La regione Sicilia contro i commenti anonimi

Una nuova legge chiede che i siti registrino nome e cognome dei commentatori, per accedere ai finanziamenti pubblici

Il 3 dicembre scorso l’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato una legge regionale sul sostegno all’editoria che regola la distribuzione potenziale di 15 milioni di euro, che l’Unione Europea dovrebbe stanziare per il periodo 2014/2020. A beneficiarne sono i giornali cartacei, le emittenti televisive e radiofoniche, le agenzie di stampa e i giornali online che fatturano almeno il 60 per cento in Sicilia. Il punto che più ha fatto discutere è un requisito richiesto alle imprese editoriali per poter accedere a questi fondi: secondo la legge, devono poter identificare gli autori dei commenti, compatibilmente con le leggi comunitarie sulla privacy.

Questo significa che, d’ora in poi, i giornali online siciliani che vogliono ricevere questo tipo di finanziamento pubblico dovranno richiedere la registrazione di nome e cognome effettivi di chi commenta i loro articoli. Se l’utente intende invece registrarsi con uno pseudonimo, la testata dovrà provvedere ad acquisire una copia di un documento d’identità o a impiegare «altri strumenti tecnicamente idonei all’accertamento dell’identità».

L’obiettivo non dichiarato del comma relativo ai commenti è di contrastare il fenomeno dell’anonimato online, che talvolta si traduce nel cosiddetto “trolling”, ossia il disturbare le discussioni online con commenti provocatori e non pertinenti.

I deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana del Movimento 5 Stelle, che hanno votato contro l’approvazione della legge, hanno criticato molto la norma. Da sempre contrari ai finanziamenti pubblici all’editoria, hanno poi spiegato tramite il capogruppo Cancelleri che il provvedimento dimostra «la scarsa conoscenza, da parte dei deputati che hanno votato quella norma, del mondo del web. Nessun commento è mai anonimo, ma è sempre rintracciabile attraverso l’indirizzo del computer da cui è partito il commento». Riccardo Nuti, ex capogruppo alla Camera del M5S, ha paragonato questo provvedimento alla censura cinese.

Anche Francesco Foresta, direttore di Live Sicilia, uno dei principali siti di informazione siciliani, ha criticato la nuova normativa, dichiarando di non volere rispettare questo vincolo e di voler piuttosto rinunciare ai contributi pubblici.