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  • Martedì 12 aprile 2016

Come sono andate le elezioni in Perù

Nessuno ha vinto al primo turno, sono andati al ballottaggio due candidati con due storie notevoli: basta dire che i loro cognomi sono Fujimori e Kuczynski

Keiko Fujimori a Lima, 10 aprile 2016 (LUKA GONZALES/AFP/Getty Images)
Keiko Fujimori a Lima, 10 aprile 2016 (LUKA GONZALES/AFP/Getty Images)

Domenica 10 aprile al primo turno delle elezioni presidenziali in Perù i candidati più votati sono stati Pedro Pablo Kuczynski, di Peruanos por el Kambio, e la populista Keiko Fujimori, considerata la favorita. Il ballottaggio è previsto per il prossimo 5 giugno. Secondo i risultati ufficiali, quando sono state scrutinate il 93,61 per cento delle schede elettorali, Keiko Fujimori ha ottenuto circa il 40 per cento dei voti e il suo partito, Fuerza Popular, ha ottenuto per ora 68 seggi su 130 diventando la prima forza parlamentare del paese. Pedro Pablo Kuczynski, economista sostenuto dagli imprenditori del paese, è arrivato secondo con circa il 21 per cento dei voti e 20 seggi; Veronika Mendoza, candidata di sinistra radicale, nonostante una notevole rimonta nei sondaggi è arrivata terza con il 18 per cento.

Il Guardian scrive che la vittoria di Keiko Fujimori contro Pedro Pablo Kuczynski al secondo turno non è così scontata, perché molti elettori si oppongono ancora al regime autoritario del padre di Keiko. Keiko Fujimori è infatti figlia di Alberto Fujimori, presidente dal 1990 al 2000, oggi in prigione per corruzione e violazione dei diritti umani. Prima del voto, Keiko Fujimori aveva firmato un contratto con cui si impegnava a non governare con metodi autoritari: a rispettare l’indipendenza della stampa e la libertà dell’opposizione e a non interferire con le strutture democratiche del paese, per esempio. La firma del contratto e il progressivo allontanamento politico dal padre avevano garantito a Keiko Fujimori un crescente numero di consensi tra gli elettori più moderati.

Keiko Fujimori ha 40 anni e come il padre discende da una famiglia di immigrati giapponesi: a causa dei loro tratti orientali sono stati soprannominati, rispettivamente, “la cinese” e “il cinese”. Durante la campagna elettorale Fujimori ha promesso di assegnare all’opposizione il controllo parlamentare sui servizi segreti e di garantire riparazioni economiche alle decine di donne sterilizzate durante il governo del padre: Alberto Fujimori è accusato, tra le altre cose, di aver sterilizzato fino a 300 mila donne di origine indigena. Keiko Fujimori condivide però alcune delle idee del padre, per esempio il sostegno al libero mercato e a posizioni conservatrici sulle tasse. Fujimori è conosciuta da tempo ed è apparsa molto spesso a fianco del padre, diventando a 19 anni, dopo il divorzio dei suoi genitori, «la più celebre first lady del Perù», scrive il Guardian. Fujimori si è impegnata a costruire prigioni d’alta quota sulle Ande per isolare i criminali più pericolosi e ha promesso una grande crescita economica finanziando con il debito le infrastrutture necessarie al paese. Dice che il padre è innocente e che dovrebbe essere assolto dai tribunali, ma ha promesso di non usare il suo potere politico per liberarlo dal carcere.

Pedro Pablo Kuczynski ha 77 anni, ha studiato nelle scuole più prestigiose di Lima e del Regno Unito e ha frequentato il Conservatorio in Svizzera. Suo padre, Maxime Kuczynski, era un medico tedesco di origine polacca che decise di trasferirsi in Perù per studiare da vicino le malattie tropicali in cui si era specializzato. Divenne direttore del lebbrosario di San Pablo, vicino a Iquitos nella parte nord-orientale del paese, dove Pedro Pablo Kuczynski trascorse la prima infanzia. Questo centro viene citato anche nei diari di Che Guevara, che incontrò il padre di Kuczynski nel suo viaggio giovanile attraverso l’America Latina. Pedro Pablo Kuczynski, per parte di madre, è anche cugino del registra francese Jean-Luc Godard.

Kuczynski ha viaggiato per il mondo e ha passato metà della sua vita negli Stati Uniti, a Washington, a New York e infine a Miami, diventando consigliere finanziario scrive El País «dei milionari che volevano investire in America Latina». Vive in uno dei quartieri più esclusivi di Lima, San Isidro, e ha ricoperto diversi incarichi politici, tra cui quelli di primo ministro e ministro dell’Economia. Raccoglie consensi soprattutto tra gli esponenti delle classi medio-alte del paese, mentre i suoi oppositori lo accusano di aver vissuto troppo lontano dal paese, di essere troppo vecchio per diventare presidente e, soprattutto, di aver favorito le lobby straniere nella gestione delle risorse minerarie del Perù. Più che prendere le distanze dalla politica economica di Keiko Fujimori, durante la campagna elettorale per il secondo turno Kuczynski cercherà di sfruttare al massimo la paura del fujimorismo, per attirare i voti della destra moderata ma anche quelli delle classi popolari.

Diversi giornali internazionali si sono occupati in questi giorni anche della sconfitta di Veronika Mendoza, cercando di individuarne le cause: innanzitutto la mancata coalizione tra le varie forze di sinistra “non tradizionali” del paese. Il Frente Ampio non è così “ampio”, scrive per esempio Le Monde. Oltre a Tierra y Libertad, organizzazione di sinistra radicale, il Frente ha riunito comunisti, socialisti e parte della sinistra tradizionale, tutte formazioni ormai ridotte a piccoli gruppi: «Molti capi, poca tribù», commenta il quotidiano francese. Se ai voti del Frente Ampio si fossero aggiunti quelli di altri due partiti di sinistra e centrosinistra che si sono presentati con dei candidati indipendenti, Gregorio Santos e Alfredo Barnechea, la percentuale avrebbe raggiunto circa il 30 per cento dei consensi. «E la storia sarebbe stata molto diversa», dice El País. La sconfitta di Mendoza non è insomma attribuibile ai media, alla mancanza di denaro e mezzi (che comunque hanno inciso) o alla radicalità della campagna elettorale, ma ai punti deboli della sinistra peruviana e, più in generale, alla crisi della sinistra sudamericana.

All’inizio degli anni Duemila, un movimento da allora ribattezzato la “marea rossa” portò al potere in gran parte del continente numerosi partiti di sinistra o in alcuni casi di estrema sinistra. Negli ultimi anni molti di questi movimenti hanno perso le elezioni (è successo di recente in Argentina), si trovano con consensi sempre più in calo (come in Bolivia) oppure sono coinvolti in gravi crisi politiche ed economiche (come Brasile e Venezuela). Alcuni analisti hanno comunque sottolineato come il risultato di Mendoza in Perù sia stato un successo: Mendoza è giovane (ha 35 anni), è preparata, è chiaramente una donna di sinistra e non ha nulla a che fare con Ollanta Humala, presidente uscente, ex generale, considerato uno degli esponenti della “marea rossa” ma che il giorno dopo la vittoria si allontanò dalle posizioni più radicali della propria campagna elettorale. Secondo diversi osservatori Mendoza non ha vinto ma ha conquistato uno spazio politico che potrà sfruttare in futuro.