Cosa è diventata l’inchiesta su Scajola

Una storia di innamoramenti, gelosie e tormenti familiari - veri o strumentali - oltre che di rapporti con la mafia

FILE - In this May 4, 2010 file photo, Claudio Scajola attends a press conference in Rome. A three-time former minister in Silvio Berlusconi’s center-right governments was arrested Thursday, May 8, 2014 in a luxury Rome hotel for allegedly helping a southern Italian businessman and political ally convicted of Mafia collusion flee abroad. Claudio Scajola was among six suspects accused of having helped Amedeo Matacena to flee to Dubai, evading a five-year jail sentence, and also of trying to organize political asylum for the fugitive, anti-Mafia prosecutor Arturo de Felice said. (AP Photo/Riccardo De Luca, Files)
FILE - In this May 4, 2010 file photo, Claudio Scajola attends a press conference in Rome. A three-time former minister in Silvio Berlusconi’s center-right governments was arrested Thursday, May 8, 2014 in a luxury Rome hotel for allegedly helping a southern Italian businessman and political ally convicted of Mafia collusion flee abroad. Claudio Scajola was among six suspects accused of having helped Amedeo Matacena to flee to Dubai, evading a five-year jail sentence, and also of trying to organize political asylum for the fugitive, anti-Mafia prosecutor Arturo de Felice said. (AP Photo/Riccardo De Luca, Files)

Claudio Scajola era stato arrestato lo scorso 8 maggio con un certo clamore: lui è un ex ministro di diversi governi Berlusconi e un importante dirigente del centrodestra, ed era stato arrestato con l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa a 5 anni di carcere. Ma nei giorni successivi ci sono state alcune novità ed evoluzioni sul caso e la storia si è complicata ulteriormente: Scajola è agli arresti domiciliari, verbali di interrogatorio e giornali hanno parlato molto di una sua relazione con Chiara Rizzo, ex moglie di Matacena, il quale ha intanto annunciato che forse ritornerà in Italia.

Gli arresti dell’8 maggio
Durante le indagini dell’inchiesta chiamata “Breakfast”, la procura di Reggio Calabria dispose alcune misure cautelari: oltre a Claudio Scajola vennero arrestate altre 5 persone e vennero emessi mandati di cattura anche per Amedeo Matacena e per la sua ex moglie Chiara Rizzo, che si trovavano entrambi a Dubai, negli Emirati Arabi. (qui avevamo messo in ordine quello che si sapeva).

Claudio Scajola
Claudio Scajola era stato arrestato perché, secondo la procura di Reggio Calabria, aveva intrattenuto rapporti “sospetti” con la ex moglie di Matacena al fine di aiutare quest’ultimo a spostarsi da Dubai in Libano. Secondo l’accusa, Scajola aveva cercato di mettersi in contatto con l’ex presidente libanese Amin Gemayel per cercare di ottenere una sorta di asilo politico per Matacena: in Libano l’estradizione deve essere autorizzata dal Consiglio dei Ministri e per questo Gemayel avrebbe potuto aiutare Matacena a evitare l’arresto.

Secondo l’accusa Scajola avrebbe cercato di aiutare Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, al fine di intrattenere rapporti con la mafia. Secondo gli avvocati di Scajola, tuttavia, il suo interessamento per la situazione di Matacena e di Chiara Rizzo sarebbe stato motivato dal fatto che Scajola si era innamorato di Rizzo e stava cercando di aiutare lei, piuttosto che il suo ex marito. Nella memoria difensiva presentata dagli avvocati di Scajola è scritto:

«Scajola è un uomo invaghito che per questa donna ha perso la testa e di cui diviene estremamente geloso, avendo compreso che la stessa nutriva un interesse per un altro uomo. Cosa c’entra la ‘ndrangheta con tutto questo? Cosa c’entra il dover diventare il referente di una sistema affaristico criminale il comportarsi in questo modo? Nulla, assolutamente nulla».

Di una relazione tra Scajola e Rizzo aveva parlato esplicitamente durante i suoi interrogatori la segretaria di Scajola, Roberta Sacco, che aveva riferito sia di incontri tra i due e premure di Scajola che delle sue gelosie nei confronti dell’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone (cugino del noto costruttore Francesco Caltagirone), con il quale Rizzo avrebbe avuto una relazione e dal quale aveva anche ricevuto diversi regali.

Il 13 giugno, dopo oltre un mese di carcere, Claudio Scajola è stato trasferito agli arresti domiciliari quando il tribunale della libertà di Reggio Calabria ha parzialmente accolto la richiesta di scarcerazione dei suoi avvocati. Riporta il Corriere della Sera, tuttavia, che «i giudici del tribunale del Riesame dovranno tornare a decidere su Scajola il 19 giugno, quando sarà discusso l’appello dei pm contro la decisione del Gip di non riconoscere l’aggravante del concorso esterno in associazione mafiosa chiesto dalla Dda per l’ex ministro».

Scajola ha spiegato alcuni aspetti del suo coinvolgimento nella vicenda durante un interrogatorio la cui registrazione è stata parzialmente pubblicata da Repubblica. Nelle registrazioni si sente spesso fare il nome di Vincenzo Speziali: si tratta di un nipote dell’omonimo ex senatore del Pdl che cercò di mettere in contatto Scajola con Gemayel, presentandosi come il marito della nipote di quest’ultimo e cercando, dice Scajola, di ottenere in cambio una candidatura con Forza Italia.

Chiara Rizzo
Al momento dell’arresto di Scajola venne emesso anche un mandato di arresto per Chiara Rizzo, che si trovava a Dubai. Il Secolo XIX aveva spiegato che Chiara Rizzo era «accusata di essere stata al centro di una serie di manovre economiche che per l’accusa avevano il solo scopo di occultare le reali disponibilità economiche di Matacena e della famiglia, celando la titolarità delle società dietro nomi di comodo e con società di diritto estero». Anche la sua separazione da Matacena, dunque, era parsa all’accusa fittizia.

Chiara Rizzo è stata arrestata l’11 maggio scorso in Francia, dove era arrivata con un volo da Dubai dopo aver annunciato di voler rientrare in Italia, e successivamente estradata in Italia e trasferita al carcere di Reggio Calabria, il 21 maggio scorso. Anche i suoi avvocati hanno presentato una richiesta di scarcerazione, che è però stata rifiutata dal tribunale di Reggio Calabria il 13 giugno. I suoi avvocati si sono detti «sconcertati» dalla decisione e hanno spiegato che faranno ricorso contro la decisione non appena ne saranno presentate le motivazioni.

Amedeo Matacena
Amedeo Matacena, imprenditore di origini calabresi, è stato parlamentare con Forza Italia per due legislature dal 1994 al 2001. Nel 2013 era stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa a 5 anni di carcere, per i suoi rapporti con la cosca dei Rosmini di Reggio Calabria, ma aveva evitato l’arresto fuggendo a Dubai, negli Emirati Arabi, un paese che non ha stipulato con l’Italia trattati di estradizione. L’8 maggio scorso, Matacena si trovava a Dubai e lì si trova ancora.

Successivamente al rifiuto della richiesta di scarcerazione di Chiara Rizzo, in un’intervista al TG1, Matacena ha detto di sentirsi vittima di un ricatto da parte della magistratura – che non avrebbe rilasciato Chiara Rizzo per costringerlo a tornare – e di aver considerato quindi l’ipotesi di rientrare in Italia:

«L’idea che mi sono fatto è che mi devo arrendere, come padre prima e come uomo poi, perché devo restituire la loro madre ai miei figli. Cedo al ricatto. Devo rientrare, affinché i miei figli si ricongiungano con la loro madre»

Lunedì 16 il settimanale Oggi ha pubblicato una lunga intervista a Matacena in cui lui spiega la sua situazione e quello che intende fare. In primo luogo Matacena sostiene di non essere un latitante ma di essere stato arrestato e di essere in attesa che la richiesta di estradizione faccia il suo corso: «Non sono latitante. Non ho il passaporto, non posso muovermi dagli Emirati e tutti i lunedì passo all’Interpol a firmare». Matacena ha inoltre detto di non credere che Claudio Scajola, che ha definito «un grande amico», avesse una relazione con la sua ex moglie e riguardo il suo coinvolgimento per aiutarlo a raggiungere il Libano, ha detto:

Il suo amico Claudio Scajola trafficava per farla andare in Libano, come dell’Utri.
«Claudio si è letto tutte le carte del processo, sa le ingiustizie che ho subito e, in un momento in cui tutti mi giravano le spalle, lui ha cercato di darmi una mano. Ma io non ho mai voluto andare in Libano. Lì c’è un trattato di estradizione con l’Italia, qui no».