Perché abbiamo il mento?

Pensateci, siamo gli unici animali ad avere una sporgenza all'estremità della mandibola: e il bello è che forse non serve a niente

Il conduttore televisivo Jay Leno. (AP Photo/Damian Dovarganes)
Il conduttore televisivo Jay Leno. (AP Photo/Damian Dovarganes)

Gli esseri umani sono gli unici animali ad avere un mento: è una cosa a cui forse non avete mai pensato, ma se ci pensate anche nei gorilla o negli scimpanzé, gli esseri viventi con la faccia più simile alla nostra, la mandibola sotto l’attaccatura dei denti non sporge in fuori, ma rientra in maniera netta. Neanche l’Homo erectus aveva un vero mento, così come l’uomo di Neanderthal, la cui mandibola si sviluppava verticalmente sotto la bocca. Gli unici animali che presentano una struttura facciale simile a un mento sono gli elefanti e i lamantini. Sul motivo per cui gli essere umani invece abbiano una protuberanza sotto la bocca si sono interrogati molti scienziati, e recentemente uno di loro, James Pampush, ricercatore di antropologia biologica alla Duke University di Durham, in North Carolina, ha pubblicato un articolo sulla rivista Evolutionary Anthropology in cui ha raccolto le principali teorie formulate fino ad ora, spiegando quali sono le più accreditate.

Scrive Pampush: «È molto strano che solo gli umani abbiano il mento. Quando osserviamo le caratteristiche unicamente umane, non possiamo considerare le grandi dimensioni del cervello o il fatto che siano bipedi, perché erano proprie anche dei nostri antenati. Ma non avevano un mento. Questo rende la cosa immediatamente rilevante per tutti». Secondo Pampush, le risposte date dagli scienziati finora sono per lo più sbagliate. Molti hanno sostenuto per esempio che la presenza del mento sia dovuta a un adattamento evolutivo per facilitare la masticazione, ma secondo Pampush il mento ha l’effetto opposto. La mandibola è composta da due metà unite in un punto sotto la dentatura inferiore, e quando mastichiamo comprimiamo la parte esterna dell’ossatura della mandibola, distendendo quella all’interno della bocca. Le ossa però sono più forti quando sono compresse rispetto a quando sono distese, situazione in cui si possono verificare piccolissime fratture: perciò, secondo Pampush, per agevolare la masticazione sarebbe in teoria più utile una struttura mandibolare che svolgesse la funzione opposta a quella del mento, contraendo l’interno della mandibola e distendendo l’esterno.

Una variante di questa teoria è che la funzione del mento sia invece facilitare i movimenti della lingua quando si parla: secondo Pampush, però, in questo caso dovrebbe essere presente anche in quegli animali che comunicano attraverso i versi, o che si nutrono muovendo particolarmente la lingua. Non ci sono inoltre prove, scrive Pampush, che i movimenti della lingua richiedano effettivamente la presenza di una quantità maggiore di ossa per distribuire la forza esercitata.

Altri scienziati hanno sostenuto che il mento sia più semplicemente dovuto a una mutazione genetica: i nostri antenati con questo tipo di caratteristica avrebbero attratto maggiormente partner dell’altro sesso, e perciò la mutazione sarebbe stata premiata dalla selezione naturale. Il mento quindi sarebbe una variazione un po’ come le corna di alcuni mammiferi o come, secondo un’accreditata teoria scientifica, la barba degli uomini. In questo caso però, secondo Pampush, sarebbe l’unico caso conosciuto tra i mammiferi in cui una caratteristica fisica finalizzata all’attrazione sessuale comparirebbe negli esemplari di entrambi i sessi. Un’altra teoria che Pampush non reputa sufficientemente solida è quella che sostiene che il mento serva a proteggerci dai colpi in faccia e alla gola, e che per questo motivo sia una caratteristica premiata dalla selezione naturale: è improbabile però che gli antenati dell’uomo si colpissero così frequentemente in faccia, e che ne soffrissero così tanto le conseguenze. E il mento, soprattutto, non svolge molto bene la funzione di impedire la rottura della mandibola.

Pampush ritiene che il mento non sia direttamente una forma di adattamento naturale, ma che invece sia un prodotto secondario dell’evoluzione: una caratteristica di per sé inutile e sviluppata come conseguenza di un altro adattamento. Un’ipotesi di questo tipo è stata sostenuta da diversi scienziati: quando l’uomo ha iniziato a cuocere e a lavorare il cibo, lo sforzo nella masticazione sostenuto dai denti è diminuito, e come conseguenza si sono rimpiccioliti. Si sono quindi “ritratti” verso l’interno della mandibola, ma questo spostamento non è stato assecondato dalla parte della mandibola dove prima erano ospitati, che è praticamente “rimasto indietro”. Questa teoria è stata apprezzata anche da Stephen Jay Gould e Richard Lewontin, i due biologi che hanno introdotto il concetto dei prodotti secondari dell’evoluzione. Pampush però ha preferito andarci cauto, scrivendo che non esistono vere prove a questa teoria. Ed è un problema tipico dei prodotti secondari dell’evoluzione: provarne scientificamente l’origine, al di là della plausibilità delle ipotesi, è molto difficile. Secondo Pampush il problema del mento è affascinante proprio perché porta alla luce le differenze filosofiche tra le diverse anime della biologia: ci sono gli scienziati che credono che tutto sia dovuto al potere della selezione naturale e quelli che invece ritengono che essa sia solo una delle tante forze che muovono l’evoluzione.