Che cosa ha deciso il governo, insomma

Dove si trovano i soldi per eliminare l'IMU, cos'è la nuova tassa di cui si parla e cos'altro è stato deciso ieri, spiegato semplice e con quel che si sa

Mercoledì 28 agosto il governo Letta ha annunciato l’abolizione della tassa chiamata IMU sulla prima casa insieme ad alcune altre misure di politica economica. In estrema sintesi, il governo ha trovato o ha promesso di trovare alcuni miliardi di euro per abolire la tassa per quest’anno, non ha introdotto tasse nuove né ha aumentato quelle attuali ma ne ha annunciata una nuova per l’anno prossimo: che però non si basa più sul principio di tassare la proprietà della casa (anche se il viceministro Fassina sostiene che una componente “patrimoniale” resterebbe).

Il pagamento della prima rata dell’IMU era previsto per metà giugno ed era già stato rimandato dal governo Letta, che ha detto che le misure per evitare il pagamento della seconda (che attualmente è ancora prevista e scade a dicembre) saranno annunciate insieme alla legge di stabilità, da presentare entro il prossimo 15 ottobre. Molte altre cose, in realtà, devono essere ancora chiarite e precisate nelle prossime settimane.

Dove si prendono i soldi
Le “misure relative all’IMU” per il 2013 valgono circa 4,1 miliardi di euro, come annuncia il comunicato del governo. Per abolire la prima rata per tutti i proprietari di una prima casa – escluse le categorie catastali delle “abitazioni signorili”, delle ville e dei castelli e dimore storiche – servono in realtà “solo” 2,4 miliardi circa e questi sono stati individuati in modi piuttosto complicati. La prima misura è lo sblocco di 10 miliardi di euro di pagamenti alle imprese: questi soldi, che lo stato deve ai suoi creditori privati, ritorneranno in parte allo stato sotto forma di altre tasse pagate dalle imprese e in particolare dell’IVA: si stima che il maggior gettito IVA sarà di circa 1 miliardo.

La seconda misura è ancora più contorta e riguarda il gioco d’azzardo. Le società concessionarie dell’ondata di slot machine degli ultimi anni (le cosiddette new slot) sono dal 2005 in lite con lo stato per il pagamento di una grande multa da 2,5 miliardi di euro (la questione riguarda l’allacciamento delle slot alla rete telematica di controllo gestita dallo stato attraverso la società SOGEI). Il governo ha deciso una sanatoria: se le società accetteranno di pagare entro il 15 novembre, la questione sarà risolta con il pagamento del 25 per cento della multa, cioè più o meno 625 milioni di euro. Se le cose non andassero come previsto, il governo avrebbe in mente di aumentare la tassa sui giochi (la PREU) che è attualmente del 12,7 per cento.

Mancano comunque altri 700 milioni di euro circa: questi, nei piani del governo, verranno recuperati con una serie di tagli alla spesa pubblica, definiti dal Sole 24 Ore “semi-lineari”. Su questi ci sono pochissime cose chiare: una di queste è la riduzione del 10 per cento nella categoria di spesa dei “consumi intermedi” della pubblica amministrazione. I “consumi intermedi” sono una voce molto generica in cui entra un po’ di tutto: un documento del Senato del 2009 elencava nella categoria, ad esempio, “le spese di manutenzione ordinaria, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all’esterno o gli acquisti di farmaci.” Altri soldi dovrebbero venire dai fondi per progetti infrastrutturali che erano stati stanziati ma poi non sono stati utilizzati.

Tutta questa serie di misure, lo ricordiamo, serve solo per compensare l’abolizione della rata di giugno, poi rimandata a settembre, dell’IMU: mentre per l’abolizione della seconda e ultima rata, al momento, non si sa praticamente nulla.

La service tax
Anche se con diverse complicazioni che la rendevano di fatto più “statale” che “municipale”, l’Imposta Municipale Unica era una fonte di ricavi importante per i comuni, che si tenevano le eventuali aggiunte rispetto all’aliquota base. Il governo ha annunciato quindi una nuova tassa che dovrebbe essere gestita interamente dai comuni – il condizionale è inevitabile, visto che i dettagli ancora non si conoscono – in base al principio del federalismo fiscale.

La sigla della nuova tassa, secondo quanto scrivono i giornali, doveva essere “Taser” (abbreviazione di “tassa sui servizi”, probabilmente) ma vista la spiacevole consonanza con l’arma – molto discussa – che rilascia brevissime scariche elettriche ad alta tensione è probabile che ci si inventerà qualcos’altro. Per ora, viene citata come “Service Tax”

La tassa sostituirà la TARES, la nuova tassa sui rifiuti che era stata introdotta nel 2011 dal governo Monti con il cosiddetto “decreto Salva Italia”. I dettagli saranno decisi solo nella prossima legge di stabilità, che deve essere presentata entro il 15 ottobre, ma da quanto ha detto ieri il ministro dell’Economia Saccomanni si possono capire gli aspetti fondamentali. La tassa verrà pagata ai comuni da tutti i residenti, in relazione principalmente alla superficie abitativa (e dovrebbe essere attribuita, nel caso di case affittate, in parte prevalente ai proprietari ma anche agli affittuari). I comuni avranno qualche margine di manovra e potranno quindi aumentare o diminuire la tassa a partire dagli standard fissati dallo stato.

Le altre misure
Il Consiglio dei ministri di ieri ha annunciato altri tre interventi di un certo rilievo, oltre all’abolizione dell’IMU. Il primo è uno stanziamento di altri 500 milioni per pagare nel 2013 la cassa integrazione guadagni (le Regioni avevano chiesto 1,4 miliardi), uno dei principali ammortizzatori sociali che esistono in Italia. Anche per quanto riguarda la CIG sarà decisiva la legge di stabilità di ottobre, perché i soldi per la cassa integrazione in deroga non sono ancora stati trovati e da tempo il governo Letta promette una riforma in questo campo.

Il secondo intervento è stato fortemente voluto dal PD e riguarda la questione degli “esodati” creati con la riforma Fornero delle pensioni. Circa 6.500 di loro saranno aiutati con un fondo di 150 milioni di euro l’anno per i prossimi 5 anni: si tratta di un numero basso rispetto alle cifre che circolarono quando la categoria fu al centro del dibattito politico, nel giugno dello scorso anno, ma è molto difficile capire quante persone ne facciano realmente parte – come spiegò lo stesso ministro Fornero – e molto dipende dai criteri che vengono adottati per definirli.

Il terzo intervento è un “Piano casa a favore delle categorie disagiate”, su cui ha insistito il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi (PdL). Questo contiene una serie piuttosto articolata di misure, tra cui due miliardi di euro garantiti dalla famosa Cassa Depositi e Prestiti perché le banche concedano più mutui, un rifinanziamento del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa (che permette alle famiglie più povere la sospensione per 18 mesi, in alcuni casi particolari, del pagamento delle rate del mutuo) e altri fondi per le categorie sociali più svantaggiate per un totale di circa 200 milioni.

Foto: ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images