonimi). Un altro esempio per soprammercato: se domani Silvio Berlusconi annunciasse di essere gay, i giornali dovrebbero ignorarlo?

Ma non è solo la questione del cambiamento, e della rilevanza politica di un tratto personale nella notizia: ci sono molte piccole informazioni personali su chi diventa importante e viene raccontato che contribuiscono a costruirsene un’immagine e aiutano i lettori ad avere un’idea più completa. Il Post avrebbe potuto titolare sul fatto che Ana Brnabić sia di Belgrado, o di genitori croati, o che abbia studiato in Inghilterra: e probabilmente nessuno lo avrebbe trovato irritante. Nessuno si sarebbe scandalizzato per il titolo “Il nuovo presidente francese ha 39 anni”, né avrebbe scritto “non capisco che importanza abbia!” o “sono fatti suoi quanti anni ha!”.

È probabile infatti che in alcuni casi agisca presso alcuni di noi un integralismo opposto a quello omofobo (o sessista, o razzista) che reagisce agli usi discriminatori di alcuni di questi tratti pretendendo di ignorarli radicalmente, e confondendo le differenze con le discriminazioni. O che una sensibilità rispetto a certe indiscrezioni prepotenti dei media nei confronti delle proprie scelte personali e private porti a degli eccessi di protezione: Brnabić è la prima a dichiarare e rivendicare la propria identità sessuale e la sua nomina a ministro era stata celebrata come un successo dalle organizzazioni per i diritti civili in Serbia. Ma al di là di queste possibili interpretazioni delle irritazioni di qualcuno, la risposta in sintesi alla domanda su quel titolo del Post è: “raccontiamo il mondo, aiutiamo a capire le cose e i cambiamenti, dando le informazioni che sono utili a capirli”. Capiterà ancora.