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    • Politica
    • Giovedì 19 dicembre 2013

    La lettera di Laura Boldrini sul viaggio in Sudafrica

    In risposta alle critiche di Corrado Augias, che ha parlato di «peccato di leggerezza»

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    Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
29-07-2013 Roma
Camera - cerimonia del ventaglio
Nella foto: il presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini
Photo Mauro Scrobogna /LaPresse
29-07-2013 Rome
Politics
Chamber of Deputies - cerimony of the fan
In the picture: Laura Boldrini, President of the CHamber of Deputies
    Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 29-07-2013 Roma Camera - cerimonia del ventaglio Nella foto: il presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini Photo Mauro Scrobogna /LaPresse 29-07-2013 Rome Politics Chamber of Deputies - cerimony of the fan In the picture: Laura Boldrini, President of the CHamber of Deputies

    Giovedì 19 dicembre Laura Boldrini ha scritto una lettera a Repubblica in cui torna a spiegare le ragioni della sua partecipazione e di quella del suo compagno al funerale di Nelson Mandela in Sudafrica, entrambi ospiti di un volo di Stato. Subito dopo l’episodio, il Giornale aveva pesantemente criticato Boldrini e ieri, su Repubblica, con toni ben diversi, Corrado Augias aveva parlato di «peccato di leggerezza» da parte della presidente della Camera. Qualche giorno fa era intervenuto in difesa di Boldrini il presidente del Consiglio Enrico Letta, con una lettera in cui si riprendevano gli argomenti di Boldrini stessa e si parlava di «pregiudizio sessista». Oggi la presidente della Camera precisa le sue ragioni:

    Caro direttore, volevo ringraziare il dottor Augias per il tono misurato con cui ieri nella sua rubrica ha voluto intervenire nelle polemiche seguite al mio viaggio in Sudafrica. Che le critiche – come quelle che lo stesso Augias mi riserva – possano essere espresse senza cadere nel livore o nell’insulto è una buona pratica che merita di essere sottolineata.

    Ma voglio ringraziare Augias anche per il veloce ripasso che ci ha fatto fare di certe vicende dell’Italia contemporanea e delle ragioni per cui si è fatto ricorso ai voli di Stato: feste a ritmo di flamenco, spigole e aragoste, rombanti circuiti di Formula Uno. Nel tritacarne politico-mediatico è forte la spinta, scopertamente strumentale, a dimostrare che “così fan tutti”. No, per quanto mi riguarda proprio no: non ci comportiamo tutti allo stesso modo. Interesserà sapere che, in 9 mesi di mandato, l’aereo di Stato l’ho preso in una sola altra occasione: il 4 novembre, per volare a Bari a rappresentare il Presidente della Repubblica in una manifestazione per la Festa delle Forze Armate.

    Le occasioni istituzionali non sarebbero certo mancate: sono state 96, fin qui, le iniziative alle quali ho preso parte lontano da Roma, comprese alcune missioni all’estero. Ma continuo a pensarla come la pensavo quando ero soltanto una privata cittadina: anche i “vertici” istituzionali, tutte le volte che è possibile, devono spostarsi come i comuni mortali. Dunque aerei di linea, se si può low cost, e treni. Il dottor Augias afferma che avrei comunque “peccato di leggerezza” nel portare con me il mio compagno. Anche in questo caso un dato può aiutare: le poche volte in cui lui mi ha accompagnato, nelle missioni alle quali accennavo, si è ovviamente pagato di tasca sua il viaggio (aereo o treno che fosse). Non un euro a carico dello Stato, come è sacrosanto. E in base allo stesso criterio ci siamo regolati per il viaggio in Sud Africa.

    Ma sentirei incompleta la mia risposta se mi basassi soltanto sul “costo zero” della spedizione. Permettetemi di ribadire come assolutamente legittima la mia scelta di rappresentare la Camera dei Deputati alla commemorazione di Nelson Mandela; così come di considerare non inopportuna la presenza del mio compagno ad una cerimonia ufficiale, per le stesse ragioni per le quali il Presidente del Consiglio era lì insieme a sua moglie e altri rappresentanti istituzionali di altri Paesi avevano al fianco i rispettivi partners. Il dottor Augias mi imputa anche di non aver tenuto conto del “momento così agitato” e del fatto che “l’opinione pubblica è mutevole”.

    È vero che viviamo al tempo dei forconi e che l’urlo è merce assai più diffusa del ragionamento. Però, da Presidente della Camera e anche da “italiana semplice”, voglio continuare a nutrire la fiducia che il nostro Paese sappia ancora distinguere tra la partecipazione ufficiale alla cerimonia funebre per un Grande della storia, ad un Gran Premio di Formula Uno o ad una festa estiva privata. Altrimenti vorrebbe dire che la gerarchia dei valori sui quali si fonda la nostra convivenza si è fatta davvero molto, molto confusa.

    – Bisogna essere cretini, di Luca Sofri

    Tag: corrado augias-enrico letta-funerali mandela-Laura Boldrini-sessismo-Sudafrica-Vittorio Feltri

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    Il Post è una testata registrata presso il Tribunale di Milano, 419 del 28 settembre 2009 - ISSN 2610-9980

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