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  • Venerdì 20 dicembre 2013

«I permessi premio funzionano»

Il vicedirettore del Dap Luigi Pagano parla a Repubblica delle due evasioni di questi giorni e spiega perché sono «un prezzo da pagare» per uno strumento che porta grandi benefici

©ORIETTA SCARDINO/LAPRESSE
11-03-2003 CATANIA SICILIA ITALIA
VEDUTA DEL CARCERE BICOCCA A CATANIA
©ORIETTA SCARDINO/LAPRESSE 11-03-2003 CATANIA SICILIA ITALIA VEDUTA DEL CARCERE BICOCCA A CATANIA

Venerdì 20 dicembre, in un’intervista su Repubblica, Luigi Pagano, vicedirettore del Dap – il dipartimento del ministero della Giustizia che amministra le carceri italiane – è intervenuto sui due casi di evasione che si sono verificati dalle carceri italiane negli ultimi giorni: quella di Bartolomeo Gagliano a Genova (condannato per rapina e omicidio) e quella di Pietro Esposito a Pescara, pentito di Camorra accusato di due omicidi. Entrambi i detenuti non sono rientrati dopo la concessione di un permesso di uscita ed entrambi i casi, secondo Pagano, non possono mettere in discussione «un sistema che funziona»: i permessi premio, spiega Pagano, «sono un segno di civiltà», sono pochissimi rispetto al totale e fanno bene alla società, non solo ai detenuti. Per questo, dice Pagano, «le fughe sono un prezzo da pagare».

Luigi Pagano è il vicedirettore del Dap, il dipartimento del ministero della Giustizia che amministra le carceri italiane, ed è stato direttore di San Vittore, a Milano, per sedici anni. Comprende lo sbigottimento generale per le due evasioni con il timbro: un serial killer e un camorrista accompagnati alla fuga. Dice, però, che questi due casi non possono mettere in discussione «un sistema che funziona».

Perché il sistema funziona?
«Lo dicono i numeri. Cinquantadue evasioni nel 2012, a fronte di 25.200 permessi premio richiesti. Tenendo conto che ogni detenuto può richiedere e usufruire di più di un permesso, la percentuale di non rientri è intorno al due per cento. E se allarghiamo le evasioni a tutte le misure alternative, lavoro all’esterno, semilibertà, l’evasione resta intorno al 5%».

Si possono concedere permessi premio a un assassino seriale di prostitute e travestiti e a un camorrista contiguo con il clan?
«Nella storia italiana abbiamo concesso permessi premio e misure alternative a quasi tutti i brigatisti rossi. Non è scappato nessuno. Da quindici anni abbiamo dato il lavoro esterno a Vincenzo Andraous, il boia delle carceri. Non è scappato e non è tornato a uccidere. Il recupero del detenuto è un pezzo della nostra Costituzione e non esiste altro modo di certificarlo se non concedendo un graduale ritorno alla società, facendolo uscire. Ci sono margini di rischio, certo, ma l’Europa ci ha già detto che dobbiamo osare di più non di meno».

Si può parlare dei due casi di cronaca?
«Sì, iniziando a dire che a Gagliano mancava poco più di un anno alla fine pena, a Esposito mancavano sei mesi. Erano nelle condizioni di usufruire di permessi».

(Continua a leggere l’intervista su Repubblica)