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  • Domenica 5 ottobre 2014

I guai di Nauru

Una disputa legale con una società di credito ha aggravato i problemi della più piccola repubblica del mondo, un tempo ricchissima e oggi in piena crisi finanziaria

Nei giorni scorsi il ministro delle Finanze dell’isola di Nauru ha detto che a causa di una grave crisi economica il governo potrebbe presto non essere più in grado di garantire i servizi per i circa 10 mila abitanti dell’isola, e gli stipendi per i funzionari pubblici. Nauru è la più piccola repubblica indipendente al mondo: si trova a circa 4.500 chilometri dall’Australia, nell’oceano Pacifico meridionale, e ha una superficie di 21 chilometri quadrati. È in crisi economica da quando, all’inizio degli anni 2000, ha dovuto rinunciare alla legislazione che l’aveva resa un paradiso fiscale e uno dei paesi più ricchi al mondo negli anni Sessanta e Settanta.

La crisi si è aggravata nelle ultime settimane, dopo che al ministero delle Finanze di Nauru era stato impedito l’accesso al credito conservato dal governo sui conti australiani (Westpac Bank, con sede centrale a Sydney). In pratica, la società di investimento statunitense Firebird Global Master Fund, sostenendo di essere creditrice di circa 20,8 milioni di euro con il governo di Nauru, aveva ottenuto dalla Corte Suprema del Nuovo Galles del Sud, a Sydney, il congelamento dei conti bancari del governo di Nauru in Australia. Il credito di Firebird fa riferimento ad alcuni bond governativi di Nauru posseduti da Firebird fin dalla fine degli anni Ottanta, quotati in borsa in Giappone e poi finiti in default. Venerdì 3 ottobre un giudice della corte suprema ha confermato l’“immunità sovrana” vigente su quei conti bancari, tesi sostenuta dal governo di Nauru, e ha dato a Firebird una settimana di tempo per ricorrere in appello.

nauru Questa recente disputa legale ha riportato l’attenzione sulla grave crisi finanziaria che Nauru attraversa da diversi anni, e che di fatto ha determinato la disputa stessa con la società creditrice statunitense. Nauru, che ottenne l’indipendenza dall’Australia nel 1968, divenne uno dei paesi più ricchi al mondo a partire dagli anni Sessanta, principalmente per effetto dell’aumento della richiesta mondiale di fosfato, una sostanza impiegata nella produzione di fertilizzanti e presente in grandissime quantità nei giacimenti del paese. Il grande sfruttamento minerario del territorio portò poi a un impoverimento verso la fine degli anni Ottanta: il governo si ritrovò largamente indebitato, dopo che per quasi due decenni la Repubblica aveva goduto di uno dei più elevati redditi pro capite al mondo (oggi circa un terzo della popolazione non ha lavoro).

Ai guai finanziari si sono aggiunti problemi di ordine pubblico e sociale. A Nauru esiste dal 2001 un centro di detenzione gestito dal governo australiano, che può ospitare fino a 616 persone e in cui si trovano in gran parte rifugiati e migranti che hanno fatto richiesta di asilo politico (iraniani, tamil dello Sri Lanka, iracheni e pakistani, principalmente). A luglio dell’anno scorso c’erano stati scontri e disordini nel centro dopo che la polizia – insieme ai residenti dell’isola, armati di machete – era intervenuta per far cessare una rivolta. La settimana scorsa il governo australiano ha aperto un’inchiesta riguardo presunti abusi sessuali su alcune donne e bambini ospiti del centro.

Per gli incidenti frequenti e per il tipo di gestione della struttura, in passato Amnesty International ha definito quel centro di detenzione «una catastrofe umanitaria». Fu lo stesso governo australiano a incaricarsi della sua costruzione nel 2001, delegandone però la gestione al governo di Nauru in cambio di circa 15 milioni di euro di aiuti allo sviluppo dell’isola.

Foto: TORSTEN BLACKWOOD/AFP/Getty Images