Apple ha fatto ricorso in tribunale contro l’FBI
Sostiene che la richiesta del governo di fornire i dati di un iPhone mette "a rischio la sicurezza e la privacy di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo"
Come aveva anticipato nei giorni scorsi il suo CEO, Tim Cook, Apple ha presentato in tribunale una mozione per opporsi alla richiesta dei giudici di fornire un accesso secondario a un iPhone 5C, trovato dall’FBI durante le indagini sulla strage di San Bernardino (California) dello scorso anno e che, secondo gli agenti, potrebbe contenere informazioni preziose per comprendere meglio la storia dei due terroristi autori dell’assalto. I dati sono criptati sul telefono e l’FBI non conosce la password di accesso, per questo motivo ha chiesto una via alternativa per accedervi; Apple si è rifiutata di fornirla sia per motivi tecnici sia perché teme che possa costituire un pericoloso precedente per la sicurezza e la riservatezza dei suoi milioni di clienti.
Cosa c’è nella mozione
La mozione mette in evidenza i temi su cui Tim Cook è tornato più volte negli ultimi giorni, prima con una lettera aperta e in seguito in una intervista: «Non si tratta di un caso isolato di un iPhone. Piuttosto, questo è un caso sul Dipartimento di Giustizia (DOJ) e sull’FBI che stanno cercando di avere, attraverso i tribunali, un potere pericoloso che il Congresso e il popolo americano hanno finora negato: la possibilità di obbligare aziende come Apple a mettere a rischio la sicurezza e la privacy di centinaia di milioni di individui in tutto il mondo”. Il documento ricorda che nel 2015 il Congresso non è riuscito ad approvare una serie di aggiornamenti al Communications Assistance for Law Enforcement Act (CALEA), che tra le altre cose norma i rapporti tra lo stato federale e le aziende coinvolte nelle telecomunicazioni: di conseguenza, avendo lasciato la legge così com’è, Congresso e governo non hanno dato i poteri aggiuntivi che ora l’FBI cerca di attribuirsi tramite i tribunali.
In termini legali, la mozione riprende quanto aveva già spiegato Tim Cook circa la necessità di coinvolgere il Congresso, quindi il potere legislativo, per affrontare un tema così delicato per la privacy degli individui, attraverso una discussione proficua e costruttiva con esperti di sicurezza, di protezione dei dati personali e delle aziende attive su Internet. Secondo Apple lo stesso risultato non può essere ottenuto con una causa in tribunale: “Invocando la ‘lotta al terrorismo’ e spostando l’argomento in una corte di giustizia, il governo ha cercato di tagliare fuori il dibattito e di aggirare analisi più approfondite sul tema” dice il testo della mozione. Sono citati, a ulteriore sostegno della tesi, il Primo e il Quinto emendamento della Costituzione, rispettivamente sulla libertà di pensiero e parola e sul giusto processo. La mozione sarà discussa la prossima settimana, se l’iniziativa legale di Apple non avrà successo si aprirebbe la strada per un ricorso presso la Corte Suprema.
Il sostegno delle altre aziende
Facebook, Microsoft e Alphabet, la holding che controlla Google, intendono presentare una mozione comune in tribunale a sostegno di Apple e contro la richiesta del DOJ di fornire un accesso secondario all’iPhone di San Bernardino. La notizia è stata diffusa dal Wall Street Journal sulla base di alcune informazioni ottenute da fonti interne alle aziende e, nelle ore seguenti alla pubblicazione dell’articolo, Microsoft ha confermato la circostanza, almeno per quanto la riguarda. Il suo presidente, Brad Smith, ha detto che l’azienda è “incondizionatamente” dalla parte di Apple, e che la settimana prossima Microsoft presenterà una propria mozione in tribunale a sostegno. Come Apple, anche Microsoft pensa che il problema debba essere affrontato dal Congresso e non dalla magistratura.
Seppure con sfumature diverse, nei giorni scorsi i CEO delle principali aziende informatiche degli Stati Uniti hanno espresso solidarietà nei confronti di Apple, dicendo di essere dalla sua parte. Oltre a Microsoft, Facebook e Alphabet si potrebbero aggiungere Twitter e un’altra azienda (secondo alcune fonti Amazon), ma non è chiaro se lo faranno con una mozione congiunta o separatamente.
Tim Bradshaw del Financial Times, di solito bene informato su cosa succede all’interno di Apple, ha scritto che l’azienda sta intanto lavorando ad alcune nuove soluzioni per criptare più efficacemente i backup che iOS – il sistema operativo degli iPhone e degli iPad – effettua automaticamente online tramite il servizio iCloud. In questo modo l’azienda non potrebbe più tecnicamente estrarre i dati per fornirli alle autorità nel caso di richieste di questo tipo. Non è ancora chiaro come sarà realizzato il nuovo sistema: per garantire agli utenti il recupero dei dati nei casi in cui dimentichino la password, Apple finora ha mantenuto opzioni che le permettono di ripristinare le chiavi di accesso degli account iCloud. Con la nuova soluzione non potrebbe più farlo e ci sarebbe quindi il rischio di perdere tutti i propri backup se si è persa la password. Il New York Times ieri ha segnalato che Apple sta inoltre lavorando per isolare ulteriormente iOS, in modo che non sia più possibile creare vie secondarie di accesso ai suoi dati come nel caso di San Bernardino.