Perché hanno sparato all’auto del presidente del parco dei Nebrodi

Giuseppe Antoci era riuscito a contrastare un sistema mafioso per ottenere illegalmente i finanziamenti europei all'agricoltura

(ANSA/FRANCESCO SAYA)
(ANSA/FRANCESCO SAYA)

Nella notte tra martedì 16 e mercoledì 17 maggio, sulla strada statale che collega Cesarò e San Fratello, in provincia di Messina, un gruppo di persone armate ha attaccato l’auto sulla quale stava viaggiando Giuseppe Antoci, il presidente del parco dei Nebrodi, una grande area naturale protetta nel nord est della Sicilia. L’auto blindata di Antoci, che da mesi è scortato dalla polizia per le minacce che ha ricevuto, si è dovuta fermare intorno alle due di notte perché la strada era bloccata da alcuni massi. Alcuni uomini – non è chiaro quanti – hanno sparato prima sulle ruote e poi contro l’abitacolo. Insieme all’auto di Antoci c’era una volante della polizia, che ha sparato a sua volta contro gli assalitori facendoli scappare. Nessuno tra Antoci e gli uomini della scorta è rimasto ferito, mentre è stato trovato del sangue nel punto dal quale hanno sparato gli assalitori, quindi almeno uno di loro potrebbe essere stato ferito. Sono anche state trovate due molotov.

Antoci è presidente del parco dei Nebrodi dall’agosto del 2013; e prima era stato responsabile per la Sicilia di Banca Sviluppo e candidato al Senato con “il Megafono”, il movimento del presidente della Sicilia Rosario Crocetta. Il parco non aveva un vero presidente da quasi dieci anni ed era stato gestito da alcuni commissari senza troppi risultati, avevano scritto alcuni giornali locali quando era stato nominato Antoci. Nel 2014 Antoci, in collaborazione con Crocetta e il prefetto di Messina Stefano Trotta, ha avviato un piano per contrastare un sistema mafioso che si è diffuso negli ultimi anni e che permette di ricevere fondi europei destinati al sostegno di contadini e pastori affittando a poco prezzo dei terreni agricoli. Il sistema è stato raccontato tra gli altri dai giornalisti Diego Gandolfo e Alessandro di Nunzio con il documentario Fondi rubati all’agricoltura.

Per contrastare la pratica nel parco dei Nebrodi, nel 2014 è stato introdotto un protocollo che prevedeva la certificazione antimafia (ossia una verifica che non ci siano infiltrazioni mafiose) anche per i terreni del parco in affitto di valore inferiore ai 150mila euro, che prima invece ne erano esenti. Con questo nuovo sistema di verifiche lo scorso gennaio sono state revocate le assegnazioni di 4200 ettari di terreni, per un totale di 2,5 milioni di euro l’anno di fondi europei, che in Italia sono assegnati da un ente statale apposito, l’AGEA. Il protocollo è stato poi esteso da Crocetta a tutti gli enti regionali siciliani.

Giovanni Bianconi ha scritto sul Corriere della Sera che quella coinvolta negli affitti dei terreni del parco dei Nebrodi e nell’attentato di ieri contro Antoci è la mafia dei tortoriciani, cioè le famiglie mafiose di Tortorici, un piccolo comune ai confini del parco. Secondo Bianconi l’attentato di ieri è una dimostrazione che quella dei tortoriciani – considerata la “terza mafia” della provincia di Messina, insieme a quelle di Messina e di Barcellona Pozzo di Gotto – «ha ripreso quota e centralità, e ha deciso di reagire in maniera diretta agli ostacoli frapposti solo ultimamente dallo Stato al lucroso affare dei finanziamenti europei su terreni dati in gestione da decenni sempre alle stesse famiglie». Antoci aveva ricevuto le prime minacce di morte – insieme a Crocetta – nel dicembre del 2014.

In una conferenza stampa dopo l’attentato a Antoci, Crocetta ha detto che «con l’agguato ad Antoci la mafia ha alzato il tiro, lo Stato deve reagire in modo adeguato. Propongo l’invio dell’esercito nei comuni del Parco dei Nebrodi e perquisizioni a tappeto nelle campagne come ai tempi del sequestro Moro e dei Vespri siciliani.Senza un’adeguata reazione da parte dello Stato all’agguato mafioso contro il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, passerebbe il messaggio di un via libera alla nuova stagione stragista».