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  • Mercoledì 9 novembre 2016

Gli errori con le macchine per il voto succedono

Ma è molto difficile scoprirlo, perché le persone tendono a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato e si fidano delle macchine

di Faye Flam – Bloomberg

Un giudice esamina una scheda elettorale a Fort Lauderdale, in Florida, il 24 novembre durante un riconteggio dei voti (Robert King/Newsmakers)
Un giudice esamina una scheda elettorale a Fort Lauderdale, in Florida, il 24 novembre durante un riconteggio dei voti (Robert King/Newsmakers)

Le interferenze da parte degli hacker sono solo uno dei terribili scenari sulle elezioni americane che preoccupano gli esperti di informatica. L’altro è un’elezione così combattuta da far sì che dare l’annuncio del risultato finale sia al di là delle capacità delle attuali tecnologie di voto. Secondo gli esperti che si sono occupati approfonditamente dei sistemi con cui si vota negli Stati Uniti – dalle schede perforate e i sistemi meccanici a leve ai macchinari di voto elettronici – non esiste un sistema perfetto. Nella maggior parte dei casi i tassi di errore non si conoscono o vengono misurati in ambienti artificiali e in modo diverso da come verrebbero usati nel mondo reale. Douglas Jones, un informatico della University of Iowa, coautore del libro Broken Ballots: Will Your Vote Count? ha capito che di solito gli elettori incolpano se stessi quando nella cabina elettorale qualcosa va storto, una tendenza che potrebbe rendere difficile individuare un eventuale attacco informatico intenzionale o un errore dei macchinari. Quando Jones ha fatto degli esperimenti in cui i macchinari per il voto elettronici erano stati manomessi in modo da cambiare i voti, i partecipanti all’esperimento hanno pensato di essere stati loro ad aver sbagliato qualcosa. «Le persone tendono a fidarsi delle macchine», ha detto Jones. Anche quando non funzionano.

I macchinari di voto elettronici usano software brevettati, che rendono difficile per i ricercatori esterni farsi un’idea di quali siano i loro tassi di errore, ha detto l’informatica Rebecca Mercuri, fondatrice della società Notable Software ed esperta di sistemi di voto elettronici. «Nei sondaggi si dice che i risultati possono variare di due o tre punti circa, ma non si dice lo stesso sui macchinari per il voto» ha detto Mercuri, «se l’elezione è molto combattuta, è come tirare a indovinare».

I sistemi di voto hanno sicuramente fatto dei progressi dall’Ottocento, quando gli americani votavano per alzata di mano in edifici pubblici, giurando sulla Bibbia di non aver votato più di una volta. Gli scanner e i macchinari per il voto moderni garantiscono la privacy e permettono di conteggiare milioni di voti. Ma dopo le elezioni presidenziali del 2000, quando i candidati alla presidenza Al Gore e George W. Bush furono divisi da un margine di voti molto esiguo, le preoccupazioni sull’affidabilità di questi sistemi sono aumentate. Nel caso delle elezioni del 2000 il problema fu in Florida, dove era stata usata una tecnologia allora molto popolare, la Votomatic, un sistema in cui le schede perforate vengono lette da macchine apposite.

Fino al 2000, il sistema di schede perforate veniva considerato tecnologicamente avanzato ed economico, ha raccontato Jones. Ma nel 2000 un riconteggio parziale dei voti rivelò dei problemi. Alcuni voti non erano stati conteggiati perché le schede non erano state perforate correttamente e i quadratini di carta che dovevano venire tolti erano rimasti attaccati parzialmente o del tutto alla scheda. Poco dopo la sentenza della Corte Suprema che decise le elezioni, Jones riuscì a esaminare una Votomatic e mostrò come – quando la manutenzione dei macchinari non veniva fatta adeguatamente – i pezzetti di carta staccati dalle schede tendevano ad accumularsi, impedendo al macchinario di perforare le schede nel modo giusto. «E così i pezzettini di carta rimangono attaccati alle schede», ha detto Jones. Il problema delle schede è quello che gli scienziati definirebbero un errore statistico, un disturbo nel sistema che ne limita la capacità di fare un conteggio esatto dei voti. I critici di questa metodologia hanno anche segnalato la presenza di quelli che hanno considerato come errori sistematici, cioè problemi nel conteggio dei voti dall’estero e di quelli non espressi nei seggi, che potrebbero avere indirizzato l’elezione.

Nel decennio successivo molti stati rimpiazzarono le schede perforate con dei macchinari di voto elettronici. Secondo Jones in questo caso il problema è che «hanno sostituito un sistema che aveva delle pecche con un altro di cui non si conoscono i punti di debolezza». Mercuri ha raccontato che a volte le aziende che producono questi macchinari ne sottopongono un campione a dei test, che però equivale a fare dei controlli sulla sicurezza e sulle emissioni solo su alcune auto di ogni casa automobilistica, invece di renderli obbligatori per tutti i veicoli. Basandosi su quello che ha scoperto nelle sue indagini, Mercuri non vota mai direttamente al seggio, ma in modo che il suo voto possa essere registrato su carta e non con i macchinari elettronici diffusi nel suo stato, il New Jersey. Se un errore dovesse alterare i dati, ha detto Mercuri, non c’è modo in cui un conteggio riuscirebbe a capire quello che gli elettori hanno davvero premuto su un touchscreen.

Nonostante capiti raramente, alcune elezioni sono così serrate da non poterne determinare immediatamente il vincitore. Nel 2008 Mercuri testimoniò come perito in una causa in cui i due candidati in un’elezione locale a Orange County, in California, che si chiamavano tutti e due Nguyen, finirono a soli sette voti di distanza l’uno dall’altro. Mercuri disse di avere esaminato alcune delle schede che erano state rifiutate dai macchinari di voto: ce n’erano alcune con segni e scarabocchi, e in un caso, una persona aveva fatto un disegnino di un fiore sulla scheda, ha raccontato Mercuri. Il metodo migliore per determinare l’esito del voto sarebbe stato un riconteggio a mano dei voti, che però non venne mai fatto.

La cosa positiva è che Mercuri e Jones concordano sul fatto che manipolare queste elezioni con un attacco informatico dall’estero sarebbe difficile per chiunque, dal momento che i macchinari per il voto non sono connessi a internet. Gli scienziati, tuttavia, hanno dimostrato quanto sia facile attaccare i macchinari dall’interno. Jones ha detto che se riuscissero ad accedere alle liste per la registrazione degli elettori online, degli hacker al di fuori degli Stati Uniti potrebbero influenzare l’elezione modificando gli indirizzi delle persone negli elenchi, che in questo modo verrebbero respinte ai seggi perché risulterebbero nel distretto elettorale sbagliato o non registrate. Gli hacker più bravi non lascerebbero nessuna traccia, ha detto Jones, che invita gli elettori a essere preparati e a non dare per scontato in automatico di essere stati loro a fare un errore, nel caso in cui qualcosa vada storto.

© 2016 – Bloomberg