(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Armani, per finire

Le foto della sfilata milanese del più famoso di tutti, ancora oggi che festeggia i quarant'anni di attività

Nell’ultima giornata di sfilate a Milano, lunedì 28 settembre, lo stilista Giorgio Armani ha presentato la collezione della sua prima linea. La seconda, Emporio Armani, aveva già sfilato venerdì scorso. L’evento si è tenuto come sempre al Teatro Armani, uno spazio di proprietà dell’azienda in via Bergognone, in zona Tortona a Milano. La passerella era bianca e al centro c’erano dei fiori e delle foglie stilizzati. Sedute in prima fila c’erano persone famose, molte attrici, e Sophia Loren, che è un’amica di Armani, nonché testimonial del marchio.

Solitamente Armani viene accusato dalla critica di proporre nelle varie collezioni sempre le stesse cose, soprattutto per i colori e i tagli. Questa volta però ha cambiato e oltre al solito grigio (colore che caratterizza le sue cose), ha inserito il rosso, come aveva già fatto nella sfilata di Haute Couture a Parigi lo scorso giugno. Secondo alcuni si è adattato alla tendenza generale di fare capi eccentrici e molto decorati (secondo Simone Marchetti su D «si tratta di una moda non molto diversa dal selfie-style visto su altre passerelle, una serie di abiti e accessori pensati tanto per essere eccentrici quanto per fare scalpore negli autoscatti sui social network»). Nella collezione ci sono pantaloni morbidi, i classici giacchini corti e sagomati e molti ricami. La novità però è la scelta che Armani ha fatto dell’organza, tessuto trasparente e piuttosto rigido usato per sottogiacca, gonne arricciate e pantaloni, lasciando intravedere molto il corpo: «Il mio intento è dare alle donne la cosa più semplice che chiedono: essere belle, essere sexy», ha sostenuto poi coi giornalisti.

Subito dopo la sfilata Armani ha presentato al pubblico e alla stampa il suo libro autobiografico “Giorgio Armani”, curato dalla giornalista di Vogue Suzy Menkes. Il libro è uscito perché quest’anno lo stilista ha festeggiato i quarant’anni di attività, fondando la sua azienda a Milano nel 1975, dopo aver lavorato come vetrinista per La Rinascente prima e come designer da Cerruti dopo. Il libro contiene molte fotografie e aneddoti del lavoro e della vita di Armani (un’altra raccolta di sue frasi era uscita l’anno passato). Lo scorso maggio è stato aperto accanto all’Armani Teatro anche l’Armani Silos, uno spazio espositivo ricavato dal deposito di una vecchia fabbrica, che nei mesi passati è stato spesso associato alla nuova Fondazione Prada nelle valutazioni sui nuovi interventi architettonici milanesi.

In quarant’anni di lavoro Armani ha messo assieme un patrimonio di circa 6,8 miliardi di euro e per questo è considerato il quinto uomo più ricco d’Italia. A proposito del suo ruolo nella moda italiana – di cui è stato per molto tempo il rappresentante più noto e ammirato in tutto il mondo -, sul Guardian Hannah Marriott scrive che il successo del fashion system italiano spesso viene giudicato in relazione al lavoro di Armani: «Versace, fondato nel 1978, è considerato l’opposto sexy e impertinente del suo gusto e della sua raffinatezza; l’approccio intellettuale di Prada è visto poi come un forte contrasto ad Armani e Versace. E Dolce e Gabbana non sono mai stati tanto enfants terribles come quando hanno polemizzato con lui».
«È il re, non ha niente da dimostrare», conclude Marriott.

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