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  • Giovedì 18 luglio 2013

Le accuse per il sequestro di Cleveland

Ariel Castro si è dichiarato innocente dei 977 capi di imputazione che gli sono stati contestati per aver recluso tre donne per dieci anni

Ariel Castro stands before a judge during his arraignment on an expanded 977-count indictment Wednesday, July 17, 2013, in Cleveland. Castro is charged with kidnapping and raping three women over a decade in his Cleveland home. Castro pleaded not guilty to 512 counts of kidnapping and 446 counts of rape. (AP Photo/Tony Dejak)
Ariel Castro stands before a judge during his arraignment on an expanded 977-count indictment Wednesday, July 17, 2013, in Cleveland. Castro is charged with kidnapping and raping three women over a decade in his Cleveland home. Castro pleaded not guilty to 512 counts of kidnapping and 446 counts of rape. (AP Photo/Tony Dejak)

Ariel Castro, l’uomo accusato di aver rapito, segregato e torturato per più di dieci anni tre donne in una casa di Cleveland, in Ohio, si è dichiarato “non colpevole” dei 977 capi d’accusa di cui è stato formalmente incriminato in tribunale.

Il 7 giugno, il gran giurì che si occupa del caso (la giuria che deve stabilire se le prove raccolte sono sufficienti per avviare un processo penale) aveva approvato 329 capi d’accusa contro Castro riferiti solo a un periodo che andava dall’agosto del 2002 – quando scomparve Michelle Knight – al febbraio del 2007 e che coprivano solo la metà dei dieci anni di violenze. I 648 nuovi capi di accusa pronunciati lo scorso 13 luglio comprendono anche gli ultimi anni, fino al maggio del 2013. Complessivamente il documento di accusa è giudicato molto articolato e severo a dimostrazione dell’intenzione di rispettare l’impressione che la storia ha generato nell’opinione pubblica.

Due delle accuse contro Castro sono per omicidio aggravato per avere in maniera premeditata causato l’aborto ad una delle donne; 446 capi d’accusa sono per stupro, 7 per abuso sessuale, 6 per aggressione, 3 per maltrattamento di bambini e uno per possesso strumenti di tortura. I restanti 512 sono per rapimento e sequestro di persona compreso quello della bambina che ora ha sei anni e che è nata durante la prigionia: è figlia di una delle donne, Amanda Berry, e dello stesso Castro. La paternità è stata ufficializzata dagli investigatori, dopo aver fatto un test del DNA.

Ariel Castro ha 53 anni ed è stato arrestato il 6 maggio scorso dopo che Amanda Berry era riuscita a uscire dalla porta di casa dove era sotto sequestro con le altre due donne, Gina DeJesus e Michelle Knight. Le sue urla e richieste di aiuto erano state sentite da alcuni vicini, che l’avevano soccorsa scoprendo di avere vissuto per anni nella zona senza avere idea di che cosa stesse succedendo nella casa di Castro. Nella vicenda erano stati inizialmente coinvolti anche i fratelli di Castro, Pedro, 54 anni, e Onil, 50 anni: erano stati arrestati perché ritenuti possibili complici dei rapimenti, ma dalle prime indagini erano stati discolpati e rilasciati dalla polizia.

L’8 maggio Ariel Castro era stato accusato di rapimento e di stupro, con la possibilità di essere rilasciato su cauzione solo nel caso del pagamento di 8 milioni di dollari. Il 3 luglio, era stato giudicato in grado di sostenere un processo. Non è escluso che per le accuse di omicidio aggravato venga proposta la pena di morte, prevista dall’ordinamento dell’Ohio ed eseguita attraverso l’iniezione letale. La selezione della giuria inizierà il prossimo 5 agosto.

Come nelle precedenti apparizioni in tribunale, Castro teneva la testa bassa e gli occhi chiusi. Durante l’udienza di ieri, la giudice della contea di Cuyahoga, Ohio, gli ha ripetutamente chiesto di alzare la testa e di tenere gli occhi aperti. «Signor Castro, lei mi deve guardare. Può per favore aprire gli occhi? Devo essere sicura che lei capisca quello che dico». Castro l’ha fatto e ha anche annuito per rispondere alle domande che gli venivano rivolte.

Lo scorso 8 luglio, a due mesi di distanza dalla loro liberazione, Amanda Berry, Gina DeJesus e Michelle Knight sono comparse insieme per la prima volta in un video girato nella sede dello studio legale Jones Day di Cleveland. Le tre donne hanno ringraziato per il sostegno – anche finanziario – ricevuto da parenti, amici e conoscenti. Una di loro, Michelle Knight, ha letto davanti alla telecamera con qualche difficoltà un breve testo,  spiegando: «Sono probabilmente andata fino all’inferno e tornata indietro, ma sono stata forte a sufficienza per attraversare l’inferno con un sorriso sulla faccia e a testa alta. Non lascerò che questa situazione definisca chi sono. Sarò io a definire la situazione. Non voglio essere consumata dall’odio».

Foto: Ariel Castro in tribunale, Cleveland, 17 luglio 2013 (AP Photo/Tony Dejak)