L’isola degli albini
Si trova in Tanzania e da molto tempo ospita decine di persone affette da albinismo, che hanno subìto violenze di ogni tipo
Ukerewe è l’isola più grande del lago Vittoria, che a sua volta è il più grande lago dell’Africa. Fa parte della Tanzania – anche se il lago è per un pezzo sia del Kenya che dell’Uganda – ed è conosciuta per essere considerata “l’isola degli albini”. Qui vivono decine di albini, cioè persone affette da albinismo, una malattia che provoca la parziale o mancata pigmentazione di melanina nella pelle, nei capelli e negli occhi. Non si sa con esattezza il motivo per cui questa remota isola nel lago Vittoria sia diventato il posto con una delle più alte concentrazioni di albini del mondo: alcune teorie sostengono che molti albini – particolarmente perseguitati in diversi paesi dell’Africa – si siano spostati a Ukerewe dopo essere stati espulsi dalle loro comunità di origine.
In occasione della giornata internazionale dedicata all’albinismo, il 13 giugno, il fotografo di Getty Images Carl De Souza ha fotografato alcuni degli albini che vivono a Ukerewe, un posto considerato una specie di “isola felice” per le persone che soffrono di questa malattia, anche se esistono anche lì violenze e discriminazioni. Gran parte delle foto sono state scattate durante alcune visite oculistiche in una clinica gestita da Standing Voice, una ONG che si occupa di difendere i diritti delle minoranze marginalizzate.
L’albinismo è molto più diffuso in Africa che nel resto del mondo (ne soffre una persona su 5mila in Africa, 1 su 20mila in Europa e Stati Uniti). La pelle molto chiara degli albini si scotta molto più facilmente al sole ed è più vulnerabile al cancro: «Ma questi sono problemi di poco conto, se comparati alle discriminazioni e violenze a cui sono sottoposti gli albini per mano di altre persone», ha scritto l’Economist. Per secoli gli albini sono stati identificati come persone “maledette” e in alcune parti dell’Africa i bambini nati con l’albinismo venivano uccisi in maniera sistematica. Ancora oggi sono diffuse alcune pratiche molto discriminatorie e violente: i bambini albini sono costretti spesso a mangiare separatamente dai loro compagni, quando crescono non trovano quasi mai un lavoro qualificato e finiscono per lavorare spesso nei campi dove sono particolarmente esposti al sole. L’Economist ha scritto:
«Le donne hanno un’alta probabilità di essere violentate perché si crede che il sesso con un albino possa curare l’HIV. Molti albini vengono uccisi da persone che pensano che le loro ossa contengano oro o abbiano poteri magici. Alcuni stregoni sostengono che gli amuleti prodotti con le ossa di un albino possano curare le malattie e portare grande salute a chi li indossa. Un orribile commercio delle parti dei corpi degli albini si è diffuso in Tanzania, Burundi, Mozambico, Zambia e Sudafrica. Capita a volte che i membri di una famiglia vendano i loro nipoti o cugini albini in cambio di soldi»
In un articolo pubblicato nel febbraio del 2015 sul Daily Beast, la giornalista Nina Strochlic raccontava che un arto di una persona albina poteva essere venduto a circa 600 dollari, mentre un corpo intero arrivava anche a 75mila dollari. Le terribili condizioni di vita degli albini – il rischio di essere uccisi o mutilati per rivendere parti del loro corpo, le discriminazioni subite quotidianamente – sono state raccontate nel documentario In the Shadow of the Sun uscito nel 2012 e diretto da Harry Freeland. Un altro lavoro impressionante è stato pubblicato nell’ottobre del 2015: è un reportage di Carlo Allegri, fotografo dell’agenzia Reuters, che mostra alcuni ragazzini albini della Tanzania ricoverati in un centro specializzato a New York dopo avere subìto violenze nel loro paese (si può vedere qui).
Negli ultimi anni in Tanzania la situazione per gli albini sembra essere un po’ migliorata, dopo anni di grandi violenze. Il numero degli omicidi di persone albine è diminuito, agli stregoni che si facevano passare per medici è stato vietato esercitare e sono state decise nuove punizioni per chi viene scoperto a trafficare parti di corpi umani. L’Economist ha scritto anche che sono stati arrestati diversi “cacciatori di albini” e che la polizia ha distribuito telefoni cellulari a molti albini di modo che loro possano chiamare un numero di emergenza nel caso si sentano minacciati in qualche modo.