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  • Mercoledì 26 marzo 2014

Al-Sisi si candida alle presidenziali in Egitto

L'uomo più potente del paese si è anche dimesso da ministro della Difesa e dall'esercito: di lui si sa poco, a parte il fatto che stravincerà le elezioni

Egyptian army chief Abdel Fattah al-Sisi attends a meeting with Russian President Vladimir Putin in Novo-Ogaryovo, outside Moscow, on February 13, 2014. Abdel Fattah al-Sisi, who is likely Egypt's new president, arrived in Moscow to negotiate a $2-billion arms deal with Russia meant to replace subsiding assistance from old ally Washington. AFP PHOTO / POOL / MAXIM SHEMETOV (Photo credit should read MAXIM SHEMETOV/AFP/Getty Images)
Egyptian army chief Abdel Fattah al-Sisi attends a meeting with Russian President Vladimir Putin in Novo-Ogaryovo, outside Moscow, on February 13, 2014. Abdel Fattah al-Sisi, who is likely Egypt's new president, arrived in Moscow to negotiate a $2-billion arms deal with Russia meant to replace subsiding assistance from old ally Washington. AFP PHOTO / POOL / MAXIM SHEMETOV (Photo credit should read MAXIM SHEMETOV/AFP/Getty Images)

Abdul-Fattah al-Sisi, 59 anni, l’uomo che in Egitto guidò il colpo di stato dello scorso 3 luglio contro il deposto presidente Mohamed Morsi, ha annunciato le sue dimissioni dall’esercito e da ministro della Difesa del governo egiziano ad interim, e la sua candidatura per le prossime elezioni presidenziali che si terranno nel 2014. Al-Sisi, che aveva raggiunto il grado di maresciallo di campo, viene considerato dalla scorsa estate l’uomo più potente d’Egitto e la sua candidatura alle presidenziali era ampiamente attesa.

Con le sue dimissioni dall’esercito, al-Sisi ha perso formalmente il diretto comando delle forze armate, che fino a ora erano stata la base più importante del suo potere. Prima di andarsene, comunque, al-Sisi ha sostituito diversi alti ufficiali dell’esercito: tra i vari rimescolamenti, uno dei cambiamenti più significativi è stato la rassegnazione ad altro ruolo del generale Ahmed Wasfi, un ufficiale carismatico e senza troppo timore reverenziale nei confronti di al-Sisi. Wasfi, che tra le altre cose era riuscito a ripristinare la sicurezza nella zone del Canale di Suez dopo le violente proteste dello scorso anno, aveva dimostrato di saper sviluppare una propria base di sostegno popolare. Wasfi aveva anche sollevato pubblicamente diversi dubbi su una possibile candidatura di al-Sisi alle elezioni presidenziali: aveva sostenuto che se questa fosse stata formalizzata, sarebbe stata la prova definitiva attesa da tutti i sostenitori di Morsi, secondo cui la deposizione è stata un “colpo di stato”, e non una “seconda rivoluzione”.

In Egitto c’è una lunga tradizione di intervento dei militari in politica. Negli ultimi 62 anni i militari hanno rimosso dal potere quattro capi di stato il cui mandato non era terminato, inclusi Hosni Mubarak nel 2011 e Mohamed Morsi nel 2013. La deposizione di Morsi è stata seguita da mesi di dura repressione nei confronti degli oppositori del nuovo governo, in particolare dei Fratelli Musulmani, il movimento politico-religioso di cui fa parte Morsi e che è stato recentemente messo fuori legge. Solo due giorni fa un tribunale egiziano ha condannato a morte 529 persone – la sentenza più dura della storia moderna dell’Egitto – e oltre un migliaio (tra cui diversi leader dei Fratelli Musulmani) sono ancora sotto processo con diverse accuse. Il principale responsabile delle nuove politiche restrittive viene considerato proprio al-Sisi.

Sebbene siano arcinote le posizioni di al-Sisi nei confronti dei Fratelli Musulmani, poco si sa della sua storia e della sua visione sull’economia e sulla politica. Come ha scritto BBC in un lungo profilo che gli ha dedicato dopo la sua candidatura ufficiale, al-Sisi era uno dei militari favoriti dall’ex maresciallo di campo Mohammed Hussein Tantawi, che lo fece entrare nel Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF), un’istituzione formata da militari che si riunisce solo nei casi di grave crisi e che ha assunto il potere per un periodo dopo la deposizione di Mubarak. Di al-Sisi si sa inoltre che è un musulmano devoto, e questa sembra sia stata la ragione principale per cui è riuscito a convincere i Fratelli Musulmani a considerarlo un loro uomo di fiducia nell’esercito.

Dopo la deposizione di Morsi, in Egitto si è sviluppato un vero e proprio culto della personalità verso al-Sisi, alimentato dalla propaganda di stato e dalla profonda insoddisfazione che si era diffusa nei confronti del governo autoritario dei Fratelli Musulmani. Per ora al-Sisi non sembra avere alcun rivale credibile alle elezioni, e la sua vittoria è data per scontata dalla grande maggioranza di esperti e giornalisti che si occupano di politica egiziana.