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  • Sabato 27 giugno 2015

Perché si sta protestando in Armenia

Migliaia di persone hanno manifestato contro il rincaro delle bollette energetiche, la Russia ha paura che l'Armenia diventi una nuova Ucraina

La polizia usa cannoni ad acqua per disperdere le proteste di Erevan, 23 giugno 2015 (Narek Aleksanyan/PAN Photo via AP)
La polizia usa cannoni ad acqua per disperdere le proteste di Erevan, 23 giugno 2015 (Narek Aleksanyan/PAN Photo via AP)

Aggiornamento – Sabato sera il presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan, ha annunciato la sospensione dei rincari delle tariffe dell’energia elettrica, dopo le proteste che sono andate avanti per sei giorni consecutivi a Erevan, la capitale armena.

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Venerdì oltre 9 mila persone hanno manifestato per il sesto giorno consecutivo a Erevan, capitale dell’Armenia, contro l’aumento delle tariffe dell’energia elettrica per cui da agosto è previsto un incremento dal 16 al 22 per cento: si tratta del terzo incremento in meno di due anni. Le manifestazioni sono continuate nella notte fino a sabato mattina. La rete elettrica armena è di proprietà della società russa Inter Rao, secondo cui l’aumento dei prezzi è necessario a causa della perdita di valore della moneta armena, il dram. L’Armenia si trova in una situazione piuttosto complicata: sta subendo le conseguenze dell’indebolimento del rublo e della crisi economica della Russia che è anche il suo primo partner commerciale. La disoccupazione ha raggiunto il 20 per cento, quando fino al 2014 era intorno al 17 per cento.

Le proteste, dall’inizio
Le proteste sono iniziate lo scorso 19 giugno a Erevan, quando un gruppo di giovani manifestanti ha marciato verso la residenza del presidente Serzh Sargsyan gridando lo slogan “No al saccheggio”. Diversi analisti scrivono che alla base delle proteste c’è l’aumento del prezzo dell’energia elettrica ma soprattutto un malcontento diffuso legato a bassi salari, disoccupazione e corruzione. Martedì 23 giugno ci sono stati violenti scontri tra manifestanti e polizia, che ha usato cannoni ad acqua e manganelli per disperdere la folla: 25 persone sono rimaste ferite e ci sono stati 237 arresti. Da allora le manifestazioni sono diventati ancora più grandi: partecipano soprattutto giovani che dicono di essere attivisti non affiliati ad alcun partito politico.

Il governo armeno ha fatto sapere attraverso il primo ministro Hovik Abrahamyan che, nonostante le proteste, non interverrà per bloccare l’aumento delle tariffe dell’energia.

L’Armenia, che cos’è
La Repubblica di Armenia è un piccolo paese dell’Asia occidentale abitato da circa 3,2 milioni di persone che confina a nord con la Georgia, a est e sud-est con l’Azerbaigian, a sud con l’Iran e a ovest con la Turchia. Il territorio dell’Armenia non ha sbocchi sul mare. In realtà quella che oggi chiamiamo Repubblica d’Armenia è solo una parte di ciò che fu l’Armenia storica, che era estesa su un territorio circa cinque volte più grande di quello attuale (una parte dell’Armenia entrò a far parte della Turchia). Tra le altre cose, l’Armenia fu il primo paese al mondo a riconoscere la religione cristiana come religione di Stato, nel 301. Oggi quando si parla di Armenia si fa spesso riferimento allo sterminio sistematico degli armeni del 1915, tema su cui ci sono ancora forti tensioni con la Turchia.

L’Armenia fu proclamata repubblica sovietica nel 1920, nel 1922 venne unita alla Georgia e all’Azerbaigian per formare la Repubblica federativa socialista sovietica della Transcaucasia, divisa nel 1930 nelle tre repubbliche di Armenia, Azerbaigian e Georgia, riconosciute membri dell’URSS. L’Armenia dichiarò la sua indipendenza dall’Unione Sovietica il 21 settembre 1991, anno in cui fu eletto presidente Levon Ter Petrosian del Movimento nazionale panarmeno. Durante la presidenza di Petrosian, tra il 1992 e il 1994, si svolse la guerra per il Nagorno-Karabakh, una regione vasta circa 11mila chilometri quadrati che ha proclamato la sua indipendenza all’inizio degli anni Novanta e che da molti anni è contesa tra Armenia e Azerbaijan.

La guerra azero-armena è finita con una tregua, comunque piuttosto precaria, che è stata violata e rinnovata diverse volte. Nel settembre del 2014 ci sono stati nuovi scontri tra gli eserciti dei due paesi per il controllo del Nagorno-Karabakh, i più gravi dal 1994. Ancora oggi l’Armenia controlla circa il 20 per cento del territorio dell’Azerbaijan, tra cui la maggior parte del Nagorno-Karabakh e parecchie altre regioni lì vicino. Ma è ancora pesantemente condizionata dalla Russia: il governo russo è il garante della sicurezza del paese contro l’Azerbaigian e l’esercito russo controlla in pratica le difese aeree armene oltre che alcune delle infrastrutture e società chiave del paese, come quella della distribuzione dell’energia.

(Sapete della guerra nel Nagorno-Karabakh?)

La Russia e l’Armenia
Nel 2001 l’Armenia è diventata membro a pieno titolo del Consiglio d’Europa. Ter Petrosian si era già dimesso e al suo posto era stato eletto Robert Kocharian, vicino alle forze nazionaliste più intransigenti. Tuttavia, alle elezioni parlamentari dell’aprile 1999, le opposizioni si coalizzarono, vinsero e ottennero le cariche di presidente dell’assemblea e di primo ministro. Il 27 ottobre del 1999 il primo ministro venne assassinato: seguì un periodo di grave instabilità politica dal quale l’Armenia uscì il 5 marzo del 2003 con la rielezione al secondo turno di Robert Kocharian. Nel 2008 le elezioni per eleggere il successore di Kocharian – che dopo due mandati consecutivi non poteva più ricandidarsi – furono vinte dal premier Serzh Sargsyan, del Partito repubblicano e molto vicino al presidente uscente. Nel maggio del 2012 il Partito repubblicano aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi e alle votazioni presidenziali del febbraio 2013 Sargsyan era stato confermato per un secondo mandato con una percentuale di preferenze vicina al 60 per cento.

Per via delle molte relazioni economiche e militari, l’Armenia può essere considerata un paese alleato della Russia. Il governo armeno presieduto da Sargsyan, per esempio, ha abbandonato l’idea di firmare un accordo di partnership con l’Unione Europea per avvicinarsi all’Unione economica eurasiatica e alla Russia. Diversi giornali, soprattutto russi, paragonano le proteste di questi ultimi giorni in Armenia alla situazione dell’Ucraina, sostenendo che il presidente Sargsyan si è comportato come l’ex presidente ucraino filo-russo Viktor Yanukovych cercando di trasformare la situazione dell’Armenia in una contesa tra Russia e Stati Uniti.

Il portavoce del governo russo, Dmitri Peskov, ha detto che «la situazione armena è seguita con molta attenzione» dalla Russia. Diversi media russi e politici hanno accusato gli Stati Uniti di essere dietro alle proteste. Le manifestazioni di questi giorni sono state rinominate dai media russi “elettro-Maidan”, un riferimento alle manifestazioni che nel 2014 cominciarono in Ucraina prendendo il nome della piazza centrale di Kiev. «L’Ambasciata degli Stati Uniti è attivamente coinvolta negli eventi in Erevan ed è una delle più importanti missioni statunitensi all’estero» ha detto ad esempio Igor Morozov, membro del Consiglio della Federazione Russa. «Centinaia di Ong straniere operano in Armenia e cercano di influenzare l’opinione pubblica, spingendola verso una scelta filo-occidentale», ha aggiunto Konstantin Kosachev, presidente della commissione affari esteri del Consiglio russo.

Diversi analisti sulla stampa occidentale sostengono però che questa interpretazione sia funzionale alla retorica russa e alle politiche che il presidente russo Vladimir Putin usa nelle ex repubbliche sovietiche. In questi paesi Putin è accusato di voler ricreare un “impero russo” e di limitare allo stesso tempo l’influenza delle organizzazioni occidentali come Nato e Unione Europea. Uno dei mezzi con cui Putin cerca di raggiungere questi obiettivi, secondo i suoi critici, è accusare l’Occidente di creare instabilità politica e poi rimediare a quella stessa instabilità rafforzando il suo controllo sul paese che desidera riportare nell’orbita russa.