Gli insegnanti e le accuse di “deportazione”

Perché si discute del piano straordinario di assunzioni previsto dalla riforma della scuola, che porterà circa 15mila docenti precari a cambiare regione

L'aula di una scuola a Brescia, il primo giorno di scuola, 14 settembre 2009.
(©Lapresse)
L'aula di una scuola a Brescia, il primo giorno di scuola, 14 settembre 2009. (©Lapresse)

Il 14 agosto si è chiuso il bando per il piano straordinario di assunzioni previsto dalla riforma della scuola approvata dal Parlamento nelle scorse settimane e proposta dal governo Renzi, per cui sono arrivate oltre 71 mila domande: un piano massiccio e in controtendenza con decenni di tagli alle risorse e al personale della scuola, che il governo ha difeso e presentato come una delle misure principali introdotte con la riforma. Nel frattempo, però, sempre più insegnanti si stanno lamentando – parlando, con toni piuttosto forti, di “deportazione” – del modo in cui verranno distribuite le cattedre, che costringerà alcuni di loro a doversi spostare in un’altra regione: gran parte dei docenti precari si trova infatti nel Sud Italia, mentre le cattedre disponibili indicano che gli insegnanti servono di più al Nord. Secondo il sindacato ANIEF dovranno spostarsi dal sud al nord circa 15 mila persone, un docente su cinque.

Roberta Carlini, già giornalista del Manifesto, spiega su Internazionale come funziona il piano di assunzioni, cercando di fare chiarezza tra le critiche più o meno legittime degli insegnanti e le decisioni del governo.

Adesso si aspetta solo il tweet di Salvini contro l’invasione scolastica dei professori terroni. A tre giorni dalla chiusura delle domande per il piano straordinario di assunzioni abbinato dal governo alla riforma della scuola, è evidente nei numeri quel che era scritto nel mondo della scuola, a caratteri cubitali, da decenni: la maggior parte dei precari da assumere sta al sud, mentre gli insegnanti servono di più al nord. E non è – stavolta – colpa di Renzi.

Già monta una guerriglia retorica fatta di opposte assurdità: quella nordista contro l’arrivo dei professori del sud nei posti lombardi, veneti, liguri, piemontesi (quasi settemila solo dalla Sicilia, più di cinquemila dalla Campania), e quella sindacale contro la “deportazione” dei precari.

Sul primo punto, ha già alzato la voce Valentina Aprea, assessora lombarda all’istruzione ed ex sottosegretaria al ministero dell’istruzione (Miur) nei governi Berlusconi: il governo doveva tener conto del rapporto tra graduatorie provinciali e posti disponibili nella stessa provincia, ha detto. In sostanza, chiudere le frontiere scolastiche, privilegiando i precari autoctoni. Opposta la ricetta dei sindacati e dei vari comitati dei precari: contro la deportazione, chiedono di rivedere la disponibilità dei posti. In sostanza, assumere i precari non dove servono ma dove vivono».

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