Un modo semplice per combattere la povertà

Dare soldi, senza condizioni, per un periodo limitato di tempo: Slate racconta i risultati di un programma governativo in Uganda

Uno dei proverbi più celebri sul tema dell’aiuto alle persone in difficoltà è di origine cinese (spesso attribuito a Confucio) e dice: «Se dai a un uomo affamato un pesce, lo nutrirai per un giorno. Se gli insegni a pescare, si sfamerà per tutta la vita». Il senso del proverbio è chiaro: piuttosto di una piccola somma di denaro o di un bene, è meglio spingere le persone a investire sul miglioramento delle proprie competenze o abilità, in modo che siano in grado di badare a se stessi in futuro.

Slate racconta i risultati di un programma governativo dell’Uganda che sembra dimostrare il contrario: in determinate circostanze, il modo migliore per combattere la povertà è semplicemente consegnare una somma di denaro senza condizioni. A distanza di alcuni anni, ha dimostrato uno studio recente di alcuni ricercatori universitari (Christopher Blattman della Columbia di New York, Nathan Fiala dell’Istituto tedesco per la ricerca economica e Sebastian Martinez della Banca per lo Sviluppo Interamericano), una percentuale consistente di chi aveva ricevuto un aiuto economico aveva migliorato la propria produttività e aumentato le ore di lavoro.

L’Uganda è un paese di circa 36 milioni di abitanti che è uscito da una sanguinosa guerra civile nel 1986, quando è andato al potere l’attuale presidente Yoweri Museveni. La fine della guerra e alcune riforme economiche promosse da Museveni hanno causato una lunga fase di crescita economica, che è stata in media del 7 per cento ogni anno tra il 1990 e il 2009. Lo sviluppo economico, però, è rimasto concentrato nel sud del paese, mentre il nord ne è rimasto escluso a causa di movimenti di insurrezione armata – tra cui il Lord’s Resistance Army (LRA) di Joseph Kony, che ha abbandonato l’Uganda intorno al 2006 – e l’instabilità dei vicini Sudan meridionale e Repubblica Democratica del Congo.

Per aiutare lo sviluppo economico del nord del paese, il governo ugandese ha avviato nel 2008 un piano che prevedeva di dare tutti in una volta circa 300 euro, una cifra pari a più o meno allo stipendio medio annuo in Uganda, a giovani tra i 18 e i 34 anni. Le persone dovevano fare domanda in piccoli gruppi, per semplificare le procedure amministrative, e fornire una dichiarazione su come intendevano spendere il denaro. Era comunque chiaro che il denaro sarebbe stato dato senza alcuna condizione, non come prestito ma come donazione. Alla fine sono state selezionati circa 260 gruppi, seimila persone, che hanno ricevuto i soldi.

Il pericolo del programma, scrive Slate, era piuttosto intuitivo: dare una somma di denaro senza condizioni, in un ambiente in cui ci sono pochissime prospettive di lavoro qualificato, poteva spingere alcuni a smettere di lavorare o a lavorare molto meno per un certo tempo, senza quindi migliorare la loro condizione nel lungo periodo.

I risultati esposti dai tre ricercatori autori dello studio sono stati molto diversi. I ricercatori hanno intervistato oltre mille persone che avevano partecipato al programma nel 2010 (a due anni dalla donazione) e nel 2012 (quattro anni dopo). La conclusione è che la maggior parte dei giovani aveva investito la somma e quattro anni dopo era del 65 per cento più probabile che fossero impegnati in un’attività, solitamente nel piccolo commercio o come carpentieri, sarti o parrucchieri.

Il confronto è stato fatto con un gruppo di persone che avevano fatto domanda ma non erano state selezionate per il programma governativo. Rispetto al gruppo di controllo, le persone che avevano ricevuto i soldi avevano aumentato i propri guadagni del 49 per cento dopo due anni e del 41 per cento dopo quattro.

Le condizioni naturalmente variano da paese a paese, chiamando in causa molti altri fattori come la diffusione di malattie epidemiche o le tradizioni culturali, e non è detto che l’esperimento ugandese funzioni in economie più complesse e con un maggior circolo di capitali. Ed è vero, scrive Slate, che negli ultimi decenni i paesi più ricchi hanno dato a quelli più poveri grandissime quantità di denaro, ma quel denaro in molti casi non ha ottenuto risultati tangibili per via delle istituzioni e della corruzione della politica locale. Forse vale la pena trovare altri metodi: il caso dell’Uganda sembra dimostrare che la risposta alla domanda di come combattere la povertà a livello mondiale sia in certi casi sorprendentemente semplice.

Foto: LUCIE PEYTERMANN/AFP/Getty Images