• Mondo
  • Sabato 27 settembre 2014

Com’è un campo di lavoro nordcoreano

Lo spiega un americano che ci deve passare i prossimi sei anni, in una breve intervista concessa ad Associated Press dal governo della Corea del Nord

Miller durante la breve intervista con Associated Press (AP Photo/APTN)
Miller durante la breve intervista con Associated Press (AP Photo/APTN)

L’agenzia di stampa internazionale Associated Press ha diffuso un filmato in cui mostra il 24enne americano Matthew Miller, condannato due settimane fa a sei anni di lavori forzati in Corea del Nord per avere violato le leggi sul turismo del paese, mentre telefona alla famiglia da un albergo di Pyongyang e parla brevemente con un giornalista, raccontando anche in che modo passa le giornate in carcere. Il video risale a mercoledì 24 settembre ed è la prima apparizione pubblica di Miller dal giorno della condanna (la notizia della condanna era circolata molto anche a causa delle circostanze poco chiare in cui era avvenuto l’arresto). Associated Press spiega di essere stata invitata a raccontare e filmare la telefonata di Miller da alcuni ufficiali governativi nordcoreani. Naturalmente, tutto è avvenuto sotto la stretta sorveglianza di alcuni poliziotti.

Nel video Miller indossa una tuta da carcerato grigio scuro – su cui all’altezza del petto è appeso un cartellino col numero “107” – e porta i capelli rasati. Ad Associated Press racconta di essere «in buona salute, senza malattie o ferite» e che per il momento la sua giornata è composta fondamentalmente da «otto ore di lavoro al giorno: perlopiù agricolo, passate a scavare in giro». Miller aggiunge che «oltre a questo, rimango isolato e non posso avere contatti con altre persone».

Racconta CNN che Miller era entrato nel paese in aprile grazie a un viaggio organizzato dell’agenzia turistica statunitense Uri Tours: dopo essere entrato nel paese aveva strappato il suo visto e chiesto asilo politico al governo della Corea del Nord. A quel punto però, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa governativa nordcoreana, è stato accusato di fare parte di un piano organizzato dagli Stati Uniti con l’obiettivo di infiltrarsi nelle prigioni nordcoreane e documentarne le violazioni dei diritti umani. Il processo, come quasi sempre accade in Corea del Nord, è stato poco più di una formalità. Miller è stato costretto in precedenza a firmare una confessione della sua colpevolezza e ha potuto solamente appellarsi alla clemenza della corte. All’inizio di settembre, prima del processo, Miller era stato brevemente intervistato da CNN, che gli aveva chiesto conto del motivo della ricerca di asilo politico in Corea del Nord, senza ricevere una risposta: Miller disse di averlo già spiegato agli investigatori del suo caso.

Nell’occasione della telefonata filmata da Associated Press, Miller ha anche consegnato all’agenzia alcune lettere indirizzate a politici statunitensi – fra cui il segretario di stato John Kerry e la moglie del presidente degli Stati Uniti Michelle Obama – in cui cerca sostanzialmente di richiamare l’attenzione sul proprio caso. In particolare, nella lettera a Kerry scrive di sperare che «qualcuno si interessi al mio caso e riesca a tirarmi fuori di qui».

Sebbene non sia chiaro dove sia detenuto Miller, gli oppositori politici del regime che non vengono condannati a morte vengono solitamente rinchiusi nei cosiddetti kwan-li-so, i campi di concentramento e di lavoro. Negli scorsi anni sono emerse testimonianze molto dettagliate e cruente riguardo la situazione di questi campi in Corea del Nord, un paese governato dal 1948 da una dittatura a orientamento socialista. Da anni le associazioni umanitarie denunciano sistematiche violazioni dei diritti umani nei confronti di persone spesso condannate con processi sommari: nel 2011 Amnesty International raccolse la testimonianza di un ex detenuto del campo di Yodok, dove sono tenuti prigionieri alcuni presunti dissidenti politici: l’uomo raccontava fra le altre cose che era costretto a lavorare per più di dieci ore al giorno, nutrito con scarsissime razioni di cibo e a volte obbligato a seppellire i corpi di altri detenuti morti durante la prigionia.

Attualmente, oltre a Miller, sono detenuti in Corea del Nord altri due cittadini americani: Jeffrey Fowle, 56enne originario di Miamisburg, in Ohio, è stato arrestato lo scorso maggio con l’accusa di aver lasciato una Bibbia in un bagno di un locale a Chongjin, nel nord est del paese (fare propaganda al Cristianesimo è considerato un reato in Corea del Nord). Il terzo americano, Kenneth Bae, è stato condannato nell’aprile del 2013 a 15 anni di carcere ed ora è costretto a lavorare otto ore al giorno, sei giorni a settimana. Bae, una guida turistica e un missionario, è stato condannato per aver “complottato contro il governo”.