Gli altri “Family Day”

In Italia si sono tenute altre due manifestazioni simili, oltre a quella di oggi a Roma: una ebbe molto successo – riguardava la discussione sui DICO – l'altra no

Un momento della manifestazione "Difendiamo i nostri figli" a piazza San Giovanni, Roma, 20 giugno 2015. 
(ANSA/ETTORE FERRARI)
Un momento della manifestazione "Difendiamo i nostri figli" a piazza San Giovanni, Roma, 20 giugno 2015. (ANSA/ETTORE FERRARI)

Oggi si è tenuta al Circo Massimo a Roma una manifestazione di cattolici conservatori chiamata Family Day contro il disegno di legge Cirinnà, attualmente in discussione al Senato, che prevede l’introduzione delle unioni civili per le coppie omosessuali. L’espressione Family Day – per quanto fuorviante – è in uso già da alcuni anni nel dibattito politico italiano: fa riferimento a una prima, enorme manifestazione di piazza di cattolici conservatori che nel 2007 protestò – con successo – contro il disegno di legge del governo Prodi sulle unioni civili, e a una successiva manifestazione nell’estate 2015 che ne riprendeva lo spirito, quella volta per criticare il ddl Cirinnà, allora appena proposto.

Il primo Family Day
Ad oggi l’Italia è uno dei pochi paesi dell’Europa occidentale a non prevedere forme di riconoscimento delle coppie omosessuali nel proprio ordinamento. I primi tentativi di introdurre un riconoscimento di questo tipo iniziarono negli anni Novanta e nei primi anni Duemila: nel 2005 i Democratici di Sinistra (DS) presentarono i cosiddetti Patti civili di solidarietà (PACS), che prevedevano l’introduzione di alcuni diritti per le coppie conviventi eterosessuali e omosessuali, come ad esempio la reversibilità della pensione. Il governo di centrodestra – allora molto legato ai vertici della Chiesa cattolica – decise di non occuparsi della questione.

L’8 febbraio 2007, durante il secondo governo Prodi, il ministro della Famiglia Rosy Bindi e il ministro per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini fecero approvare dal Consiglio dei ministri il disegno di legge sui cosiddetti DICO, sigla che stava per “DIritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi”. I DICO prevedevano un riconoscimento delle coppie omosessuali ed eterosessuali non sposate, a cui venivano riconosciuti nuovi diritti per quanto riguardava ad esempio la successione, la pensione e i contratti di affitto. I DICO furono giudicati negativamente dagli attivisti per i diritti dei gay, che li ritennero troppo limitati, ma anche da molte associazioni cattoliche e dai partiti di centrodestra, che invece li giudicarono eccessivi. Ai tempi si parlò molto di una frase particolarmente infelice dell’allora presidente della CEI Angelo Bagnasco, che durante un’assemblea della diocesi di Genova disse: «Perché dire no, oggi, a forme di convivenza stabile alternative alla famiglia, ma domani alla legalizzazione dell’incesto o della pedofilia tra persone consenzienti?».

Le proteste dei cattolici contro i DICO culminarono nel Family Day indetto a Roma a piazza San Giovanni per il 12 maggio 2007: parteciparono più di 200mila persone fra cui gli allora ministri del governo di centrosinistra Clemente Mastella e Giuseppe Fioroni, oltre a Silvio Berlusconi e all’attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi (che in precedenza a Repubblica aveva detto che al Family Day ci sarebbe andato, ma solo se non avesse avuto altri impegni: «si riunirà tutto il mio mondo, dagli Scout ai Focolarini alle imprese cattoliche, insomma io ci sarò comunque, anche se solo idealmente»).

Il Family Day del 2007 riuscì nel suo intento, per così dire: il governo Prodi cadde nel gennaio 2008, quando la discussione sui DICO era già stata accantonata.

Il secondo Family Day
Una simile manifestazione chiamata “Difendiamo i nostri figli” si tenne a Roma il 20 giugno 2015 e fu chiamata informalmente Family Day, sia per la grande partecipazione di pubblico sia perché si svolse nello stesso luogo, piazza San Giovanni. La manifestazione fu organizzata da diverse associazioni di cattolici conservatori come le “Sentinelle in piedi” e il “Movimento per la vita”: parteciparono diversi politici, fra cui in particolare alcuni esponenti di Area Popolare, il gruppo che raccoglie NCD e UDC. Tra gli altri c’erano Roberto Formigoni, Gaetano Quagliariello e Maurizio Lupi. Durante la manifestazione si criticò molto il ddl Cirinnà, anche se dal punto di vista politico la protesta non riuscì a risultare efficace come quella del 2007. Gli organizzatori dissero anche che alla manifestazione erano presenti “più di un milione di persone”, una cifra ripresa da molti i giornali ma già smentita da calcoli e stime precedenti sulla grandezza della piazza.