Ridere di me

Annalena Benini sulle cose davvero divertenti, per tutti, a riuscirci

(Photos/Getty Images)
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Annalena Benini, giornalista del Il Foglio, è stata invitata da Stefano Bartezzaghi a parlare alla prima edizione di “Il Senso del Ridicolo”, festival italiano dedicato all’umorismo che si è tenuto a Livorno dal 25 al 27 settembre. Il suo intervento:

Quando Stefano Bartezzaghi, poco prima dell’estate, mi ha telefonato e mi ha chiesto di partecipare alla prima edizione del festival sull’umorismo, ho accettato con entusiasmo. Lui ha detto: vorrei invitarti a Livorno come relatrice, pensavo che potresti fare un intervento intitolato “Prenderla sul ridere”, una cosa sull’umorismo nella vita quotidiana. Ho risposto, con una risata un po’ stridula: ma certo, grazie, sono molto felice, e in quell’istante è iniziata l’estate più infelice della mia vita. Più che infelice, angosciata.

Non ho riso nemmeno quando mio marito è stato attaccato da una famiglia di meduse. Nemmeno quando, a cena, un amico raccontava di una notte in cui si è svegliato con la faccia deforme per un’intossicazione e non si riconosceva allo specchio e io pregavo: fa’ che nessuno dica kafkiano, e il tizio a capotavola dopo un secondo di riflessione ha detto: beh, questo è molto kafkiano. Sono entrata in uno stato di ansia e preoccupazione. Le persone con cui eravamo in vacanza in Grecia mi chiedevano che cos’hai, che cosa ti succede, perché non la prendi sul ridere, mio marito mi ha detto perfino: forse siamo in crisi ma ti prometto che cambierò, ti porterò al cinema, non ti regalerò mai più un plaid scozzese per il tuo compleanno se ti fa piangere così tanto. Io allora ho preso coraggio e gli ho detto: non è per il plaid scozzese, anche se in effetti non l’ho ancora superato, c’è il festival dell’umorismo, devo fare un intervento sul prenderla sul ridere nella vita quotidiana, sono preoccupata, sai, parlare in pubblico mi spaventa. Lui ha sbarrato gli occhi e ha detto: ma quindi devi far ridere? Ma è impossibile! Io allora mi sono alzata in piedi di scatto e gli ho detto: è vero, siamo molto in crisi, e nella rabbia credo di avergli rovesciato addosso anche cose terribili soprattutto su quel plaid scozzese (compio gli anni a fine maggio tra l’altro, nessuno usa un plaid a fine maggio a Roma, ma anche a febbraio l’avrei presa male). Abbiamo passato un’estate d’inferno, adesso che è finita posso dirlo.

Non ho riso nemmeno quando i miei figli hanno fatto l’imitazione di me che parlo in pubblico, non ho riso quando mi sono sbagliata e ho portato tutta la famiglia a Ciampino, ho fumato una sigaretta, ho controllato il biglietto e ho scoperto che il nostro aereo partiva da Fiumicino, non ho riso quando mia figlia mi ha detto che tutti i pupazzi che tiene sul letto sono il suo pubblico, non ho riso quando ho versato dieci gocce di valium direttamente in gola a una mia amica angosciata sulla scaletta dell’aereo e inciampando per via del trolley gliene ho versate per sbaglio quindici o venti e le si è impastata la lingua per tutta la durata del volo e nessuno capiva che cosa dicesse. Per fortuna, tutti gli altri hanno riso di me, in continuazione, tutto il tempo, e un amico gentile mi ha spiegato che nessuno ovviamente mi chiedeva di far ridere, ma avrei dovuto solo spiegare, visto che scrivo ogni giorno articoli che parlano di vita quotidiana, di lavastoviglie caricate male, di bollini premio del supermercato, di figli che devono fare i compiti, di gruppi whatsapp dei genitori, di uomini con il borsello, di ansia per le vacanze, di colleghi di lavoro, che cos’è per me l’umorismo delle piccole cose.

Come si fa a non prendersi sul serio (provate ad andare anche soltanto a una riunione di condominio, e noterete che si prendono tutti terribilmente sul serio: stanno salvando il mondo, o almeno il quartiere, hanno sempre ragione, sono sospettosi, irascibili, apocalittici anche mentre parlano di manutenzione dell’ascensore), a trovare il lato divertente nella faticosa vita quotidiana la parte comica, ridicola, le trascurabili infelicità, per citare uno scrittore che mi piace molto, Francesco Piccolo.

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