Venerdì 5 febbraio il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha diffuso 198 fotografie scattate ai prigionieri dell’esercito americano in Iraq e Afghanistan nell’ambito di un’inchiesta federale indipendente relativa ai presunti abusi sui prigionieri compiuti dagli americani fra il 2001 e il 2009. Le immagini, parte di un archivio di circa duemila fotografie, sono state ottenute tramite una richiesta prevista dal Freedom of Information Act – una legge del governo americano che permette a chiunque di richiedere documenti secretati – fatta dalla ONG American Civil Liberties Union (ACLU) più di dieci anni fa, nel 2004. Le foto risalgono a quando George W. Bush era presidente degli Stati Uniti. Non mostrano i volti dei prigionieri, non sono datate e non hanno didascalie: cosa che rende molto complicato risalire a chi appartengano e dove e quando siano state scattate. Le foto – che si possono vedere qui (PDF) – mostrano lividi, sbucciature e graffi di lieve entità, cosa che ha fatto sospettare la ACLU che siano state diffuse solo le immagini relative agli abusi meno gravi.
Da molti anni diverse ONG accusano gli Stati Uniti di aver leso i diritti umani dei propri prigionieri in Iraq e Afghanistan e di averne coperto le prove, dimostrando scarsa trasparenza. L’esistenza dell’archivio di circa duemila foto era noto da anni. Un primo passo verso la loro possibile diffusione era stato fatto nel 2014, quando il giudice federale Alvin Hellerstein aveva stabilito che il governo era tenuto a spiegare foto per foto perché non potessero essere diffuse, dietro un’altra causa portata avanti dalla ACLU. Il governo aveva contestato questa decisione, e solo in seguito ha deciso di diffondere 198 foto.
Il Dipartimento della Difesa ha spiegato che le foto diffuse ieri riguardano 56 accuse di abusi, 14 delle quali sono state rafforzate da altre prove, mentre 42 non lo sono state. Una portavoce del Diparimento ha anche detto che in relazione alle foto 65 persone hanno avuto conseguenze legali fra cui anche l’ergastolo, ma non ha precisato altri dettagli.
Il Guardian racconta che già nel 2014 Hellerstein aveva avvertito che alcune foto presenti nell’archivio erano «relativamente innocue, mentre altre vanno seriamente prese in considerazione». Secondo la ACLU, il governo americano sta ancora trattenendo le foto legate a diversi presunti casi di abusi già noti, fra cui l’aggressione sessuale di una prigioniera irachena di 73 anni, l’esecuzione di un contadino iracheno da parte di alcuni soldati americani e l’abuso sessuale compiuto da una soldatessa americana contro un detenuto maschio. La ACLU ha detto che continuerà a insistere affinché vengano diffuse anche le rimanenti foto dell’archivio.
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