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  • Martedì 30 settembre 2014

La guerra raccontata con i disegni

Richard Johnson fa l'illustratore di guerra per il Washington Post: viaggia con i soldati, disegna durante i combattimenti e ha molte storie

Afghanistan, in parole e disegni: smantellare un cannone. (2014, Washington Post illustration by Richard Johnson)
Afghanistan, in parole e disegni: smantellare un cannone. (2014, Washington Post illustration by Richard Johnson)

Richard Johnson è un disegnatore di origini scozzesi: negli ultimi dieci anni ha raccontato con le sue illustrazioni la guerra in Iraq e quella in Afghanistan come inviato per alcuni importanti giornali americani. L’idea di disegnare la guerra gli venne nel 2003, quando lavorava per il Detroit Free Press, uno dei più importanti quotidiani di Detroit. Johnson ha spiegato che i giornali sapevano che dovevano inventarsi qualcosa di nuovo per farsi notare nel racconto della guerra in Iraq, estesamente coperta e documentata dai media di tutto il mondo. Propose quindi al giornale di mandarlo in Iraq come illustratore: partì nel giugno del 2003 e seguì il conflitto al seguito dei Marines americani.

Negli anni successivi Johnson ha lavorato per il National Post, un importante giornale canadese, come inviato in Afghanistan (nel 2007 e nel 2011), vivendo assieme alle truppe americane e canadesi. Ha lavorato anche per l’ONU come illustratore, fotografo e videomaker in Africa, e i suoi disegni sulla guerra in Iraq e in Afghanistan sono conservati allo Smithsonian Museum of Armed Forces History, a Washington, e allo United States Marine Corps Museum, in Virginia. Attualmente è Senior Graphic Editor del Washington Post.

Johnson dice che con i suoi disegni vuole spostare l’attenzione dei lettori su storie che diversamente non leggerebbero, e su temi spesso poco trattati dai giornali. Jennifer Locke Jones, il direttore dello Smithsonian Museum of Armed Forces History, ha spiegato che Johnson non ritocca o abbellisce i suoi disegni, ma disegna direttamente sul campo, con un’immediatezza e un’autenticità che manca negli altri illustratori di guerra. Johnson cerca attraverso i suoi disegni di costruire una connessione con i lettori, una cosa più difficile da fare, secondo lui, con la fotografia. Cerca anche, con i disegni, di sezionare i soggetti e di riprodurli in un modo che il lettore possa capire più facilmente.

Un mese fa Johnson ha seguito gli addestramenti dei Marines nella base di Quantico, in Virginia, per insegnare al colonnello Craig Streeter alcune cose su come si fa l’illustratore di guerra (Streeter da poco è diventato un disegnatore ufficiale del corpo dei Marines). Johnson ha raccontato com’è disegnare i soldati durante un addestramento pratico, in cui vengono sparati colpi di artiglieria e di arma da fuoco: bisogna riuscire a tenersi fuori dai piedi dei soldati, ma contemporaneamente essere coinvolti nell’azione. Si disegnano schizzi molto velocemente, perché i soldati si spostano di continuo, e bisogna riuscire a concentrarsi mentre i proiettili ti passano sopra la testa. Non c’è tempo per pensare due volte a cosa fare, né per disegnare due volte la stessa linea. Johnson ha spiegato di aver disegnato una volta un tenente probabilmente in otto minuti. È importante anche prendere dimestichezza con l’equipaggiamento dei Marines, dice Johnson: per lui è necessario capire cosa sta disegnando, per farlo bene.

In un suo recente reportage, Johnson ha raccontato il suo primo giorno alla Forward Operating Base Lightning, una base americana nella provincia di Paktia, in Afghanistan. Johnson doveva disegnare qualche soldato che indossasse uno Stetson, il tipico cappello dei reggimenti di cavalleria dell’esercito americano (quello indossato da Robert Duvall nel film Apocalypse Now, per intenderci). Cercava un ufficiale in stile Clint Eastwood e scelse il sergente Roger Heinze, veterano di diverse guerre con 25 anni di servizio nell’esercito. Mentre parlavano, Heinze ha detto a Johnson: «Oggi abbiamo perso un uomo». Poi gli ha spiegato che quella notte sarebbe andato a una cerimonia di commemorazione all’aeroporto di Bagram, prima che la bara del soldato fosse trasportata negli Stati Uniti. Johnson ha chiesto se poteva andarci con lui, e dopo quaranta minuti era a bordo di un elicottero diretto prima a Ghazni, e poi a Bagram. Sull’elicottero ha fatto un altro disegno di Heinze: Johnson ha spiegato che non voleva necessariamente dargli un’aria pensosa, ma comunque il risultato è stato un ritratto abbastanza malinconico. A Ghazni, il colonnello Chris Hockenberry ha raccontato a Heinze com’era morto Brian Arsenault, uno Specialist (un sottoufficiale dell’esercito americano) del Primo Battaglione del 504esimo Reggimento. Arsenault era in missione con il Terzo Reggimento Cavalleria per cercare dei ribelli in alcuni villaggi vicino a Ghazni: anche se i soldati americani non sono più impegnati in combattimenti diretti con i talebani, svolgono ancora missioni di perlustrazione e messa in sicurezza nei territori delle loro basi. Al termine della missione, mentre i soldati stavano lasciando l’area a piedi erano rimasti coinvolti in uno scontro a fuoco e Arsenault era stato ucciso: aveva 28 anni, era un paracadutista della famosa 82esima divisione aviotrasportata, e la sua missione in Afghanistan doveva terminare a fine novembre. Durate il volo da Ghazni a Bagram, Johnson ha ritratto lo Staff Sergeant Brian Arbucklee, portabandiera dell’esercito diretto a Bagram per reggere la bandiera del reggimento durante la cerimonia.

Gli elicotteri sono arrivati a Bagram quando ormai era già buio. Le cerimonie commemorative sulle piste degli aeroporti si svolgono quasi sempre di notte, in orari diversi, per precauzione: partecipano centinaia di soldati, e sarebbero un obiettivo ideale per un attacco dei talebani. Il portabandiera Arbucklee ha detto a Johnson di considerare queste cerimonie molto importanti, specialmente quando muore un soldato che si conosceva personalmente: reggere la bandiera però può essere snervante, ha detto a Johnson, perché non vuole «fare casini». Alla cerimonia non erano permesse fotografie, e Johnson ha spiegato di aver lasciato la rampa con l’immagine di Arbucklee in testa. Johnson ha finito il ritratto di Arbucklee sul volo di ritorno, con tutte le difficoltà che comporta disegnare su un elicottero, mentre tutto si muove e bisogna trovare una superficie liscia su cui appoggiare il foglio per disegnare le linee più lunghe.

Durante il viaggio di ritorno si sono fermati di nuovo a Ghazni per parlare ai commilitoni della morte di Arsenault e dell’importanza della loro missione in Afghanistan. Johnson ha spiegato che le illustrazioni non sono venute molto bene, perché mentre disegnava si sentiva un intruso. L’ultimo a parlare ai commilitoni di Arsenault è stato Heinze:

Non sono uno psichiatra, né un cappellano, sono solo uno che ha vissuto 46 anni, ed è passato attraverso quello a cui siete passati voi. Ho perso molto soldati, e ho visto la vita scivolare via mentre la tenevo nelle mani. Ma ci sono delle persone cattive là fuori che ci vogliono tutti morti. E voi dovete fare quello per cui siete stati addestrati, dovete prendere quel dannato fucile e sparare a quei nemici fanatici. Poi potremo andarcene tutti a casa.