L’Alto Adige ha un problema con i vaccini

Ci si vaccina davvero poco, e ora alcune famiglie vogliono chiedere asilo politico all'Austria per evitare le vaccinazioni obbligatorie

(ANSA / CIRO FUSCO)
(ANSA / CIRO FUSCO)

Dopo l’approvazione del decreto legge sui vaccini obbligatori, che di fatto rende possibile l’iscrizione agli asili nido e alle scuole materne solo ai bambini vaccinati, alcuni genitori altoatesini hanno detto di voler “chiedere asilo” all’Austria perché non vogliono far vaccinare i loro figli. Il loro rappresentante è Reinhold Holzer, un noto attivista anti-vaccini locale. Parlando ad Ansa, Holzer ha detto che le famiglie intenzionate a chiedere asilo sono 130 e che «i genitori hanno già scritto al presidente italiano Mattarella, a quello austriaco Van der Bellen, come anche al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di Ginevra. Di certo non avveleneremo i nostri bambini. Asilo non lo chiede solo chi scappa da una guerra, ma anche chi si vede privato dei diritti umani». Le dichiarazioni di Holzer sono solo l’ultimo sintomo del fatto che l’intera regione sembra avere un problema coi vaccini: secondo i dati del Ministero della Salute, la provincia autonoma di Bolzano è all’ultimo posto per la percentuale di vaccinazioni in età pediatrica contro malattie come il morbillo, l’epatite-B e il tetano.

Di Holzer si era già parlato negli anni Novanta, quando era andato in Austria dopo che la Corte di Cassazione gli aveva revocato la responsabilità genitoriale perché non aveva fatto vaccinare i suoi quattro figli. Holzer e famiglia erano potuti ritornare in Italia in seguito alla mediazione di Luis Durnwalder, presidente della provincia di Bolzano dal 1989 al 2014.

Repubblica ha scritto che i genitori che hanno chiesto asilo per non far vaccinare i propri figli vivono soprattutto in aree dell’Alto Adige vicine al confine con l’Austria: a Vipiteno, a Bressanone e nella val Venosta. Secondo l’Alto Adige, che in un recente articolo ha messo insieme i dati più gravi dei paesi della zona, «la periferia, le valli e i paesi più piccoli si confermano […]  il terreno più fertile per i gruppi di attivisti che si oppongono alle vaccinazioni»:

Al paese venostano di Glorenza spetta per esempio il primato di zero vaccinazioni nei primi 24 mesi di vita. Mentre a Laces, nella media Venosta, su 58 bambini con meno di due anni, solamente 17 sono stati vaccinati contro morbillo, rosolia e parotite. […]

A Laces, nella media Venosta su 58 bambini sempre di età entro i 24 mesi solamente 17 sono stati vaccinati contro morbillo, rosolia e parotite. A San Pancrazio d’Ultimo solo un bambino su dieci è vaccinato, ma questo dato non è proporzionale, bensì reale. A Senale San Felice solo un bambino su 8 si è sottoposto alle vaccinazioni, a Tesimo, quattro su 17. A livello comprensoriale il vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia viene effettuato al 58% dei bambini fino a 24 mesi di vita, a Merano il dato è leggermente più confortante, nel senso che si arriva al 79,2%. Su 403 bambini, però 82 non sono vaccinati, bambini che ovviamente come tutti gli altri frequentano gli asili nido che in prospettiva saranno iscritti alle scuole materne.

Dati del genere sono preoccupanti perché fanno venir meno la cosiddetta “immunità di gregge“. Alcune persone, infatti, non possono vaccinarsi per particolari condizioni mediche o per allergie specifiche, perché hanno meno di 12 mesi, perché sono malati di HIV oppure ancora la loro risposta immunitaria a un vaccino resta debole e inefficace. Per evitare il contagio, la salute di queste persone dipende dal fatto che siano immuni tutti gli altri, così da non diffondere malattie. Un livello di immunizzazione superiore al 90 per cento di solito protegge tutti: per questo si parla di “immunità di gregge”.

I successi dei gruppi anti-vaccini hanno anche conseguenze politiche: l’8 giugno il consiglio provinciale di Bolzano aveva approvato all’unanimità un voto del consigliere Andreas Pöder “contro le misure coercitive per imporre le vaccinazioni” previste dal decreto del governo sui vaccini. Concretamente però non cambierà nulla, dato che la provincia autonoma non ha competenza primaria sul tema della sanità.