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  • Mercoledì 24 febbraio 2016

Il giornalismo investigativo a teatro

La storia di un interessante progetto che unisce inchieste e teatro, e di un vecchio caso irrisolto sulla morte di sei pompieri a Kansas City

di Tom Jackman - Washington Post

(Brian Paulette/Washington Post)
(Brian Paulette/Washington Post)

I due secondini in uniforme litigano furiosamente e si insultano. Poi iniziano a picchiarsi: volano pugni, mobili, e anche persone. Una volta finita la rissa, mentre i secondini si ritirano furtivamente per leccarsi le ferite, le circa cento persone presenti continuano a guardare col fiato sospeso. La violenta rissa non si è svolta in un carcere ma sul palcoscenico del teatro The Living Room di Kansas City, negli Stati Uniti, ed è l’ultimo esempio di un modo innovativo di fare giornalismo investigativo: rappresentare sul palco una storia controversa, recitandola per un pubblico che altrimenti potrebbe non venire mai a conoscenza degli argomenti trattati e delle scoperte fatte dai media tradizionali.

L’opera di Kansas City si intitola “Justice in the Embers” (“Giustizia in cenere”) ed è l’ultimo prodotto della collaborazione per StoryWorks, un progetto lanciato dall’organizzazione giornalistica no-profit californiana Center for Investigative Reporting (CIR) e da Tides Theater, una compagnia teatrale della Bay Area di San Francisco. I metodi del giornalismo investigativo non sono mai cambiati molto: un giornalista lavora, indaga e scrive una storia per mesi o anni, per poi pubblicarla o mandarla in onda sperando che vada tutto bene. Ovvero che l’opinione pubblica o il governo siano toccati o indignati abbastanza da reagire. Quando non succede, la storia finisce silenziosamente negli archivi. Nonostante le tecniche multimediali abbiano migliorato il modo di presentarle, le storie investigative quasi sempre raggiungono solo un pubblico interessato alle notizie, e pochi altri.

Una conversazione del 2012 tra Joaquin Alvarado, capo del Center for Investigative Reporting e Jennifer Welch, direttrice artistica di Tides, ha dato il via a una discussione su come «incrociare i nostri pubblici», ha ricordato lo stesso Welch. «Abbiamo pensato a diverse storie che sarebbero potute diventare grandi opere teatrali». Il CIR produce regolarmente pezzi che compaiono nei giornali e nei programmi televisivi degli Stati Uniti. Nel 2013 il progetto congiunto StoryWorks è stato inaugurato con un’opera basata su un pezzo del CIR che raccontava la storia di donne veterane e senzatetto che vivevano nei bassifondi di Los Angeles. Poi è toccato alla storia del CIR che si era occupata di un complesso di case popolari tristemente famoso di Richmond, in California. Da lì a poco Welch si trasferì da Tides al CIR per seguire il progetto a tempo pieno.

Persone e drammi reali non vengono semplicemente rappresentati: i protagonisti delle storie infatti spesso sono anche presenti nel pubblico, e guardano la propria storia prendere vita sul palco. «Abbiamo provato a rompere gli schemi del teatro», ha raccontato Welch, «in modo che le persone capissero che non stavamo solo trasformando la loro vita in uno spettacolo teatrale, ma stavamo anche raccontando la loro storia in modo accurato. Questo ha fatto sì che potessero rilassarsi e vivere l’esperienza, senza esserne travolti». Le opere sono a basso costo, e hanno pochissimi oggetti di scena ed effetti. Di solito durano circa un’ora, e dopo ogni spettacolo viene lasciato del tempo per far interagire il pubblico con attori e produttori, ma anche con i veri protagonisti della storia.

Janet Saidi, vice presidente dell’emittente televisiva pubblica di Kansas City KCPT, aveva sentito uno dei dipendenti del CIR parlare di StoryWorks durante una conferenza, e si era ricordata del giornalista Mike McGraw e del caso della morte di sei pompieri nel 1988. Un mattino, i pompieri stavano cercando di spegnere un camion in fiamme vicino all’autostrada sud di Kansas City. Il camion però esplose uccidendoli all’istante. La potenza dell’esplosione incrinò persino le fondamenta delle case. Il caso dell’incendio mortale rimase irrisolto per anni. Poi, nel 1997, cinque persone della zona furono processate e incarcerate solo sulla base della testimonianza di alcuni abitanti del quartiere e di alcuni informatori che dal carcere avevano fornito informazioni contrastanti. Tutti e cinque gli imputati, tra cui un ragazzo che all’epoca dell’esplosione aveva 17 anni, furono condannati all’ergastolo senza la libertà condizionale. Uno di loro è morto in carcere.

McGraw, un noto giornalista investigativo che lavora per il Kansas City Star, iniziò a fare indagini sul caso nel 2006, spingendo le autorità federali a rivedere le indagini e riascoltare i testimoni, che ammisero di aver mentito. Il Dipartimento di Giustizia americano pubblicò un rapporto di venti pagine, in cui però intere pagine erano state rese illeggibili. Secondo il rapporto altri due sospettati sarebbero potuti essere coinvolti nel caso, che però non fu riaperto. Il documento censurato è stato riprodotto nel programma dell’opera di StoryWorks “Giustizia in cenere”.

McGraw lasciò il l Kansas City Star e iniziò a lavorare per KCPT. Raccontò a Saidi che quella storia lo tormentava ancora. «Sapevo che avremmo cercato un modo diverso per raccontare il caso», ha detto Saidi. Saidi contattò il CIR e StoryWorks, che non avevano mai collaborato con una redazione esterna ma conoscevano McGraw e il suo lavoro e accettarono di produrre l’opera l’anno scorso. «È andata meglio di quanto sperassimo. Il nostro grande obiettivo, dal punto di vista giornalistico, era sensibilizzare su questi temi. Dal punto di vista del progetto, invece, volevamo interagire di persona con chi di solito non guarda la televisione pubblica».La scrittrice teatrale Michelle T. Johnson, ex giornalista e avvocato, fu scritturata per preparare la sceneggiatura dell’opera entro fine novembre. Nonostante l’esplosione risalga a 27 anni fa e il processo 18, ci sono stati nuovi sviluppi; la Corte Suprema americana ha stabilito che gli imputati condannati a 17 anni non possano essere condannati all’ergastolo senza la condizionale. Uno di loro, Bryan Sheppard, è stato riportato a Kansas City per un possibile nuovo processo. Poi però un altro caso ha messo in dubbio se quella decisione del tribunale potesse essere retroattiva, facendo piombare Sheppard in un limbo. Questo mese, una settimana prima dell’inaugurazione dello spettacolo, la Corte Suprema si è espressa di nuovo: la sua sentenza è retroattiva, e Sheppard ha ottenuto un nuovo processo dopo 18 anni in prigione. Johnson si è affrettata a riscrivere il finale dell’opera, in cui ora Sheppard riceve un fax che annuncia la buona notizia.

Per rappresentare in scena l’inchiesta di McGraw, Johnson ha creato due secondini di fantasia che discutono del caso, uno schierato per la colpevolezza e l’altro per l’innocenza. Johnson ha inventato anche il personaggio di un pompiere senza nome, che parla dei pericoli della professione e della vecchia ferita psicologica che ha segnato Kansas City dopo l’esplosione. «Sono portata di natura a essere imparziale e scrivere in modo da incoraggiare le persone a partecipare a quello che sto cercando di esprimere. Se sono di parte, l’opera diventa estraniante, e io voglio che sembri autentica».

Negli ultimi anni in carcere, Sheppard ha abbracciato le sue radici native americane, e nell’opera il suo ruolo è interpretato da Moses Brings Plenty, un attore di origine Ogala Lakota (una tribù nativa americana) che ha incontrato Sheppard diverse volte. Nel corso delle scene, uno dei secondini di Sheppard si convince della sua innocenza, mentre un altro, che viene da una famiglia di pompieri, ne è disgustato. Anche la madre di Sheppard, Virgie, e il suo avvocato, Cindy Short, fanno parte dei personaggi dello spettacolo, in cui discutono con lui delle varie opzioni a sua disposizione e del suo futuro.

Il teatro da 100 posti nel centro di Kansas City ha fatto il tutto esaurito o quasi praticamente a ogni replica. Il caso in sé e il dubbio sulla colpevolezza o innocenza dei cinque condannati coinvolge la città ancora oggi. Secondo McGraw l’opera ha portato nuova attenzione e dato nuovo impulso al caso. Vicini e amici di Sheppard e degli altri quattro condannati – gli zii di Sheppard Frank e Skip, la compagna di Frank, Darlene Edwards, e l’amico di Sheppard Richard Brown – sono sempre tra il pubblico. Virgie Sheppard ha detto che l’attrice Nancy Marcy ha fatto «davvero un ottimo lavoro» interpretando il suo ruolo, e ha raccontato che dopo aver visto lo spettacolo un suo amico le ha detto che non riusciva a distinguere l’attrice dall’originale. «Bryan ha davvero svoltato», ha detto, aggiungendo poi che ha speranze per il futuro «per la prima volta da tanto tempo», anche se pensa che non sia giusto che anche gli altri condannati per il caso non abbiano la possibilità di essere liberati. Nonostante si può dire che l’opera ha un finale positivo, la madre di Sheppard dice di aver paura a sperare, perché è rimasta scottata già diverse volte durante il processo e i vari appelli. «Ho davvero paura», ha raccontato.

Una volta concluse le tre settimane di programmazione a Kansas City, il cast e la troupe di “Giustizia in cenere” si trasferiranno a San Francisco per un’altra serie di spettacoli, e per far conoscere l’inchiesta giornalistica originale a un nuovo pubblico.

L’autore di questo articolo – pubblicato sul Washington Post il 12 febbraio 2016 – è il giornalista Tom Jackman. Jackman ha seguito dall’inizio il caso dei pompieri di Kansas City per il Kansas City Times e il Kansas City Star, e ha assistito a “Giustizia in cenere”, partecipando alla discussione.

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