La “discesa in campo” di Berlusconi, 20 anni fa

Mattia Feltri racconta storia e leggenda del video entrato nella mitologia politica, quello di "L'Italia è il paese che amo"

Mattia Feltri racconta domenica sulla Stampa la storia del famoso video di Silvio Berlusconi del 26 gennaio del 1994 – vent’anni fa esatti -, quello che annunciò la sua “discesa in campo” e la nascita di Forza Italia, inviato a tutti i telegiornali: iniziava con la frase “L’Italia è il paese che amo” e finiva con “un nuovo miracolo italiano”, un messaggio che ha “rivoluzionato la prassi della comunicazione politica”.

Il giorno prima di rivoluzionare la prassi della comunicazione politica, Silvio Berlusconi telefonò al direttore del Tg2, Paolo Garimberti. Ricostruzione fedele del dialogo (dalla Stampa di allora, Massimo Gramellini): «Quanti minuti dura, dottor Berlusconi?». «Mah, francamente non lo so. Sto ancora facendo le prove. Saranno otto minuti, dieci al massimo». «Dieci? Ma il tg della sera dura appena mezz’ora.

E poi, con tutto il rispetto, dottore, se ho dato due minuti al Papa… Lei mi mandi la cassetta e io ne trasmetto una sintesi». «Non si disturbi, dottor Garimberti: se vuole la sintesi gliela posso preparare io». «Non è il caso, dottor Berlusconi. Alla sintesi ci pensiamo noi. Capisce: vorrei fare un servizio più articolato». «Mi rendo conto ma… Mi toglie una curiosità?». «Prego». «Ma soltanto il Capo dello Stato ha diritto alla trasmissione integrale del discorso?». «E a reti unificate, per giunta. Quando al Quirinale ci andrà lei…». «Il problema è che questo è il mio esordio in politica e quindi voglio fare un discorso di programma. Ecco il motivo per cui non ho convocato i giornalisti: non voglio essere distratto né interrotto nell’esposizione del mio pensiero…».

Era il 25 gennaio del 1994. All’indomani il fondatore di Forza Italia avrebbe recapitato ai telegiornali la videocassetta da nove minuti e venticinque secondi con la quale («L’Italia è il paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti…») annunciava la «discesa in campo», come disse in scandalizzante gergo calcistico. Berlusconi era rimasto chiuso ad Arcore per l’intera giornata a perfezionare il testo, studiare la scenografia e calibrare le luci insieme con Antonio Tajani e Gianni Pilo.

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