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  • Giovedì 31 luglio 2014

Israele sta massacrando centinaia di civili

Qualunque altra lettura di quello che sta succedendo a Gaza adesso è pretestuosa

A Palestinian child, wounded in an Israeli strike on a compound housing a UN school in Jabalia refugee camp in the northern Gaza Strip, is pictured at Kamal Adwan hospital in Beit Lahia early on July 30, 2014. Israeli bombardments early on July 30 killed "dozens" of Palestinians in Gaza, including at least 16 at a UN school, medics said, on day 23 of the Israel-Hamas conflict. AFP PHOTO / MOHAMMED ABED (Photo credit should read MOHAMMED ABED/AFP/Getty Images)
A Palestinian child, wounded in an Israeli strike on a compound housing a UN school in Jabalia refugee camp in the northern Gaza Strip, is pictured at Kamal Adwan hospital in Beit Lahia early on July 30, 2014. Israeli bombardments early on July 30 killed "dozens" of Palestinians in Gaza, including at least 16 at a UN school, medics said, on day 23 of the Israel-Hamas conflict. AFP PHOTO / MOHAMMED ABED (Photo credit should read MOHAMMED ABED/AFP/Getty Images)

Quale groviglio di questioni, dolori, giudizi e pregiudizi sia la questione israelo-palestinese è superfluo da dire. In quale incasinato contesto storico – una storia di millenni – e geopolitico – un epocale confronto tra civiltà e sistemi politici e religiosi che sta generando disastri numerosi in molti altri luoghi del mondo – si collochi, altrettanto superfluo. Di quanto tutto questo intrico di già detto e indicibile, di faziosità e tabù, di disperazione e rassegnazione, suggerisca un deluso e frustrato silenzio hanno scritto in diversi con lucidità. Quello che vediamo in questi giorni è – piccola, tra le altre mille cose – anche una robusta lezione sul fatto che ci siano cose che non hanno soluzione realistica soddisfacente, e che la “riduzione del danno” sia in quei casi l’unico approccio sensato e proficuo, a chi interessa un bene più comune possibile e non soltanto il prevalere di una “parte” che ha deciso essere la sua (persino il conflitto israelo-palestinese è diventato soprattutto occasione di individuali capricci egotici e partigianerie vanesie).

Ma dette queste cose, e anzi proprio per non aggiungere inganni ed equivoci a questo quadro già complicato, l’aggressione di Israele di questi giorni va chiamata col suo nome: un’aggressione di violenza ingiustificabile, e che si è distanziata definitivamente da qualunque alibi di legittima difesa potesse essere accampato da un paese che vive in perenne stato di assedio e minaccia. Non si può continuamente mescolare tutto e rendere accettabile tutto spostando ogni volta il discorso sulla distruzione di Israele progettata dai paesi suoi vicini, sull’antisemitismo a Parigi o Roma, sull’unica democrazia mediorientale che deve essere protetta, e su secolari e meritati sensi di colpa dell’Occidente. O sul fatto che i bambini che Israele uccide ogni giorno sono spesso figli di persone che infliggerebbero la stessa violenza ai bambini israeliani. I quali hanno invece dei genitori che si dicono abitanti di un paese democratico governato da forze civili, e non da terroristi: peculiarità che dovrebbe dimostrarsi ogni giorno nei fatti, e non essere dimenticata per dire “Hamas fa lo stesso”. Non esiste nessuna altra unicità della condizione di Israele – e ce ne sono, indubbiamente – che possa giustificare un’indulgenza su quello che Israele sta facendo a Gaza, che ha superato il limite: “un vero massacro”, scrive Gideon Levy sul quotidiano israeliano Haaretz, una strage di innocenti.

(nella foto, un bambino palestinese ferito nell’attacco israeliano contro la scuola ONU di Jaballa, nella striscia di Gaza, il 30 luglio 2014 MOHAMMED ABED/AFP/Getty Images)

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