Si può disegnare Maometto secondo l’islam?

Oggi è vietato in molti paesi musulmani - e si è visto con le proteste di questi giorni - ma in passato non è sempre stato così

Da circa una settimana, cioè da dopo l’attacco terroristico alla sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo a Parigi, si è cominciato a discutere in tutto il mondo di libertà di espressione e rispetto per le religioni: una delle questioni di cui si è parlato di più è stata l’opportunità di raffigurare Maometto, il fondatore dell’islam. Molti musulmani considerano infatti le rappresentazioni di Maometto una grande offesa alla loro religione, ma non è sempre stato così. Fino a poco più di un secolo fa, gli artisti musulmani dipingevano immagini di Maometto senza per questo rischiare la vita. Negli ultimi giorni la situazione è diventata ancora più tesa quando è stato presentato il nuovo numero di Charlie Hebdo con Maometto proprio sulla copertina. In diversi paesi del mondo musulmano ci sono state manifestazioni e proteste: decine di persone sono rimaste ferite e quattro sono state uccise, in Niger.

Non disegnare esseri viventi
Nel Corano, il testo sacro dell’islam, non esiste alcun esplicito divieto di rappresentare Maometto, ma negli hadith, i “racconti” della vita del profeta raccolti e messi per iscritto molti anni dopo la morte di Maometto, esiste il divieto di raffigurare qualsiasi creatura vivente. Altri hadith non vietano esplicitamente le rappresentazioni, ma non le incoraggiano nemmeno. Questi divieti avevano probabilmente origine nella necessità dei primi musulmani di cancellare i culti precedenti praticati dagli abitanti di quella che è oggi l’Arabia Saudita: vietare le immagini, infatti, significava vietare gli idoli adorati da quelli che venivano considerati “pagani”. Il Corano proibisce categoricamente l’idolatria.

In quasi tutte le prime tracce di arte islamica queste proibizioni sono applicate con severità e nessuna moschea antica o moderna esistono raffigurazioni di esseri viventi. Per via di questo divieto, l’arte islamica si specializzò nei disegni geometrici ed astratti e nella calligrafia, tutte tecniche che non richiedono la rappresentazione di creature viventi. Le incisioni sui soffitti dell’Alhambra, un palazzo costruito a Granada (Spagna) durante la dominazione musulmana, e sulle pareti della Cappella Palatina di Palermo, realizzato da artigiani musulmani, sono alcuni bellissimi esempi di questo genere di arte geometrica.

Non si trattava però di un divieto a cui era impossibile sottrarsi. Spesso, per la forma in cui sono scritti, gli hadith vengono interpretati dagli studiosi musulmani: varie scuole di pensiero nel corso della storia hanno dato diverse interpretazioni alla proibizione di raffigurare creature viventi. Già nei primi secoli della storia islamica, alcuni artisti scolpivano per i palazzi dei regnanti arabi bassorilievi su cui erano raffigurate piante, animali e creature mitiche. Nella cattedrale di Pisa è possibile tuttora vedere un enorme grifone di bronzo, realizzato nella Spagna musulmana. Con il passare dei secoli, il divieto di raffigurare creature viventi si è affievolito in quasi tutto il mondo islamico. Con l’arrivo dei nuovi mezzi tecnologici, come le fotografie e la televisione, anche alcuni dei più estremisti hanno accettato le nuove forme di rappresentazione degli esseri viventi. Persino i membri dello Stato Islamico – il gruppo estremista che occupa un ampio territorio tra Siria e Iraq – non hanno problemi a farsi fotografare e riprendere.

Anche in anni recenti, tuttavia, diversi gruppi estremisti sono rimasti contrari ad ogni forma di rappresentazione degli esseri viventi. Negli anni Sessanta e Settanta in Arabia Saudita molti estremisti delle scuole wahabite si opposero all’introduzione di documenti con una fotografia che identificasse la persona e di ritratti del re sulle banconote. Un gruppo di fanatici compì quello che è tuttora il più grave attentato nella storia del paese: l’assalto alla Grande Moschea della Mecca, nel 1979. Nel 2001, in Afghanistan, i talebani distrussero due enormi statue di Buddha, oltre ad aver vietato la televisione in tutto il paese.

E Maometto?
Se nel medioevo era possibile trasgredire la regola e rappresentare esseri viventi, disegnare Maometto era tutto un altro discorso. I divieti presenti negli hadith vennero interpretati dai vari teologi come particolarmente stringenti nei confronti delle rappresentazioni di Dio, di Maometto e dei suoi familiari. Il perché è abbastanza evidente: nella religione musulmana Maometto non è una creatura divina, ma soltanto il profeta di Dio. Rappresentarlo figurativamente, secondo i teologi, metteva i fedeli doppiamente a rischio di adorare qualcuno che non fosse Dio. Le rappresentazioni di Maometto sono completamente assenti da moschee e altri luoghi di culto pubblici. Ma anche questo divieto, un tempo, era piuttosto flessibile (come ha raccontato anche il Guardian in un lungo articolo).

Una delle prime rappresentazioni di Maometto giunte fino a noi appartiene a un manoscritto persiano del tredicesimo secolo. Si tratta di un oggetto di lusso che probabilmente era riservato alla lettura privata e alla meditazione di qualche principe. Nei secoli successivi vennero realizzati molti altri oggetti per uso privato in cui era ritratto il profeta Maometto, come piccole icone, ma soprattutto splendidi codici miniati (qui si può vederne una raccolta). Spesso si trattava di libri a soggetto religioso, come ad esempio raccolte di hadith. I maestri di questa arte erano quasi tutti turchi e persiani, due popolazioni che si convertirono tardi all’islam e che, secondo molti storici, per diversi secoli praticarono una versione meno severa e ortodossa della religione musulmana. Questa tradizione, in qualche misura, persiste ancora oggi. In particolare per gli sciiti, una delle due principali denominazioni in cui è diviso l’islam, rappresentare Maometto non è affatto un problema, purché sia fatto in modo rispettoso. In Iran, un paese a maggioranza sciita, è possibile acquistare cartoline e altri piccoli oggetti devozionali che raffigurano Maometto (nel 2008 a Teheran è comparso sulla facciata di un palazzo un enorme murales che raffigura l’ascensione in cielo di Maometto).

È possibile che esistesse anche una tradizione araba di rappresentazioni di Maometto precedente a quella turca e persiana, ma nel Tredicesimo secolo gli eserciti mongoli di Genghis Khan rasero al suolo Baghdad, allora capitale dell’impero arabo, e distrussero la sua biblioteca. Probabilmente non sapremo mai cosa contenevano i codici realizzati dagli amanuensi arabi prima di quegli anni. Di sicuro a partire dal Diciannovesimo secolo questa libertà è quasi completamente scomparsa in tutto il mondo musulmano sunnita. Scuole di pensiero più ortodosse e rigide, nate in Egitto e in Arabia Saudita, hanno infatti diffuso un’interpretazione molto più severa della religione islamica rispetto a quella del passato.