Chi può donare il sangue in Italia?

Negli Stati Uniti gli uomini gay non hanno potuto donare il sangue per aiutare i feriti di Orlando: da noi le cose sono diverse, almeno sulla carta

Un uomo dona il sangue a Orlando, in Florida, il 12 giugno 2016 (Loren Elliott/Tampa Bay Times via AP)
Un uomo dona il sangue a Orlando, in Florida, il 12 giugno 2016 (Loren Elliott/Tampa Bay Times via AP)

Negli ultimi giorni la stampa di tutto il mondo ha parlato molto della strage di Orlando, compiuta nella notte tra sabato e domenica da un uomo di origini afghane ma nato a New York e nella quale sono rimaste uccise 49 persone. L’assalitore ha attaccato il Pulse, uno dei locali gay più conosciuti della città. Nei giorni successivi alla strage moltissime persone si sono presentate nei centri attrezzati per donare il sangue e aiutare così i feriti ancora ricoverati negli ospedali. Non tutti hanno potuto farlo: la legge americana vieta agli uomini gay e bisessuali di donare il sangue se hanno avuto rapporti sessuali nell’anno precedente alla richiesta. Negli ultimi giorni questa norma è stata criticata molto e i maggiori giornali internazionali hanno ospitato testimonianze e commenti di uomini gay sulla questione.

In diversi paesi d’Europa, tra cui la Francia e i Paesi Bassi, sono ancora in vigore le restrizioni previste negli Stati Uniti. L’Italia – un po’ sorprendentemente, visto il tradizionalismo su temi simili – non è in questa lista. Questo tipo di discriminazione è stato superato nel 2001, quando l’allora ministro della Sanità Umberto Veronesi emanò un decreto che eliminava il divieto per i gay di donare il sangue. Veronesi introdusse un questionario, a cui ancora oggi si devono sottoporre tutti i donatori prima di ogni donazione. Il questionario è stato aggiornato dal ministero della Salute lo scorso dicembre, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale (PDF): sono stati stabiliti nuovi criteri più restrittivi per i donatori di sangue, ma non è stato cambiato l’approccio riguardo agli uomini gay o bisessuali. Le domande non si riferiscono all’orientamento sessuale ma alle abitudini sessuali, con l’obiettivo di escludere le persone che hanno una vita sessuale ritenuta non adeguata per donare il sangue a prescindere dal fatto che siano omosessuali, eterosessuali o bisessuali. Per esempio:

«Dall’ultima donazione e comunque negli ultimi 4 mesi ha cambiato partner?

Dall’ultima donazione e comunque negli ultimi 4 mesi ha avuto rapporti eterosessuali, omosessuali, bisessuali (rapporti genitali, orali, anali):
– con partner risultato positivo ai test epatite B e/o C e/o per l’AIDS;
– con partner che ha avuto precedenti rapporti sessuali a rischio o del quale ignora le abitudini sessuali;
– con un partner occasionale;
– con più partner sessuali;
– con soggetti tossicodipendenti;
– con scambio di denaro o droga;
– con partner nato o proveniente da paesi esteri dove l’AIDS è una malattia diffusa e del quale non è noto se sia o meno sieropositivo?»

In Italia, come in molti altri paesi, la selezione dei donatori abituali non avviene solo tramite un questionario. Il procedimento è più lungo e avviene solitamente in due fasi: prima si passa da un’associazione di donatori – la più famosa è l’AVIS, ma ce ne sono anche altre – e poi si va al centro trasfusionale.

La selezione che deve passare un candidato è piuttosto rigida e vale anche per i donatori occasionali, cioè quelli – come nel caso di Orlando – che donano senza scadenze fisse. Per esempio bisogna avere tra i 18 e i 65 anni e non si deve pesare meno di 50 chili (i donatori abituali possono continuare fino a 70 anni previa valutazione medica); tranne alcune eccezioni, la pressione massima non deve essere superiore a 180 e la minima non superiore a 100. Poi ci sono molti altri motivi di esclusione, che vengono passati in rassegna durante il colloquio con il medico prima della donazione di sangue: comportamenti sessuali a rischio ma anche viaggi in alcune zone del mondo, convivenza con soggetti portatori di epatite B o C, assunzione di alcuni tipi di farmaci, cambiamenti repentini di peso e così via.

Nella realtà, comunque, le cose funzionano in modo un po’ diverso. Nonostante il decreto di Veronesi del 2001, infatti, anche in Italia gli uomini gay hanno spesso difficoltà a donare il sangue. Come ha confermato al Post Giulio Maria Corbelli, vicepresidente di Plus Onlus (un’organizzazione che si occupa di persone LGTB sieropositive), la donazione di sangue di uomini gay è spesso a discrezione del centro trasfusionale al quale ci si rivolge e al medico con cui si fa il colloquio prima della donazione.