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  • Sabato 25 maggio 2013

La crisi dei Pirati tedeschi

A quattro mesi dalle elezioni i sondaggi li danno fuori dal parlamento: la stampa tedesca prova a spiegare cosa non ha funzionato

Il prossimo 22 settembre si voterà in Germania per rinnovare il Bundestag, la più importante tra le due camere che compongono il parlamento del paese. Negli ultimi sondaggi, il partito dei Pirati tedeschi è dato tra il 2 e il 4 per cento, meno del 5 per cento necessario per eleggere parlamentari: il segno più evidente che il partito più nuovo nel panorama politico tedesco, e uno di quelli di cui si è parlato di più in tutta Europa negli ultimi anni, sta attraversando un periodo di crisi molto grave.

Il successo e la fama internazionale dei Pirati tedeschi (nome ufficiale Piratenpartei Deutschland) sono cominciati con le elezioni berlinesi del settembre 2011, in cui ottennero 130.000 voti, l’8,9 per cento, ed elessero 15 deputati nel Parlamento della città (che dal punto di vista amministrativo è uno dei sedici stati, o Länder, che formano la Germania).

Gli ottimi risultati continuarono nei mesi successivi in una serie di elezioni nei Länder di Saarland, Nordrhein-Westfalen e Schleswig-Holstein, in cui ottennero rispettivamente il 7,4, il 7,8 e l’8,2 per cento, ma verso l’autunno dello scorso anno ci furono diversi segnali che il loro supporto stava cominciando a calare.

In questi giorni, diversi commentatori in Germania si sono chiesti che cosa sia andato storto tra i pirati. La risposta sembra riguardare in parte le stesse caratteristiche che ne avevano fatto la forza alle elezioni del 2011 e 2012.

Secondo gli analisti, infatti, i Pirati hanno avuto successo soprattutto tra chi votava per la prima volta o tra chi si era allontanato dalla politica, non identificandosi in nessun partito. La mancanza di un programma preciso e di un riferimento ideologico, al di là di alcuni vaghi richiami al diritto alla privacy e ai benefici della democrazia diretta, era inizialmente una forza. Uno slogan della campagna elettorale di Berlino diceva: «Noi siamo quelli con le domande. Voi avete le risposte.»

Secondo la giornalista Khue Pham, che si è occupata del declino dei Pirati su Die Zeit, le ragioni del loro successo erano anche sociali ed anagrafiche:

I Pirati si occupavano del tema di Internet non solo perché utilizzavano alcune tecnologie come Liquid Feedback, ma anche perché aderivano ad una moderna visione del mondo in cui tutto è liquido e flessibile, dalle questioni di genere e dell’educazione fino alla democrazia. Era il loro mondo contrapposto a quello della politica tradizionale, creato e vissuto dalla generazione dei baby boomer. Era questo sentimento di esclusione, e non l’ideologia della Rete, che aveva reso i Pirati i rappresentanti della loro generazione. Il sentimento dell'”ora ve la facciamo vedere noi”. Dava voce alla sensazione dei giovani tedeschi di essere inferiori dal punto di vista demografico, culturale e politico alla generazione dei baby boomer, fin da quando ne avevano memoria.

Ma i Pirati non sono riusciti a portare avanti quella responsabilità di rappresentanza e lo slancio del partito sembra essersi esaurito, come ha riconosciuto lo stesso presidente dei Pirati Bernd Schlömer davanti ai pessimi risultati nei sondaggi: «Ci manca la forza e la motivazione per la campagna elettorale», ha detto al quotidiano berlinese taz (causando una mezza rivolta nel suo partito).

La mancanza di risposte precise, in concreto, si è rivelata uno dei limiti maggiori: secondo alcuni sondaggi alle elezioni in Bassa Sassonia, a gennaio 2013 – in cui i Pirati hanno ottenuto un misero 2,1 per cento restando fuori dal parlamento locale – l’83 per cento degli elettori era d’accordo sul fatto che i Pirati fossero privi di una posizione chiara su questioni importanti.

Che cosa fa il partito
Dal 10 al 12 maggio scorso, il partito ha tenuto un congresso in vista delle prossime politiche, nella cittadina di Neumarkt in Baviera. In quell’occasione si è conclusa la principale questione interna che stava mettendo in difficoltà il partito: una lunga lotta per la sua guida.

Prima del congresso, il ruolo equivalente a quello di segretario generale del partito era del 36enne Johannes Ponader, che nel corso del suo mandato era diventato famoso più che altro per il suo look parecchio informale ai talk show televisivi e poi per i feroci scontri all’interno del partito sul suo ruolo e sulla necessità di sostituirlo.

Ponader, eletto insieme al presidente Bernd Schlömer, doveva rappresentare la parte più moderna e “informale” del partito, mentre Schlömer si sarebbe dovuto occupare delle questioni più concrete. Ma la convivenza tra i due si è rivelata un litigio continuo, fino a interrompere o quasi le comunicazioni tra di loro.

Nel frattempo, le mailing list dei responsabili a livello federale del partito sono state quasi interamente occupate da discussioni molto accese, rese più gravi dal fatto che il partito non ha una procedura condivisa per risolvere le discussioni online.

Le decisioni prese a maggioranza dagli iscritti votando sulla piattaforma Liquid Feedback, ad esempio, non sono vincolanti, e molto spesso vengono capovolte nelle riunioni dal vivo dei responsabili: di conseguenza, su parecchi temi del dibattito politico nazionale i Pirati non si sono espressi, perché non erano riusciti ad arrivare a una conclusione condivisa.

Un esempio pratico, dice lo Spiegel: nessuno sa con certezza quale sia la posizione del partito sull’attuale guerra in Siria. Su questioni come la politica estera o la sicurezza, l’incertezza del partito è particolarmente evidente.

Alla fine, Ponader ha annunciato a marzo che avrebbe rassegnato le dimissioni. Due settimane fa i circa mille delegati al congresso di Neumarkt hanno eletto, con oltre l’80 per cento dei voti, la 26enne Katharina Nocun.

Il partito sembra avere un problema anche con i candidati troppo popolari. Lo Spiegel cita il caso di Marina Weisband, ex responsabile politico del partito, che si è ritirata a gennaio per motivi di salute. Qualche tempo dopo ha rilasciato un’intervista in cui si è detta interessata a candidarsi alle prossime politiche, ma dall’interno del partito le è arrivata una lunga serie di critiche, che la accusavano di essere “arrogante” e di “prendersi troppo sul serio”. Oggi Weisband ha cambiato idea sulla sua candidatura e non rilascia più dichiarazioni sul partito pirata.

I Pirati stanno provando a prendere qualche contromisura: alcune proposte concrete sono state aggiunte al programma, tra cui un salario minimo e un reddito minimo garantito per tutti. Il partito si è avventurato anche nel campo della politica estera: si è autodefinito «pacifico ma non pacifista» e dalla parte dei «diritti umani e di cittadinanza in tutto il mondo».

Foto: PATRIK STOLLARZ/AFP/Getty Images