I pericoli di una «faccina innocente»

A causa di queste due parole scritte in fondo a un tweet, la moglie del presidente della Camera dei Comuni britannica è stata condannata per diffamazione

Sally Bercow, moglie di John Bercow, l’attuale presidente (speaker) della Camera dei Comuni del Regno Unito, è stata condannata ieri per aver diffamato un membro della Camera dei Lord via Twitter. Circa sei mesi fa, Bercow scrisse su Twitter: «Perché lord McAlpine è un trend topic su Twitter? *faccina innocente*». Proprio in quei minuti stava andando in onda un programma giornalistico in cui “un politico conservatore degli anni Ottanta” veniva accusato di aver compiuto abusi sessuali.

Si tratta di una sentenza importante e molto discussa nel Regno Unito, con la quale Twitter è stato considerato con gli stessi criteri dei principali media tradizionali e non un posto dove la gente «dice cose a caso senza necessariamente alludere a niente», come aveva sostenuto il difensore di Bercow. La sentenza si ricollega anche ad una delle pagine più spiacevoli del giornalismo britannico degli ultimi anni: la vicenda che ha coinvolto BBC e il programma Newsnight, che è stato accusato di aver nascosto gli abusi sessuali di un popolare conduttore e che poi ha goffamente provato a rimediare alla sua perdita di credibilità.

Partiamo dall’inizio: nello scorso ottobre, il direttore di Newsnight Peter Rippon venne accusato di aver insabbiato un’inchiesta del suo programma sugli abusi sessuali compiuti da Jimmy Saville, lo storico conduttore della trasmissione Top of the Pops. BBC, che produceva entrambi i programmi, venne aspramente criticata e Rippon dovette dimettersi.

Poche settimane dopo, quasi a voler ripulire la sua immagine, Newsnight decise di mandare in onda un’altra inchiesta che parlava di abusi sessuali, compiuti questa volta da politici conservatori negli anni Settanta e Ottanta. Prima della messa in onda si sviluppò una certa attesa intorno al programma: il pubblico e i commentatori più esperti si aspettavano che venisse fatto il nome del principale politico coinvolto, forse addirittura un ex ministro di Margaret Thatcher.

Durante la trasmissione non venne fatto alcun nome. Ma mentre Newsnight preferiva non rivelare le identità delle persone coinvolte, sulle quali riteneva di non avere abbastanza prove, su Twitter si diffuse quasi immediatamente il nome di lord Alistair McAlpine, all’epoca tesoriere del partito conservatore. Quella sera Bercow, riferendosi al nome che oramai circolava così tanto da essere un trend topic, scrisse il tweet per il quale è stata condannata ieri.

Nei giorni successivi la vittima degli abusi confermò che si trattava proprio di McAlpine, per poi ritrattare poco dopo. L’inchiesta di Newsnight, per quanto non avesse rivelato il nome di McAlpine, costò il posto al direttore della BBC, che si dimise pochi giorni dopo.

Bercow non è stata la sola a indicare McAlpine. Quella sera e nei giorni successivi, moltissimi giornalisti si esposero più o meno apertamente, seguiti da centinaia di altri utenti di Twitter. McAlpine ha deciso di portare in tribunale 20 “utenti celebri”, tra cui Bercrow, e di perdonare tutti gli utenti con meno di 500 follower in cambio di una donazione di 25 sterline (circa 30 euro) a un ente di beneficenza.

McAlpine denunciò anche BBC e le altre televisioni che si occuparono della vicenda. BBC e un’altra televisione si sono accordati con McAlpine: hanno chiesto scusa e hanno pagato 310 mila sterline (circa 360 mila euro) come riparazione. La stessa scelta è stata fatta da quasi tutte le altre persone coinvolte, che hanno pubblicamente chiesto scusa accettando di versare somme in beneficenza o di compiere lavori socialmente utili in cambio del ritiro della denuncia.

Bercow invece ha sostenuto che il suo tweet non costituisse una diffamazione ed ha affrontato la causa in tribunale. Bercow ha fatto sapere subito dopo la condanna che non intende proseguire il caso e che ha già raggiunto un accordo con McAlpine.

Una delle differenze tra il caso di Bercow e gli altri è che il suo tweet era particolarmente allusivo e non presentava alcuna accusa diretta a McAlpine. Come ha riassunto lei stessa: «La sentenza di oggi è un serio avvertimento per tutti gli utenti dei social media. Quello che dite può essere ritenuto diffamatorio anche se diffamare non è la vostra intenzione, anche se non fate alcuna accusa esplicita».

La linea di confine è proprio questa: come ha sottolineato il pubblico ministero «Twitter non è diverso dalla vita reale. Le persone devono capire che non è come fare quattro chiacchiere con gli amici davanti a un caffè». Stabilito questo l’unica cosa da accertare è se Bercow ha attribuito o meno un fatto specifico a McAlpine. Secondo il giudice, Bercow ha oltrepassato questa linea. Non c’era una ragione valida, ha scritto il giudice, affinché Bercow usasse quelle parole, “faccina innocente”, nel suo tweet. I più sensibili tra i suoi 56 mila follower hanno senz’altro capito che cosa Bercow intendesse e che le sue parole attribuivano a McAlpine una colpa precisa.

Il Guardian ha intervistato alcuni avvocati sulla vicenda. La sentenza, hanno detto, non ha nulla a che fare con la libertà di parola: il punto è se le parole di Bercow potessero essere interpretate come un’accusa o meno. Secondo gli avvocati intervistati dal quotidiano, chiunque può esprimersi liberamente, fino a che i suoi commenti possono essere riconosciuti come commenti e non fatti o accuse di fatti specifici. Il giudice, sottolineano, ha accusato Bercow di aver imputato un fatto specifico a McAlpine e questo chiude la vicenda.