• Media
  • Venerdì 6 febbraio 2015

Vincenzo Iaquinta e le indagini sulla ‘ndrangheta

Un editoriale del Foglio contro il giornalismo del "spunta il nome di...", che ha toccato ora un famoso ex calciatore della Juventus

Juventus' forward Fabio Quagliarella (front) is embraced by Juventus' forward Vincenzo Iaquinta (back) as they celebrate after scoring during Italian serie A football match between Chievo and Juventus, on December 19 2010, at Marc'Antonio Bentegodi stadium in Verona. AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI (Photo credit should read ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)
Juventus' forward Fabio Quagliarella (front) is embraced by Juventus' forward Vincenzo Iaquinta (back) as they celebrate after scoring during Italian serie A football match between Chievo and Juventus, on December 19 2010, at Marc'Antonio Bentegodi stadium in Verona. AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI (Photo credit should read ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)

Negli scorsi giorni sono state pubblicate alcune notizie sull’ex giocatore della Juventus e della Nazionale Vincenzo Iaquinta, che ha 35 anni e ha smesso di giocare nel 2013. Diversi giornali hanno scritto che Iaquinta è coinvolto in un’indagine della Procura di Bologna su un giro di ‘ndrangheta nell’Emilia Romagna (Iaquinta però non risulta indagato, stando a Repubblica). Avrebbe partecipato ad alcune cene con ‘ndranghetisti e la sua casa nei pressi di Reggio Emilia sarebbe stata perquisita perché due pistole registrate a suo nome sono state trovate a casa del padre, che invece non dispone di una licenza e che è stato arrestato (assieme ad altre 116 persone).

Un editoriale di Claudio Cerasa sul Foglio critica la scelta dei giornali di riprendere la notizia, sia perché la posizione di Iaquinta non è ancora chiara, sia perché secondo il Foglio si tratta dello «stesso giochino giornalistico» che mettono in pratica alcuni magistrati per dare risalto mediatico a una certa inchiesta: «si introduce un magnifico “bignè” [cioè una notizia appetibile] da offrire gentilmente ai giornalisti per rendere contenti i direttori, offrire un titolo ai caporedattori e dare la possibilità all’indagine di avere una sua forza, appunto, anche giornalistica». Il giornalismo dello “spunta il nome di…”.

Spunta. E’ sempre la stessa storia, la stessa formula, lo stesso giochino giornalistico, lo stesso trucchetto giudiziario: ogni volta che c’è un’inchiesta condotta da magistrati che sperano di poter avere dalla propria inchiesta un certo riscontro mediatico succede sempre che all’interno di quell’inchiesta si introduce un magnifico bignè da offrire gentilmente ai giornalisti per rendere contenti i direttori, offrire un titolo ai caporedattori e dare la possibilità all’indagine di avere una sua forza, appunto, anche giornalistica. Spunta.

Il papà di Iaquinta è uno dei 117 arrestati nell’ambito di un’operazione della Dda di Bologna contro la ’ndrangheta nel nord Italia e la storia che riguarda il figlio ha due lati importanti: da un lato l’indagine e dall’altro il bignè. Iaquinta è indagato per una questione legata al possesso di due pistole che il papà aveva intestato al figlio (armi che sarebbero state regolarmente detenute dall’ex calciatore, ma considerando il fatto che il papà, in seguito a un divieto, non poteva averle in casa, il calciatore risponde oggi del reato di – tenetevi forte – concorso in detenzione abusiva).

(Continua a leggere sul sito del Foglio)

foto: ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images