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  • Lunedì 14 novembre 2016

Chi ha vinto in Moldavia e Bulgaria

Alle elezioni presidenziali di questo fine settimana hanno vinto due candidati vicini alla Russia e a Vladimir Putin, e critici con l'Unione Europea

Rumen Radev e Igor Dodon (AP images)
Rumen Radev e Igor Dodon (AP images)

Le elezioni presidenziali in Bulgaria e Moldavia sono state vinte da due candidati vicini alla Russia e a Vladimir Putin, e critici con l’Unione Europea. In entrambi i casi, secondo giornalisti e osservatori hanno pesato la stanchezza degli elettori per i diversi casi di corruzione in cui sono rimasti coinvolti i governi precedenti e la povertà diffusa tra i cittadini. In Bulgaria, visto l’esito delle elezioni, il primo ministro si è dimesso.

Moldavia
Le elezioni presidenziali della Moldavia sono state vinte da Igor Dodon, candidato filo-russo che aveva già ottenuto un buon risultato al primo turno. I risultati sono ancora parziali, ma lo scrutinio è quasi finito: Dodon, leader del Partito dei Socialisti moldavo, ha superato di circa 5 punti percentuali l’altra candidata, Maia Sandu, ex economista della Banca Mondiale che aveva posizioni filo-occidentali.

Nel 2014 la Moldavia firmò un accordo commerciale con l’Unione Europea e in risposta la Russia impose dei limiti alle sue importazioni di prodotti agricoli dal paese. Il Partito Socialista di Dodon, che ha 41 anni, vuole eliminare l’accordo con l’Unione Europea per entrare nell’Unione doganale eurasiatica, di cui fanno parte Bielorussia, Russia e Kazakistan, e ha fatto sapere che intende convocare molto velocemente un referendum consultivo per far scegliere ai cittadini «l’orientamento geopolitico» della Moldavia. Dodon considera Vladimir Putin un modello e ha detto di voler «riportare l’ordine nel suo paese e difendere i valori tradizionali».

La Moldavia ha comunque ottenuto diversi fondi dall’Unione Europea, oltre 800 milioni di euro nel periodo che va dal 2010 al 2015. Oltre il 70 per cento della popolazione, in alcuni periodi, sosteneva l’Unione Europea, ma negli ultimi anni il numero è diminuito fino a far diventare i favorevoli una minoranza. Le motivazioni sono in parte le stesse di altri paesi. Dopo un viaggio di Sandu a Berlino, la stampa locale ha insistito molto sul fatto che la candidata aveva ceduto all’insistenza della cancelliera tedesca Angela Merkel per ospitare 30 mila profughi siriani. In Moldavia c’è una minoranza piuttosto numerosa di persone di lingua russa (oltre il 20 per cento) ed è molto diffusa e popolare la televisione russa. Ma la spiegazione principale è il fallimento dei partiti europeisti, al potere dal 2009.

La Moldavia è un piccolo stato dell’Europa orientale confinante con Ucraina e Romania, che a differenza della Bulgaria non fa parte dell’Unione Europea; è considerata il più povero paese europeo. La coalizione dei tre partiti europeisti al governo dal 2009 era in crisi dalla fine del 2014, quando l’allora primo ministro Vlad Filat fu arrestato per un grosso scandalo di corruzione; da allora ci sono stati cinque diversi primi ministri. Alla fine del 2014 sono scomparsi circa 18 miliardi di leu (pari a circa 930 milioni di euro) da tre delle banche più grandi e importanti del paese. Banca de Economii, Banca Sociala e Unibank – che conservano circa un terzo del denaro di tutto il paese, incluso quello destinato al pagamento delle pensioni – avevano concesso dei prestiti a destinatari che non risultavano più rintracciabili. L’episodio era stato definito la «rapina del secolo» e aveva fortemente destabilizzato un paese dove il 40 per cento della popolazione vive con meno di 5 euro al giorno.

Entrambi i candidati hanno comunque denunciato, dopo l’inizio dello spoglio, alcune frodi. Sandu, in particolare, ha parlato delle mancanza di schede disponibili per molti elettori all’estero generalmente più favorevoli all’integrazione europea del paese e quindi a lei: «Sfortunatamente queste elezioni sono state organizzate male» ha detto Sandu durante una conferenza stampa: «I seggi elettorali a Londra, Bologna, Bucarest, Parigi hanno finito le schede elettorali. Centinaia di persone non hanno potuto esprimere il voto».

Bulgaria
Al primo turno di domenica 6 novembre delle presidenziali bulgare aveva vinto il principale candidato di opposizione, Rumen Radev, che ha vinto anche il secondo turno e dunque diventerà presidente. I conteggi sono conclusi e Radev ha ottenuto il 59 per cento dei voti, mentre la candidata del partito governativo Tsetska Tsacheva si è fermata al 36 per cento.

Radev ha 53 anni e in passato è stato il comandante dell’aviazione bulgara. È sostenuto dal Partito Socialista bulgaro ed è considerato non così ostile alla Russia come l’attuale governo di centrodestra, che governa da molti anni ed è decisamente filo-europeo: in generale sembra preferire l’influenza della Russia – la Bulgaria era uno dei paesi dell’Europa orientale più vicini all’Unione Sovietica, e la sua popolazione si considera ancora culturalmente affine ai russi – rispetto a quella dell’Unione Europea, di cui il paese fa parte dal 2007. Radev pensa che le sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Russia debbano finire, è contrario all’immigrazione e ritiene che «la Crimea (penisola ucraina annessa alla Russia nel 2014) sia di fatto russa». Il precedente presidente del paese era stato invece critico in diverse occasioni nei confronti di Putin.

Dopo la vittoria di Radev il primo ministro bulgaro Boïko Borisov, in carica dall’ottobre del 2014 e il cui mandato sarebbe scaduto nel 2018, ha annunciato le sue dimissioni spiegando che i risultati mostrano chiaramente come la coalizione attualmente al governo «non abbia più una maggioranza». Le dimissioni di Borisov porteranno a un nuovo periodo di incertezza per il paese, che è uno dei più poveri dell’UE, e a elezioni anticipate che secondo alcuni osservatori si potrebbero svolgere nella primavera del 2017. Fino a quel momento dovrebbe essere formato un governo di transizione.