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  • Sabato 11 febbraio 2017

Sotto Manhattan c’è un tesoro

È quello della banca centrale tedesca, che durante la Guerra fredda aveva nascosto in un deposito tonnellate di lingotti d'oro (che però adesso si sta riprendendo)

(FRANK RUMPENHORST/AFP/Getty Images)
(FRANK RUMPENHORST/AFP/Getty Images)

Fino a un paio di anni fa nei caveau della Federal Reserve Bank di New York– che si trova nel sud di Manhattan, a cinque minuti a piedi da Wall Street – c’era quasi metà della riserva aurea della Germania. Tutti quei lingotti d’oro erano stati portati lì qualche decennio prima, durante la Guerra fredda, quando la Germania dell’Ovest temeva che un’ipotetica invasione dell’URSS avrebbe potuto mettere a rischio le sue riserve auree. Da anni questa misura di precauzione non ha più molto senso, e la Bundesbank, il corrispettivo tedesco della Banca d’Italia, qualche tempo fa disse di voler riportare gran parte di quell’oro in Germania entro il 2020. Di recente ha però fatto sapere di essere riuscita a fare tutto più in fretta, e che ora buona parte di quell’oro è tornato in Germania, a Francoforte, nei caveau della Bundesbank. In tutto, la Germania ha riportato a Francoforte circa 13 miliardi di dollari in lingotti d’oro: una cifra vicina al PIL dell’Albania.

Quella di nascondere dei beni all’estero non è una pratica così strana, anche se ora poco diffusa. In questi anni la Germania è tornata in possesso dei lingotti che aveva nascosto in alcuni depositi a Parigi e a Londra, ma l’operazione più complicata – per la quantità d’oro e per motivi logistici – è proprio quella che ha riguardato l’oro che era a New York. La Bundesbank non è ovviamente entrata nei dettagli, ma si pensa che l’oro sia stato riportati in Germania attraverso molti voli aerei, ognuno con a bordo una quantità d’oro relativamente ridotta.

Carl-Ludwig Thiele, che fa parte del consiglio d’amministrazione della Bundesbank, ha spiegato che da New York sono state riportate in tutto 300 tonnellate d’oro e che adesso nel solo deposito di Francoforte c’è circa il 48 per cento di tutte le riserve auree tedesche. Non tutti i lingotti però verranno riportati indietro: resteranno a New York ancora molte tonnellate d’oro, circa un terzo delle riserve auree tedesche. Iil 13 per cento delle riserve auree tedesche continuerà invece a essere al Londra, mentre la Germania intende riportare a Francoforte quasi tutto l’oro che aveva in Francia: ha già riportato 283 tonnellate e ne mancano ancora 91.

La Germania continuerà a lasciare parte del suo oro all’estero come garanzia in caso di gravi problemi economici (ad esempio una crisi dell’euro) o disastri naturali. Come spiegò nel 2013 il Washington Post, è poi normale che, anche senza emergenze, i paesi lascino parte del loro oro all’estero in luoghi sicuri, politicamente stabili e con cui hanno frequenti scambi commerciali: anche il 43 per cento delle riserve auree italiane, ad esempio, si trova negli Stati Uniti. «È molto conveniente; quando un governo o una banca centrale deve vendere oro a quella di un altro paese, basta spostare il prezioso metallo da una stanza all’altra del caveau, senza i rischi connessi al doverlo trasportare, magari attraversando un oceano», ha scritto il Washington Post.

Nonostante i rischi legati al trasporto, la Bundesbank decise comunque di riportare in Germania gran parte del suo oro statunitense dopo che una verifica fatta nel 2012 rilevò alcuni possibili problemi – di cui non si sanno molti dettagli – legati alla presenza di così tanto oro tedesco all’estero. Secondo il New York Times «girarono voci secondo cui parte dell’oro era sparito». In realtà la Germania rappresenta un caso particolare: si pensa abbia la seconda più grande riserva aurea del mondo (dopo quella degli Stati Uniti) e l’ha in gran parte costruita tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli anni Sessanta: i nazisti avevano usato gran parte dell’oro per gli investimenti legati alla guerra e molto di quello che restò sparì, probabilmente rubato. La Germania però riuscì a ricostruire rapidamente la sua economia, anche grazie agli investimenti statunitensi, e nel 1968 arrivò ad avere la massima quantità d’oro nelle sue riserve: circa quattromila tonnellate.

Jörg Krämer, capo economista della Commerzbank di Francoforte, ha detto, sempre al New York Times, che «da un punto di vista scientifico si potrebbe dire che [le riserve auree] non servono più, ma continuano a garantire credibilità. L’oro è percepito come affidabile, quindi continua a essere importante». Parlando con Jack Ewing, autore dell’articolo del New York Times, ha anche detto che, poi, l’oro continua ad avere una forte influenza sull’immaginario collettivo: «Lei ha mai toccato del vero oro? Ha un suo fascino. Riesco a sentirlo anche se parlo in qualità di economista».