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  • Martedì 14 luglio 2015

Il ritorno di Rajapaksa in Sri Lanka

L'uomo che ha dominato per dieci anni la politica del paese, e ha perso le ultime elezioni, ad agosto si ricandiderà come primo ministro

Mahinda Rajapaksa, il 18 maggio a Colombo, la capitale dello Sri Lanka (Ishara S.KODIKARA/AFP/Getty Images)
Mahinda Rajapaksa, il 18 maggio a Colombo, la capitale dello Sri Lanka (Ishara S.KODIKARA/AFP/Getty Images)

Mahinda Rajapaksa è l’uomo che ha dominato la politica dello Sri Lanka per dieci anni: da quando nel 2005 è stato eletto presidente fino a quando nel 2015 è terminato il suo secondo mandato e ha perso le nuove elezioni. Secondo la legge dello Sri Lanka – che è uno stato insulare a sud dell’India – il presidente è sia capo di Stato che comandante delle forze armate. Nel gennaio 2015 Rajapaksa era riuscito a ricandidarsi per un terzo mandato perché aveva modificato la legge che vietava più di due mandati presidenziali: a quelle elezioni aveva perso e aveva lasciato la guida del suo partito. A circa sei mesi da quel voto, Rajapaksa potrebbe nei prossimi mesi tornare ad avere un ruolo determinante nella politica dello Sri Lanka.

Negli anni Rajapaksa è stato allo stesso tempo molto apprezzato e criticato per aver accentrato su di sé molti poteri e per le violente e brutali repressioni con cui ha messo fine a una guerra civile che andava avanti da trent’anni. La guerra, che è terminata nel 2009, si combatteva tra lo Sri Lanka e le cosiddette Tigri Tamil (LTTE), un movimento che nel 1983 aveva iniziato una rivolta per ottenere l’indipendenza nel nord del paese. I tamil sono una popolazione che vive nel nord-est del paese e parla una lingua diversa rispetto a quella degli altri abitanti dello Sri Lanka; sono anche principalmente induisti, mentre lo Sri Lanka è in prevalenza buddista. La guerra negli anni aveva causato la morte di circa 100mila persone. Le azioni dell’esercito che hanno portato alla fine della guerra civile sono state oggetto di grandi critiche e indagini da parte del Tribunale Penale Internazionale.

Nelle elezioni del gennaio 2015 l’affluenza ha superato il 70 per cento e nonostante ci fossero 19 candidati la maggior parte dei voti è andata a due di loro: Rajapaksa – che ha preso il 47,5 per cento – e Maithripala Sirisena, un ex suo alleato e ministro. Sirisena ha ottenuto il 51,2 ed è riuscito, a sorpresa, a diventare così il nuovo presidente. Dopo l’elezione Sirisena ha promesso cambiamenti radicali entro i primi cento giorni del suo governo, comprese diverse modifiche costituzionali, lotta alla corruzione e sostegno alle fasce più povere della popolazione. Sirisena ha vinto alla guida di una coalizione supportata dai tamil, da alcuni musulmani e da alcuni singalesi, il principale gruppo etnico dello Sri Lanka (sia Sirisena che Rajapaksa sono singalesi).

I primi cento giorni di presidenza di Sirisena sono passati da parecchio e l’Economist spiega che il nuovo presidente non si è dimostrato capace di dare seguito alle sue promesse: «Fortunatamente per Rajapaksa, Sirisena ha mostrato poca autorevolezza e capacità decisionale». Sirisena ha abolito o ridistribuito alcuni dei poteri che Rajapaksa aveva accentrato su di sé, ma non ha ancora fatto molto per mantenere le sue altre promesse. L’Economist cita per esempio la reintroduzione, il 2 luglio, di pesanti pene nei confronti dei giornalisti.

Nel frattempo Rajapaksa resta molto popolare tra gli elettori della maggioranza buddista e sta aumentando le sue uscite pubbliche: «I fan si radunano davanti alla sua casa e lui visita molti templi, offre fiori alle divinità e pronuncia discorsi davanti a folle che inneggiano a lui». Nonostante abbia lasciato la guida del suo partito – anche lì è stato sostituito da Sirisena – sta facendo quella che è a tutti gli effetti una campagna elettorale.

Alcuni giorni fa Sirisena ha sciolto il Parlamento e ha indetto nuove elezioni parlamentari per il 17 agosto: in quelle elezioni si eleggerà anche il nuovo primo ministro dello Sri Lanka. La coalizione guidata da Sirisena ha dichiarato poco dopo che il candidato ideale per quella posizione sarà Rajapaksa. Sirisena ha detto poco dopo di essere disponibile a offrire “la sua benedizione e i suoi consigli” a Rajapaksa.

La situazione è quindi ambigua: la coalizione che ha sconfitto Rajapaksa candidando come presidente il suo ex alleato Sirisena ha deciso, dopo pochi mesi, di supportare di nuovo Rajapaksa come primo ministro, conservando Sirisena come presidente dello Sri Lanka. L’Economist spiega che “un risultato frammentato, in cui nessuno ottiene una rilevante maggioranza, è abbastanza probabile. E se questo dovesse succedere si ridurrebbe tutto alla capacità politica e di contrattazione tra gli esponenti di diversi partiti. Va ricordato che il combattivo passato di Rajapaksa mostra che lui è particolarmente bravo in queste cose”.