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  • Lunedì 2 dicembre 2013

Buffon e il mito di Buffon

Da dove viene uno dei portieri più forti di sempre e come si è costruito il personaggio (o il luogo comune) dell'"uomo vero"

BERLIN - JULY 9: Goalkeeper Gianluigi Buffon of Italy celebrates his team's first goal during the FIFA World Cup Germany 2006 Final match between Italy and France at the Olympic Stadium on July 9, 2006 in Berlin, Germany. (Photo by Shaun Botterill/Getty Images)
BERLIN - JULY 9: Goalkeeper Gianluigi Buffon of Italy celebrates his team's first goal during the FIFA World Cup Germany 2006 Final match between Italy and France at the Olympic Stadium on July 9, 2006 in Berlin, Germany. (Photo by Shaun Botterill/Getty Images)

Davide Coppo, sulla rivista online Ultimo Uomo, ha scritto un ritratto di Gianluigi Buffon: che è assieme uno dei portieri più forti al mondo, il capitano della Nazionale e della squadra che ha vinto gli ultimi due scudetti. Da anni viene descritto come “un uomo vero” – una cosa a metà tra un luogo comune e un cliché maschilista, ma con delle spiegazioni – e al contempo un simbolo di onestà sportiva. Il tutto senza che si vada più a fondo e che si tenti di capire come ha fatto a diventarlo, il “personaggio Gianluigi Buffon”.

Non è facile scrivere qualcosa su Gianluigi Buffon. Perché, innanzitutto, il giudizio collettivo è già stato dato, ed è lo stesso (ma al contrario) giudizio collettivo che si dà a un boia o a un tiranno decaduto, cioè è positivo ad ogni costo, sempre inappellabile, scolpito nel marmo della memoria e dell’orgoglio nazionale. Buffon, per gli italiani, è il portiere più forte del mondo, probabilmente di sempre. È il coraggioso, lo sprezzante e l’indomito. È anche stato raccontato, in maniera più o meno intima, centinaia di volte: le scommesse, la depressione, il matrimonio, i figli, gli scudetti. Lui, è ovvio, si rialza sempre. Di Buffon rimane una maschera, ed è una maschera che è impossibile da togliere, è la maschera del personaggio coraggioso, dello sprezzante e dell’indomito. Buffon non sbaglia mai, e non è mai insicuro. Buffon non le manda a dire a nessuno. Buffon è sempre a testa alta. Buffon è un “uomo vero”. E via dicendo.

Per questo è difficile scrivere di Buffon. Perché ha recitato così bene la parte dell’eroe, o di quel particolare tipo di eroe. Jorge Luis Borges, ne L’Aleph, scrive un racconto intitolato “L’altra morte”, in cui si legge: «Un uomo tormentato dal ricordo d’un atto di codardia è più complesso e più interessante di un uomo semplicemente coraggioso. Il gaucho Martín Fierro, pensai, è meno memorabile di Lord Jim o di Razumov». Lord Jim è il protagonista dell’omonimo romanzo di Conrad, giovane marinaio inglese che abbandona la sua nave durante una tempesta, macchiandosi di paura e di vergogna; Razumov è il protagonista di Con gli occhi dell’occidente, ancora di Conrad, studente russo che tradisce un amico anarchico che a lui si era affidato, e deve affrontare l’ombra della colpa. Martín Fierro è invece l’eroe letterario nazionale argentino, protagonista dell’omonimo poema epico, gaucho fiero e senza paura. “Uomo vero”, come direbbero alcuni. Buffon è semplicemente coraggioso, come dice Borges di Martín Fierro. E allora l’unica cosa che mi rimane da fare è il racconto di Buffon il portiere, senza concedere nulla alla vita fuori dal campo, a un’empatia che non può esistere in un uomo che ha deciso da subito di essere eroe ed è già ora un monumento (inattaccabile) a se stesso.

Gianluigi Buffon, forse il portiere più forte del mondo, nasce da un classico caso di sliding doors, come è capitato a moltissimi altri portieri. Ad esempio a Giuseppe Moro, grande (e folle) numero 1 del dopoguerra italiano, che imparò a tuffarsi sul fronte siciliano per ripararsi dai bombardamenti aerei. Gianluigi Buffon, nato a Carrara a gennaio 1978, cresce a La Spezia e gioca nel Canaletto. Ha meno di dieci anni e fa il centrocampista, anche se in una foto di squadra, scattata in un giorno d’inverno e di sole del 1986, è il più alto della squadra. Non c’è, in questa foto, nessun dettaglio da cui si possa trarre un banale o scontato “già si vedeva che…”: il bambino Buffon è soltanto alto, e come tutti gli altri suoi compagni ha le braccia incrociate, forse per il freddo, e indossa la maglietta gialla e rossa della società spezzina. Gioca poi nel Perticata, di nuovo vicino a Carrara, poi nel Bonascola, e il 13 giugno del 1991 lo acquista il Parma per 15 milioni di lire. Acquista Gianluigi Buffon, tredicenne centrocampista. Pensateci un attimo: doveva essere un eccellente centrocampista, per finire al Parma a tredici anni per quella cifra. L’anno dopo arriva la classica curva del destino: si infortunano tutti i portieri dei ducali, e dopo due settimane Buffon è titolare tra i pali. Ha tre anni per imparare un ruolo, prima della sua “prima” in Serie A, anche se lui non lo sa ancora.

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