La decisione del Tribunale di Roma sul “contratto” di Virginia Raggi

Ieri i giudici hanno respinto un ricorso che ne contestava la legittimità, sostenendo che non rientra fra i casi di ineleggibilità previsti dalla legge


ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso presentato da un avvocato vicino al Partito Democratico sulla validità della candidatura di Virginia Raggi, che il 18 giugno è stata eletta sindaca di Roma col Movimento 5 Stelle. Il ricorso contestava la validità del cosiddetto “contratto” firmato da Raggi e da diversi altri candidati del Movimento 5 Stelle con la società Casaleggio Associati, in cui la sindaca si impegnava sostanzialmente a seguire le indicazioni di Beppe Grillo e del suo staff nell’amministrazione della città (che fra le altre cose possono decidere di farle pagare una penale da 150mila nel caso contestino un “danno di immagine” al partito). I giudici hanno stabilito che il “contratto” firmato da Raggi non rientra fra i casi di ineleggibilità previsti dalla legge e che in ogni caso il ricorrente – l’avvocato Venerando Monello, esperto di diritto amministrativo – non è “titolare di un interesse ad agire”.

Tecnicamente il ricorso di Monello si basava sul fatto che a suo dire il contratto non rispettava l’articolo 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”): firmando un contratto con una società privata come la Casaleggio Associati, sosteneva Monello, Raggi si impegnava a rappresentarne in qualche modo gli interessi, cedendo parte della propria libertà di voto. Molti esperti dubitano in effetti che un giudice possa mai riconoscere a Grillo il diritto di citare in giudizio il sindaco o un consigliere del comune di Roma per non aver rispettato le sue indicazioni: ma era altrettanto improbabile che un tribunale decidesse arbitrariamente di far cadere una giunta regolarmente eletta perché votata da migliaia di cittadini e in carica da pochi mesi. Monello è stato anche condannato a pagare 13.794 euro di spese processuali.

Dopo la diffusione della sentenza, Raggi ha pubblicato una breve dichiarazione nel blog di Beppe Grillo: «[I membri del Partito Democratico] speravano di rendere nulla la nostra vittoria, paragonando la stipula del Codice di comportamento del M5S ad un accordo di una associazione segreta. Non sanno più cosa inventare. Il problema è che non riescono ad accettare la sconfitta ed il fatto che stiamo riportando la legalità». Questo non vuol dire che il contratto sia valido in sé, ma che non la renda ineleggibile: eventualmente solo Raggi e gli altri politici che lo hanno firmato possono decidere di impugnarlo.