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  • Giovedì 30 maggio 2013

I guai di Airbnb

Un servizio online per affittare la propria casa - o prendere in affitto quella di un altro - deve fare i conti con le proteste degli albergatori e le leggi di molti paesi

speaks during the Digital Life Design conference (DLD) at HVB Forum on January 23, 2012 in Munich, Germany. DLD (Digital - Life - Design) is a global conference network on innovation, digital, science and culture which connects business, creative and social leaders, opinion-formers and investors for crossover conversation and inspiration.
speaks during the Digital Life Design conference (DLD) at HVB Forum on January 23, 2012 in Munich, Germany. DLD (Digital - Life - Design) is a global conference network on innovation, digital, science and culture which connects business, creative and social leaders, opinion-formers and investors for crossover conversation and inspiration.

In questi mesi Airbnb, un servizio online americano che permette alle persone di affittare o subaffittare la propria casa anche solo per pochi giorni, sta avendo molti guai a causa delle pressioni delle autorità e degli albergatori nei suoi confronti. Attraverso Airbnb chiunque può stabilire un prezzo per una singola notte per l’affitto di casa sua o di una sola stanza, e la società guadagna una percentuale sulla cifra pattuita: finora 10 milioni di persone hanno usufruito del servizio, e i gestori di alberghi e bed and breakfast “ufficiali” pensano di esserne stati danneggiati.

Il problema è che il servizio di Airbnb agisce spesso al confine fra ciò che è legale e ciò non lo è – specialmente nei casi di subaffitto, sul quale le norme sono spesso poco chiare o contorte. Nello Stato di New York, per esempio, nel marzo del 2013 un uomo è stato condannato a pagare 2400 dollari di multa perchè la legge statale vieta il subaffitto per un periodo inferiore ai 29 giorni, a meno che il concessionario sia in casa: in quei giorni l’uomo andò in vacanza in Colorado, lasciando l’inquilino da solo e violando così la norma. Quartz, il giornale online sull’economia dell’Atlantic, ha raccolto alcune leggi in merito alla questione per dimostrare la grande varietà di misure presenti nelle legislazioni locali: in Michigan il subaffitto è vietato, nell’Ontario e in Nuova Zelanda il proprietario della casa deve firmare un permesso scritto per accordarlo, in alcune nazioni non esistono nemmeno delle norme a riguardo.

Senza contare che spesso chi affitta la propria stanza attraverso Airbnb poi non paga le tasse su quanto incassa: il sito del servizio spiega che chi ospita potrebbe “essere soggetto a imposte locali e nazionali nel tuo paese” e aggiunge: “ci aspettiamo che tutti gli host rispettino le proprie normative locali, i contratti, le autorità fiscali e qualsiasi altra legge applicabile al loro caso. Sei responsabile della gestione delle tue tasse e degli eventuali obblighi fiscali”.

Una portavoce dell’ufficio del Turismo del Quebec ha dichiarato il 26 maggio che le autorità stavano indagando su circa duemila persone che avevano affittato illegalmente la propria casa, e che gli agenti stavano facendo finte prenotazioni per individuare gli affittanti “seriali”: in Quebec, infatti, la legge permette l’affitto di case private, ma per un periodo non inferiore ai 31 giorni e dietro pagamento di 250 dollari per la concessione ufficiale.

Chi affitta sistematicamente una stanza o una casa di fatto svolge lo stesso servizio di hotel, ostelli e bed and breakfast, ma senza essere ufficialmente registrato come tale e a volte senza dichiarare al fisco quanto guadagna. Inoltre, mentre gli hotel sono tenuti a rispettare precise norme sanitarie e relative alla sicurezza delle strutture, chi affitta o subaffitta “informalmente” non ha alcun dovere in questo senso.

Airbnb sta cercando di risolvere questi problemi trattando coi governi e per questo scopo ha da poco assunto David Hantman, un esperto di politiche pubbliche internazionali. In un post del blog ufficiale della società, Hantman ha scritto: «Stiamo lavorando sempre di più con i governi locali per uniformare le leggi molto diverse che riguardano la nostra comunità. In alcune città le regole per il subaffitto vanno bene, in altre decisamente no. Non è mai semplice capire in che modo le autorità di una città o il suo organo legislativo interpretino una legge, ma il nostro obiettivo è lavorare perché ci siano leggi più moderne, giuste ed efficienti in materia».

Business Insider legge nelle parole di Hantman l’intenzione di investire molti soldi in attività di lobbying per contrastare l’azione degli albergatori e delle loro organizzazioni, ma non è in grado di capire se la società avrà abbastanza soldi o avvocati per continuare senza ulteriori problemi la propria attività.

foto: Brian Chesky, fondatore di Airbnb (Johannes Simon/Getty Images)