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  • Giovedì 19 giugno 2014

Cosa fare con le foto dei morti in Iraq

Pubblicarle o no? Anche se nel migliore dei casi si tratta di propaganda? Come si comporta in questi casi una delle più grandi agenzie di stampa al mondo

This image posted on a militant website on Saturday, June 14, 2014, which has been verified and is consistent with other AP reporting, appears to show militants from the al-Qaida-inspired Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL) taking aim at captured Iraqi soldiers wearing plain clothes after taking over a base in Tikrit, Iraq. The Islamic militant group that seized much of northern Iraq has posted photos that appear to show its fighters shooting dead dozens of captured Iraqi soldiers in a province north of the capital Baghdad. Iraq's top military spokesman Lt. Gen. Qassim al-Moussawi confirmed the photos’ authenticity on Sunday and said he was aware of cases of mass murder of Iraqi soldiers. (AP Photo via militant website)
This image posted on a militant website on Saturday, June 14, 2014, which has been verified and is consistent with other AP reporting, appears to show militants from the al-Qaida-inspired Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL) taking aim at captured Iraqi soldiers wearing plain clothes after taking over a base in Tikrit, Iraq. The Islamic militant group that seized much of northern Iraq has posted photos that appear to show its fighters shooting dead dozens of captured Iraqi soldiers in a province north of the capital Baghdad. Iraq's top military spokesman Lt. Gen. Qassim al-Moussawi confirmed the photos’ authenticity on Sunday and said he was aware of cases of mass murder of Iraqi soldiers. (AP Photo via militant website)

Sul blog Making-of dell’Agence France-Presse, una delle più autorevoli e importanti agenzie di stampa del mondo, Roland de Courson, presidente della “società dei giornalisti” dell’AFP (l’associazione che riunisce i redattori e che si occupa del rispetto della loro indipendenza) ha spiegato come avvengono la scelta e selezione delle foto: di quelle, almeno, che provengono dai luoghi di guerra e che sono molto violente o impressionanti.

La questione è molto attuale: riguarda per esempio le foto relative al bombardamento con armi chimiche in Siria, quelle delle due ragazze violentate e impiccate in India e quelle della donna pakistana al terzo mese di gravidanza lapidata a morte dalla famiglia. Ma riguarda in questo caso soprattutto alcune foto di cui ha parlato anche il Post, qui, e che mostrano l’uccisione in massa di soldati e civili iracheni prigionieri da parte degli attivisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, il gruppo estremista sunnita noto anche con la sigla ISIS che negli ultimi giorni ha preso il controllo di diverse città nel nord e nell’est dell’Iraq. Le foto state diffuse dal ​​14 giugno scorso sui siti web e sugli account Twitter dell’ISIS, e in seguito messe a disposizione da AFP e da altre agenzie internazionali per i loro clienti.

Le questioni che spiega Roland de Courson sono principalmente tre: se quelle foto andassero o no messe a disposizione del pubblico; qual è il metodo di selezione tra tutto il materiale raccolto; quali sono le precauzioni prese dall’agenzia a garanzia che le immagini siano autentiche e non contraffatte.

Pubblicare: sì o no?
Al momento della pubblicazione delle foto su siti e giornali, in molti hanno spiegato come le uccisioni non fossero un fatto nuovo e che la diffusione delle fotografie fosse un puro strumento di propaganda da parte dell’ISIS. Anche per AFP si tratta «chiaramente di propaganda», ma «non c’è alcun dubbio» – dice Roland de Courson – «che esse debbano essere diffuse». E questo per due motivi: «Perché testimoniano l’estrema durezza dell’attuale situazione in Iraq, e poi perché l’Agence France-Presse non si rivolge direttamente al grande pubblico: offre immagini ai propri clienti nel mondo, cioè i giornali, i soli che poi prendono la decisione di pubblicare o meno secondo i propri criteri editoriali e/o culturali». Per i giornali, la decisione è più complicata: entrano in gioco diversi criteri, il Post – che ha deciso di pubblicare le foto dell’ISIS – ha tentato di esporre i suoi qui.

Nella sede centrale dell’AFP per il Medio Oriente – che si trova a Nicosia, Cipro – i giornalisti che parlano arabo monitorano costantemente i siti degli islamisti radicali e i social network, alla ricerca di immagini e informazioni provenienti dalle zone di guerra dell’Iraq e della Siria: «Bisogna essere molto veloci», dice Patrick Baz, responsabile foto dell’agenzia per quest’area. «I link possono diventare inutilizzabili da un momento all’altro. E spesso Twitter elimina gli account con contenuti violenti (…). Bisogna mostrare quello che è successo: per il momento, nessun giornalista, nessun osservatore indipendente può avventurarsi nelle zone controllate dai jihadisti senza che rischi di andare incontro a un rapimento o alla morte. Queste foto sono le uniche prove disponibili. Anche se sono realizzate principalmente con lo scopo di fare propaganda e terrorizzare il nemico, sono cose che passeranno alla storia. Proprio come le immagini degli ufficiali nazisti e delle loro esecuzioni di resistenti ed ebrei».

La selezione e il controllo
Roland de Courson spiega anche che AFP opera una selezione: non utilizza immagini di violenza quando il loro valore informativo è dubbio o nullo. Ha scelto per esempio di non mettere a disposizione la foto in cui si vede in primo piano la testa di un uomo fracassata o quella di un combattente che tiene in mano come un trofeo una testa decapitata. Le altre agenzie di stampa, precisa Roland de Courson, «hanno approssimativamente gli stessi criteri». Le foto dei cadaveri ammassati e delle esecuzioni, invece, hanno un valore generale più informativo: mostrano un pezzo della storia, un evento.

AFP foto 1

Resta poi dover verificare che le immagini non siano state ritoccate. Uno dei problemi principali per una di queste immagini – quella qui sopra – era per esempio capire se i cadaveri fossero stati aggiunti utilizzando Photoshop, per rendere l’immagine ancora più impressionante. «Per avere la certezza dell’autenticità AFP ha a disposizione un software di rilevamento di ritocchi fotografici», spiega Roland de Courson. Non è semplice utilizzarlo: per scoprire una falsificazione operata da un esperto ci vuole anche una giornata intera. Ma questo programma ha mostrato che le immagini dei massacri commessi dall’ISIS in Iraq non avevano subìto manipolazioni significative.

logiciel-tungstene-1«L’esame ha mostrato qualche ritocco», ha detto Antonin Thuillier, tecnico dell’AFP. «I colori rossi erano stati resi ancora più saturi, forse per mettere in rilievo le macchie di sangue. I volti dei jihadisti erano stati scuriti per renderli irriconoscibili. Infine, resta un dubbio sulla nuvola di fumo sullo sfondo. Le macchie rosse nell’immagine qui vicino, mostrano che due aree sono esattamente identiche. Potrebbe dunque essere stata utilizzata la funzione “clone” di Photoshop per nascondere qualcosa nella parte posteriore della foto». Ma le manipolazioni non sono state sostanziali, cioè non hanno modificato o distorto il contenuto informativo generale della foto. «Il software utilizzato da AFP», spiega ancora Roland de Curson, «non è in grado di rilevare se quella della foto sia una messa in scena fatta dagli stessi protagonisti della foto, se cioè alcuni di loro si siano distesi a terra e abbiano giocato a fare il morto: ma la probabilità è piuttosto bassa», vista una valutazione complessiva della situazione in Iraq e delle violenze perpetrate dall’ISIS e di cui si ha notizia.

Trovare l’originale
C’è poi un ultimo elemento da considerare: quella foto era già circolata molto su Internet prima di arrivare alle agenzie di stampa, dato che è stata diffusa dall’ISIS sui social network. Chiunque ha potuto aggiungere un logo o dei commenti, prima di rimettere l’immagine in circolazione. L’agenzia deve quindi risalire all’originale: se non è possibile, deve ritagliare l’immagine per rimuovere gli elementi che non forniscono alcuna informazione.

foto 2

La foto raccontata da Roland de Courson, per esempio, era stata pubblicata su Internet come appare qui sopra. La prima frase in arabo dice che si tratta dell’operazione di Assad al-Rahman al-Rahman al Bilawi (ossia Abu Abd, dal nome di un leader jihadista ucciso dalle forze irachene a Falluja). La seconda frase fornisce spiegazioni sulla scena: «Eliminazione dei membri dell’esercito dei Safavidi che scappano in abiti civili» (i Safavidi erano una dinastia di lingua e cultura turca proveniente dal Kurdistan persiano, che imposero con la forza lo sciismo quale religione di stato: “Safavidi” è il soprannome dato agli sciiti dagli estremisti sunniti).

Dopo essere stata “ripulita” e controllata, l’immagine è stata messa a disposizione dei clienti di AFP con una precisazione nella didascalia, in cui si avverte di possibili alterazioni e in cui si dice chiaramente che si tratta di una foto recuperata da Internet, di cui non è stato possibile verificare data o luogo precisi.