Il cambiamento climatico esiste
Ed è causato dall'uomo: due delle principali istituzioni scientifiche del mondo hanno provato a mettere qualche punto fermo nel dibattito, anche se ci sono altre domande senza risposta
Venerdì 28 febbraio la National Academy of Science e la British Royal Society – le più importanti istituzioni scientifiche di Stati Uniti e Regno Unito – hanno pubblicato un documento congiunto di venti “domande e risposte” sul cambiamento climatico. Alla domanda più importante, “il clima si sta riscaldando?”, le due istituzioni danno una risposta molto netta:
Sì. La temperatura media dell’aria sulla superficie della Terra è aumentata di circa 0,8 gradi centigradi dal 1900 e gran parte di questo incremento è avvenuto a partire dalla metà degli anni Settanta. Un ampio numero di altre osservazioni (come la riduzione della superficie dei ghiacci artici e l’aumento del calore negli oceani) e altri indizi provenienti dal mondo naturale (come lo spostamento verso i poli di specie di pesci, mammiferi e insetti sensibili alla temperature), messe insieme, dimostrano in maniera incontrovertibile la realtà di un riscaldamento globale a livello planetario.
Come ha fatto notare in un lungo articolo il settimanale Economist, questa affermazione, fatta in termini così netti da parte di due istituzioni scientifiche come la National Academy e la Royal Society, è fondamentale per mettere un punto fermo e definitivo nel dibattito: il cambiamento climatico causato dall’uomo è una realtà scientificamente accertata.
Al punto numero 2, il documento risponde a una delle domande più controverse del cambiamento climatico, e cioè se ci siano prove scientifiche che il riscaldamento climatico è causato dall’uomo. La risposta, anche in questo caso, è un “sì” piuttosto deciso.
Differenti fattori che influenzano il clima lasciano impronte diverse. Queste impronte uniche sono facili da rintracciare, prendendo in considerazione più di un semplice numero (come potrebbe essere ad esempio la temperature media della superficie della Terra) e indagando i modelli stagionali e geografici dei cambiamenti climatici. I modelli osservati nei cambiamenti della temperatura sulla superficie della Terra e nei vari livelli dell’atmosfera, nella composizione dell’atmosfera stessa, nei livelli del mare e nell’incremento dello scioglimento dei ghiacci sul mare e sulla terraferma corrispondono al modello che gli scienziati si aspetterebbero di vedere, nel caso di un aumento della temperatura dovuto a sua volta a un incremento del livello di anidride carbonica e ad altri fattori di cambiamento indotti dall’uomo.
Affermazioni come questa sono importanti, scrive l’Economist, perché esiste tuttora un certo numero di politici, commentatori e opinionisti che negano il cambiamento climatico. Alcuni lo fanno senza alcuna base scientifica. Ad esempio, quando qualche settimana fa gli Stati Uniti sono stati colpiti da un’insolita ondata di freddo, diversi giornalisti americani, soprattutto su mezzi di comunicazione di orientamento conservatore come Fox News, hanno criticato la teoria del riscaldamento globale con frasi tipo: «Come può essere vero il riscaldamento globale se in questi giorni fa così freddo?».
Tra l’altro, a questa domanda, il documento risponde al punto 11. Il cambiamento climatico è un fenomeno molto dilatato nel tempo e non significa assolutamente che ogni giorno sarà più caldo del precedente. L’effetto principale del cambiamento climatico nel breve termine è l’alterazione della normale circolazione atmosferica e il cambiamento dei normali modelli climatici. Questi cambiamenti, a loro volta, possono produrre estati e inverni insolitamente freddi.
Altri commentatori hanno utilizzato criteri meno fantasiosi. Ad esempio, secondo l’Economist, il documento congiunto pubblicato venerdì era una sorta di “risposta” a un articolo di Charles Krauthammer, un giornalista ed editorialista, vincitore del premio Pulitzer nel 1987. Krauthammer, lo scorso 21 febbraio, ha scritto sul Washington Post di essere un “agnostico” del cambiamento climatico. In altre parole non ci crede, ma nemmeno nega che sia in atto. Questo perché, secondo Krauthammer, «non c’è nulla di più antiscientifico che considerare la scienza come immobile, statica e impermeabile alle contestazioni».
Insomma: la scienza non dovrebbe dare certezze su nulla, ma dovrebbe continuamente essere messa in discussione. Quest’affermazione, fa notare l’Economist, è indubbiamente vera in linea di principio, ma non toglie che la scienza sia costretta a basarsi su alcune certezze, come ad esempio che «la Terra ha una crosta, un mantello e un nucleo. Le piante fanno la fotosintesi. L’aria è composta di molecole». Una buona parte dei progressi della scienza dipendono proprio dal fatto che alcune nozioni vengano ormai considerate dei fatti incontrovertibili che non hanno bisogno di ulteriori dimostrazioni.
Il dibattito sul cambiamento climatico in Italia è sostanzialmente assente, ma è molto forte negli Stati Uniti, dove ha radici politiche. Krauthammer e molti altri opinionisti “scettici” sul cambiamento climatico si definiscono conservatori e hanno spesso come bersaglio delle loro critiche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Lo stesso Krauthammer lo definisce nel suo articolo “il capo della propaganda”, dopo che il 28 gennaio, nel suo discorso sullo stato dell’unione, Obama ha definito il cambiamento climatico “un fatto”.
Questo naturalmente non significa che la scienza abbia dato una risposta certa a tutte le domande sul cambiamento climatico. Ad esempio, c’è ancora molta incertezza sulla relazione tra fenomeni meteorologici estremi (tornado, tempeste, uragani) e il riscaldamento globale. Alla domanda numero 13, che riguarda proprio questo tema, il documento risponde così: «Attribuire gli eventi meteorologici estremi al cambiamento climatico è una sfida difficile, perché questi eventi sono rari per definizione e quindi difficili da valutare in maniera affidabile».
Altri punti molto importanti sono ancora privi di una risposta definitiva. Ad esempio, non esistono stime affidabili di quanti danni potrebbe causare il riscaldamento globale, in quanto tempo e dove. C’è altrettanta incertezza su quanto questi rischi possano essere ridotti, agendo in quale maniera e a quali costi. La mancanza di risposte affidabili a queste domande è grave anche perché ci sono decisioni politiche ed economiche da prendere. Per quanto sia importante il documento prodotto dalla National Academy e dalla Royal Society, scrive l’Economist, resta il fatto che ci sono ancora molte incertezze e che «fare domande è più facile che dare risposte».