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  • Domenica 29 dicembre 2013

L’attentato a Volgograd, in Russia

Sono morte almeno sedici persone e 34 sono rimaste ferite: le autorità russe dicono che si è trattato di un attentatore suicida

Domenica 29 dicembre, intorno alle 12:45 locali (le 9:45 in Italia), almeno sedici persone sono morte a causa di un’esplosione in una stazione ferroviaria di Volgograd (la vecchia Stalingrado), a sudest di Mosca, in Russia. Le autorità russe e l’unità anti-terroristica ritengono che si sia trattato di un attacco suicida da parte di una donna all’interno della stazione, ma nessun gruppo ha rivendicato la responsabilità dell’attentato. Dal luogo dell’esplosione, da subito, sono arrivate immagini piuttosto impressionanti, che sono molto circolate in rete, insieme al video dell’esplosione, ripreso da una videocamera fissa di fronte al massiccio edificio della stazione.

Vladimir Markin, portavoce dell’agenzia investigativa di stato, ha detto che i morti nell’esplosione sono 14, e 34 i feriti, e che la detonazione della bomba è avvenuta di fronte ai metal detector, che si trovano vicino all’ingresso della stazione. Markin ha anche aggiunto che la bomba conteneva circa 10 chilogrammi di esplosivo ed era stata riempita di schegge di metallo. Altre due persone – secondo fonti governative riportate dal canale Russia Today, che sta seguendo l’evento con un liveblog – sarebbero morte in ospedale a causa delle ferite riportate nell’esplosione, portando a sedici il numero complessivo dei morti.

C’è stata una certa discordanza sia sul numero dei morti sia sull’identità dell’attentatore. L’agenzia di stampa russa RIA Novosti aveva riportato i numeri forniti inizialmente dalla polizia: almeno 18 morti e più di 40 feriti. Intanto RT riportava le parole di Sergey Bozhenov, governatore della regione omonima di Volgograd, che aveva detto che i morti erano 15 e i feriti 37, di cui 30 in modo più grave. Inoltre, secondo l’agenzia di stampa russa Interfax, citata da RT, l’attacco potrebbe essere stato compiuto non da una sola persona bensì da due, una donna e un uomo.

Volgograd è una città di circa un milione di abitanti a 900 chilometri a sudest di Mosca, e a poche centinaia di chilometri a nord della regione del Caucaso del Nord e della località turistica Soči, sul Mar Nero, dove si terranno le Olimpiadi invernali nel 2014. Due mesi fa, il 21 ottobre, a Volgograd ci fu un altro attacco suicida, a bordo di un autobus, compiuto da una donna proveniente dal Daghestan, la repubblica russa più grande del Caucaso settentrionale.

La regione di Volgograd e altre della Russia meridionale, al confine con il Caucaso, sono da diversi anni luogo di attentati terroristici da parte del movimento separatista e della resistenza islamica in Cecenia, il gruppo responsabile dell’attentato suicida che uccise 37 persone all’aeroporto di Mosca nel 2011 e di altri due attentati quasi simultanei che ne uccisero 40 nella metropolitana di Mosca nel 2010. Il leader del movimento, Doku Umarov, era comparso a luglio di quest’anno in un video in cui invitava gli insorti a usare la forza per impedire lo svolgimento dei prossimi giochi olimpici invernali a Soči.