La moschea nella chiesa a Venezia

È un'installazione per la Biennale d'Arte, ma dopo le proteste dei cittadini e del patriarcato è stata chiusa dal Comune di Venezia

Aggiornamento del 22 maggio: la moschea è stata chiusa, per delle irregolarità nei documenti presentati dall’artista Christoph Büchel, che  – secondo il Comune di Venezia – non aveva specificato l’uso che intendeva fare dell’installazione.

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In occasione della 56esima Biennale d’Arte di Venezia, l’artista Christoph Büchel ha riadattato l’edificio di una vecchia chiesa per renderlo un luogo temporaneo di preghiera per i fedeli mussulmani. Alcuni cittadini hanno protestato trovando l’iniziativa offensiva, il patriarcato di Venezia ha detto che mancano le autorizzazioni per usare una chiesa per scopi diversi dal culto cattolico e il Comune ha imposto la chiusura della moschea in attesa dei documenti mancanti (tecnicamente il padiglione è ancora accessibile, ma non può essere usato come moschea). La storia è raccontata da Francesco Furlan su Repubblica: spiega che la chiesa è di proprietà privata da diverse decine di anni e non viene utilizzata come luogo di culto cattolico dal 1969 e che il problema di trovare una moschea per i mussulmani che vivono nella zona di Venezia – circa 20mila – va avanti da diversi anni.

Inginocchiati a pregare Allah, dentro una chiesa. È diventato un caso che sta interrogando la città il padiglione islandese della 56esima Biennale d’arte di Venezia. Nel sestiere di Cannaregio l’artista svizzero-islandese Christoph Büchel, noto per le sue provocazioni politiche, ha affittato la chiesa di Santa Maria della Misericordia — di proprietà privata dal 1973, inutilizzata dal 1969 — trasformandola in una vera e propria moschea. Per entrare bisogna togliersi le scarpe e riporle nell’armadietto, le donne sono invitate a coprire il capo: all’interno c’è il mihrab, l’abside che indica la direzione della Mecca, ci sono i tappeti per la preghiera, e drappi a coprire i mosaici della croce sostituiti dai versetti del Corano.
L’allestimento è frutto della collaborazione con la comunità islamica della città, cui è affidata la gestione del padiglione-moschea per i prossimi sette mesi. Tra Venezia e Mestre ci sono ventimila musulmani privi di un luogo di preghiera degno di questo nome, nonostante le tante richieste di questi anni, e i soldi a disposizione. L’imam Hamad Mahamed che fino all’altro giorno era costretto e recitare i suoi sermoni in un vecchio capannone industriale di Marghera da due giorni è nella chiesa-moschea di Santa Maria della Misericordia. Con lui, molti fedeli. «Non vogliamo provocare nessuno », spiega il presidente della comunità islamica veneziana Mohamed Amin Al Ahdab, siriano da 30 anni in laguna, «ma questo è anche un modo per mettere alla prova e sensibilizzare la città. Un gesto d’arte, all’insegna del dialogo, di cui anche le preghiere fanno parte. Una moschea provvisoria, che chiuderà come una tenda con la fine della Biennale, ma sarà servita al confronto. Venerdì prossimo ad esempio, giorno di preghiera, sarà un imam islandese a tenere il sermone. E lo farà in inglese».
La reazione del patriarcato, in una città simbolo del confronto religioso, è stata però netta.

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Alcune foto dell’installazione, dal profilo Twitter del New York Times

foto: Chiesa dell’abbazia della Misericordia e la Scuola vecchia della Misericordia
di Didier Descouens | Wikimedia