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  • Mercoledì 2 aprile 2014

I negoziati tra Israele e Palestina hanno un nuovo problema

Il presidente del governo palestinese ha chiesto di entrare in diverse agenzie dell'ONU, venendo meno agli accordi e facendo arrabbiare gli Stati Uniti

Palestinian President Mahmoud Abbas talks during a leadership meeting in Ramallah, Tuesday, April 1, 2014. In a dramatic move that could derail eight months of U.S. peace efforts, President Abbas resumed a Palestinian bid for further U.N. recognition despite a promise to suspend such efforts during nine months of negotiations with Israel. Abbas signed "State of Palestine" applications for 15 U.N. agencies in a hastily convened ceremony after Israel calls off a promised prisoner release. (AP Photo/Majdi Mohammed)
Palestinian President Mahmoud Abbas talks during a leadership meeting in Ramallah, Tuesday, April 1, 2014. In a dramatic move that could derail eight months of U.S. peace efforts, President Abbas resumed a Palestinian bid for further U.N. recognition despite a promise to suspend such efforts during nine months of negotiations with Israel. Abbas signed "State of Palestine" applications for 15 U.N. agencies in a hastily convened ceremony after Israel calls off a promised prisoner release. (AP Photo/Majdi Mohammed)

La sera di martedì 1 aprile il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmud Abbas, ha detto di volere presentare formale adesione a 15 organizzazioni delle Nazioni Unite, scelta che permetterebbe al governo della Palestina di ottenere diversi benefici a livello internazionale. La decisione di Abbas, che sembra avere colto di sorpresa gli Stati Uniti e Israele – i due stati che più di tutti sono coinvolti nel difficile processo di pace tra palestinesi e israeliani -, ha spinto il segretario di stato americano John Kerry a cancellare la visita fissata per oggi a Ramallah, in Cisgiordania, che doveva servire a completare un accordo sul prolungamento dei negoziati di pace.

Un anno fa, come parte degli accordi preliminari ai colloqui di pace, l’Autorità Palestinese si era infatti impegnata a sospendere qualsiasi tentativo di ottenere ulteriori riconoscimenti alle Nazioni Unite, per non aumentare le tensioni con Israele. Secondo le tappe fissate dall’amministrazione statunitense, un’”intesa complessiva per porre fine al conflitto” doveva essere raggiunta entro il prossimo 29 aprile e recentemente si stava negoziando un prolungamento dei colloqui: finora c’era accordo su alcuni punti, come la liberazione di un cittadino statunitense accusato di spiare il governo di Washington per conto di Israele e di centinaia di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, oltre che il rallentamento nella costruzione di nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania. Secondo la stampa americana, il governo statunitense, e in particolare John Kerry, avevano investito molto su questi negoziati di pace, e l’andamento dei colloqui dei mesi scorsi aveva fatto immaginare un progresso positivo.

La decisione di chiedere l’adesione alle agenzie dell’ONU è stata votata all’unanimità dai due più importanti gruppi politici palestinesi, Fatah e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Abbas ha detto che ad annullare l’accordo è stata la mancata liberazione alla fine di marzo del quarto gruppo di prigionieri palestinesi da parte di Israele – una scelta che secondo il governo israeliano non sarebbe stata obbligata, visto che i colloqui erano praticamente fermi dal novembre scorso. Secondo alcuni funzionari citati dal New York Times, comunque, l’obiettivo dell’Autorità Palestinese non sarebbe quello di far affossare definitivamente i negoziati, ma solo di mettersi in una posizione di forza nei confronti di Israele, per cercare di ottenere di più: i palestinesi non avrebbero chiesto per esempio di aderire alla Corte penale internazionale (una delle decisioni potenziali più temute da Israele) a cui l’Autorità Palestinese potrebbe chiedere di contestare direttamente la presenza di Israele in Cisgiordania.

La reazione di Kerry di annullare la sua visita a Ramallah, dice il New York Times, dimostra una crescente impazienza del governo statunitense di fronte ai difficili colloqui tra Israele e Palestina, che finora hanno portato a risultati molto limitati e circoscritti. Già in passato, in diverse occasioni, l’amministrazione Obama si era opposta a qualsiasi tentativo dell’Autorità Palestinese di aderire alle diverse agenzie delle Nazioni Unite: era successo per esempio nel 2011 con un voto al Consiglio di Sicurezza e l’anno successivo all’Assemblea Generale. Il Congresso americano aveva anche approvato una legge secondo cui l’eventuale adesione consente agli Stati Uniti di sospendere l’assistenza finanziaria all’Autorità Palestinese e di chiudere la missione diplomatica palestinese a Washington.

Mahmud Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese a Ramallah, primo aprile 2014 (AP Photo/Majdi Mohammed)