Cosa vuol dire “ponderare”

È una parola che indica in modo preciso l'attività del pensiero: alcuni sinonimi sono vagliare, riflettere e meditare

di Massimo Arcangeli

Ponderare una cosa vuol dire soffermarsi a pensare, prima di prendere una decisione, studiandola a fondo, valutandone attentamente i pro e i contro, considerandone con cura conseguenze e implicazioni: ponderare una situazione, ponderare i rischi di un’impresa, ponderare bene le parole. Ponderare è dunque parola più precisa di tanti altri verbi riferiti alle attività del pensiero (calcolare, esaminare, giudicare, ragionare, stimare, ecc., compresi gli stessi considerare, pensare, studiare, valutare), e il suo significato è prossimo a quello di soppesare. Chi pondera analizza o riflette, e ancor più medita. Vaglia quel che c’è da fare, lo “setaccia” alla ricerca della soluzione migliore.

Un antico significato di ponderare è “pesare”, attestato almeno fino al Cinquecento e che l’italiano ha ereditato, con l’altro, dal latino ponderare. L’antica lingua di Roma, dunque, usava già ponderare per il concreto (“pesare”) e l’astratto (“pesare con la mente”), e in quel verbo c’era tutta la materialità del termine che vi era contenuto, pondus, il cui significato era proprio “peso”. Diversi fra i verbi prima menzionati e vari altri, d’altronde, prima di riferirsi alle astrazioni del pensiero, indicavano operazioni «logico-matematiche quali misurazioni, conteggi e via dicendo» (Giuseppe Romaniello, Dalla tenebra alla luce semantica. Nei segreti della glottologia, Roma, Sovera, 2002, pag. 54), o erano il risultato di un’attenta osservazione del mondo: soppesare deriva da pesare e contempla entrambe, le astrazioni e le operazioni (si può soppesare un oggetto prezioso, per avere un’idea approssimativa di quanto pesi, oppure i vantaggi di una scelta o gli svantaggi di un affare); ragionare è un derivato di ragione, che nell’italiano dei primi secoli voleva dire anche “conto, conteggio, calcolo” (far la ragione significava “fare i conti, far di conto”, e conosciamo tutti le mansioni di un ragioniere), come il latino ratio nei suoi significati primitivi; l’origine di pensare è l’identica parola latina pensare, che ha prodotto anche l’italiano pesare ed era in origine una forma intensiva di pendere (“pesare”, “pagare”, “stimare”), equivalendo dunque a perpendere o a pensitare, ambedue utilizzati per dire “pesare con esattezza” o “valutare con accortezza”; considerare deriva a sua volta dall’identico verbo latino, un composto di con- (= cum) e sidus, sideris (“astro, stella”) che significava, propriamente, “scrutare gli astri (la loro posizione, i loro spostamenti, le loro relazioni reciproche) per ricavarne gli auspici”.

Dei quasi mille studenti interpellati nemmeno un mese fa su ponderare, fra medi e universitari, molti non hanno saputo indicarne nemmeno un sinonimo. Degli altri c’è chi ha scritto scendere e stuzzicare, pungere o riposare («Mia madre si sta ponderando sulla sedia»), e chi svelare («Luca ha ponderato tutti i suoi segreti alla classe»), rinfilare («Angelo ha ponderato la sua spada») o ricoprire («Il divano è ponderato di polvere»). Uno ha proposto: «Prego, ponderati sulla sedia». E noi accettiamo il gentile invito, e ci accomodiamo volentieri.

Alla vigilia del Festival “Parole in cammino” che si è tenuto ad aprile a Siena, il suo direttore Massimo Arcangeli – linguista e critico letterario – ha raccontato pubblicamente le difficoltà che hanno i suoi studenti dell’università di Cagliari con molte parole della lingua italiana appena un po’ più rare ed elaborate, riflettendo su come queste difficoltà si estendano oggi a molti, in un impoverimento generale della capacità di uso della lingua. Il Post ha quindi proposto ad Arcangeli di prendere quella lista di parole usata nei suoi corsi, e spiegarne in breve il significato e più estesamente la storia e le implicazioni: una al giorno.