Com’è messa la sinistra fuori dal PD

Da Possibile a Pisapia, passando per MDP e Sinistra Italiana: chi sono e perché sono divisi i partiti dell'altra sinistra

(ANSA)
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Due settimane fa il leader laburista Jeremy Corbyn ha ottenuto a sorpresa un ottimo risultato alle elezioni del Regno Unito. All’inizio della campagna elettorale il suo consenso era stimato dai sondaggi al 20 per cento in meno rispetto al Partito Conservatore, ma in due mesi ha portato il distacco al 2 per cento, facendo perdere ai Conservatori la maggioranza dei seggi in Parlamento. Corbyn ha ottenuto questo risultato con una campagna elettorale radicale, basata sui temi e le parole chiave della sinistra più tradizionale: solidarietà, stato sociale e tutele sul lavoro.

Il suo risultato ha riportato al centro del dibattito pubblico la questione del futuro della sinistra europea. La divisione è tra quelli che credono che la strada da seguire sia quella della cosiddetta “Terza via”, che porta i partiti di sinistra a spostarsi verso il centro sui temi economici e del lavoro, e tra chi invece vorrebbe ritornare alle radici tradizionali, come hanno fatto leader come Corbyn nel Regno Unito e Jean-Luc Mélenchon in Francia. In Italia, il più grande partito di quest’area, il PD, sembra aver ormai scelto di restare al centro, ma nel resto della sinistra italiana molte cose rimangono ancora da chiarire.

Chi c’è a sinistra?
La sinistra che-non-è-il-PD in Italia è formata da tre partiti principali. Il più strutturato è Sinistra Italiana (SI), un partito nato dalla fusione di SEL (a sua volta nato da Rifondazione Comunista) con il gruppo di parlamentari fuoriusciti dal PD nel 2015, guidati da Stefano Fassina. Lo scorso febbraio il partito ha concluso il suo congresso fondativo e ha eletto segretario Nicola Fratoianni, ex dirigente dei Giovani Comunisti, la sezione giovanile di Rifondazione Comunista. Sinistra Italiana non appoggia il governo Gentiloni e ha votato contro la manovra economica che ha portato alla reintroduzione di uno strumento simile ai voucher.

Su posizioni molto vicine a quelle di Sinistra Italia c’è Possibile, il movimento fondato da Pippo Civati, deputato ed ex candidato alle primarie del Partito Democratico. Possibile è nato nel giugno del 2015, un mese dopo l’uscita di Civati dal PD, per protesta e lontananza politica da una serie di provvedimenti approvati dal governo Renzi come l’Italicum e il Jobs Act. Sinistra Italiana e Possibile hanno unito i loro gruppi in Parlamento e, insieme, hanno votato spesso contro il governo Gentiloni. Ad oggi, sembrano le due formazioni che più facilmente si alleeranno alle prossime elezioni.

Un po’ distante dalle posizioni di questi due partiti c’è Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista, il partito formato dai fuoriusciti dal PD lo scorso febbraio, tra cui l’ex segretario Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema. Il partito è guidato dall’ex capogruppo alla Camera del PD Roberto Speranza. Con 40 deputati e 16 senatori è il più grande gruppo di sinistra in Parlamento dopo il PD. MDP non è contrario al governo Gentiloni e su alcuni provvedimenti chiave, come i nuovi voucher, ha una posizione più sfumata rispetto agli altri partiti di sinistra. Durante il voto in Senato i suoi membri sono usciti dall’aula, permettendo così alla manovra di essere approvata.

Nella sinistra ci sono anche altre forze che non hanno rappresentanza parlamentare, ma che sono comunque importanti per gli equilibri di quest’area, come il movimento Campo Progressista, fondato dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Si tratta di una delle formazioni più moderate, favorevole al governo Gentiloni e piuttosto ambigua sui temi più dibattuti in queste settimane, come i famosi nuovi voucher. Pisapia ha detto che il suo obiettivo è la creazione di un nuovo Ulivo, cioè di un’alleanza di centrosinsitra il più ampia possibile. Pisapia ha offerto anche a Renzi e al PD di partecipare alla sua iniziativa, ma fino a questo momento i rapporti tra le due forze politiche non sembrano aver fatto molti progressi.

Come si divide la sinistra?
Per quanto, come accade da anni, ci siano numerosi dirigenti, attivisti ed elettori che sperano in una “grande alleanza” di tutte queste forze politiche, al momento le loro posizioni sembrano piuttosto divise. Ad esempio, oggi a Roma c’è stata una manifestazione contro i nuovi voucher, a cui hanno partecipato MDP, Sinistra Italiana, Possibile e la CGIL. Non ci è andato invece Giuliano Pisapia né il suo movimento Campo Progressista, anche se l’ex sindaco di Milano ha detto di essere vicino alla manifestazione. Domani si svolgerà un congresso tra Possibile e Sinistra Italiana, a cui però non parteciperanno né Pisapia, né MDP (ci sarà però uno dei suoi dirigenti, Massimo D’Alema). Il 24 giugno, Pisapia, MDP e Centro Democratico (la formazione dell’ex democristiano ed ex candidato alle primarie del PD Bruno Tabacci) faranno insieme una manifestazione a Napoli, a cui non parteciperanno né Sinistra Italiana né Possibile. L’appuntamento più importante sarà il prossimo primo luglio, quando Pisapia organizzerà una grande manifestazione a Roma dalla quale dovrebbe uscire il nome e parte del programma di una lista di centrosinistra. MDP ha già deciso di partecipare, ma non è ancora chiaro cosa faranno Sinistra Italia e Possibile.

Queste divisioni a sinistra sono spesso state oggetto di ironia, ma quello che separa le varie formazioni è più profondo di quanto appaia a prima vista. L’atteggiamento nei confronti del governo Gentiloni, ad esempio, è molto diverso tra MDP e Pisapia, che sono contrari a farlo cadere, e Possibile e SI, che invece votano regolarmente contro in Parlamento. Pisapia parla spesso della possibilità di formare un nuovo Ulivo, quindi una forza politica molto moderata e di centrosinistra: non è contrario ai nuovi voucher e su temi come la reintroduzione dell’articolo 18 non si è espresso chiaramente. Sinistra Italiana, invece, è schierata su posizioni molto più radicali: contro i nuovi voucher e a favore della reintroduzione dell’articolo 18.